Autore: Redazione
03/11/2025

Sud Innovation Summit: il Mezzogiorno si trasforma in polo di innovazione

Il Sud Italia diventa sempre più attrattivo per startup, investitori e talenti grazie a un ecosistema che connette imprese, università e capitale. Roberto Ruggeri, founder del Summit, spiega come intelligenza artificiale e collaborazione siano la chiave per la crescita territoriale

Sud Innovation  Summit: il Mezzogiorno si trasforma  in polo di innovazione

Nel cuore di un Mezzogiorno è in atto una trasformazione profonda: il Sud Italia sta diventando un nuovo polo di attrazione per startup, investitori e talenti. Non più solo una terra di potenzialità inespresse, ma un ecosistema in fermento, capace di connettere imprese, università e capitali attorno a un’unica visione di sviluppo sostenibile e tecnologico. A raccontare lo scenario ci pensa il rapporto “Sud Innovation 2025” e a guidare il percorso è il Sud Innovation Summit, insieme alla competizione Sud Innovation Champions e al Rapporto stesso, tre pilastri di una strategia che mira a rendere l’innovazione motore di crescita territoriale. Al centro dell’edizione 2025, un tema chiave: l’intelligenza artificiale come leva per il rilancio del Mezzogiorno. Ne parliamo con Roberto Ruggeri, founder del Sud Innovation Summit (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv).

Il rapporto “Sud Innovation 2025” fotografa un Mezzogiorno sempre più attrattivo per investitori e startup. Quali sono, secondo lei, i principali fattori che stanno trasformando il Sud in un nuovo polo dell’innovazione italiana?

«Il Sud sta vivendo un vero cambio di paradigma da qualche anno. Per troppo tempo è stato visto come un’area fragile, ma oggi, anche post-Covid, viene percepito come una frontiera economica. I fattori principali sono tre: il capitale umano, i costi competitivi e la qualità della vita. Da un lato, abbiamo giovani altamente formati che non vogliono più andare via; dall’altro, il costo della vita e del lavoro crea condizioni favorevoli sia per nuove startup sia per l’espansione di imprese esistenti. Ma il vero punto, probabilmente, è il terzo: il tempo. In un’epoca in cui tutto corre, la lentezza diventa un lusso prezioso e da essa nasce una profondità nuova nell’innovazione».

Lei è passato da founder di Diretta.it a promotore di un ecosistema di innovazione territoriale. In che modo questa evoluzione personale e professionale ha influenzato la nascita del Sud Innovation Summit?

«L’esperienza nel mondo tech mi ha insegnato a pensare in termini di scalabilità. Il Summit, nato prima ancora del Movimento Sud Innovation, è stato concepito con una visione che va oltre il locale e oltre la Sicilia, puntando all’intero Sud Italia. Diretta.it limitava la traiettoria individuale; il passaggio al Movimento Sud Innovation ha trasformato il progetto in un sistema operativo per l’innovazione, non più un palcoscenico, ma un ecosistema vivo in grado di generare impatto territoriale».

Il Summit, la competizione Sud Innovation Champions e il Rapporto Sud Innovation rappresentano tre pilastri di un’unica strategia. Come interagiscono tra loro e quale impatto concreto stanno generando sul territorio?

«C’è una logica univoca che li lega: misurare, selezionare e amplificare. Il Rapporto fotografa lo stato dell’ecosistema grazie al Sud Innovation Competitiveness Index. La Champions individua i talenti imprenditoriali capaci di rispondere ai bisogni emersi dal Rapporto, e il Summit amplifica queste evidenze, portandole a imprese, investitori e decisori nazionali. In tre anni abbiamo costruito una rete stabile tra università, aziende e investitori, dimostrando che se dai metodo al Sud, il Sud risponde».

Il tema di quest’anno è l’intelligenza artificiale come leva di sviluppo territoriale. In che modo l’AI può davvero diventare un motore di crescita per il Mezzogiorno e quali sono le opportunità più promettenti?

«L’AI è un amplificatore per l’individuo e un moltiplicatore di opportunità per le comunità. Per il Sud, se sapremo utilizzarla come strumento, sarà un motore straordinario. Abbiamo il vantaggio di poter costruire competenze e filiere senza disimparare modelli obsoleti, partendo da un foglio bianco. Le applicazioni più promettenti sono energia, turismo intelligente e sanità predittiva. Ma il punto non è solo tecnologico: serve un modello di AI mediterraneo che coniughi dati e umanità».

Nel rapporto emerge una rete crescente tra imprese, università e investitori. Qual è la chiave per far collaborare mondi spesso distanti e costruire un ecosistema davvero integrato?

«La chiave è la reciprocità. In Italia siamo bravi a creare tavoli, meno a condividerli, perché ognuno tende a proteggere il proprio spazio. Noi abbiamo scelto un approccio diverso: prima costruire fiducia, poi chiedere collaborazione. Ogni attore dell’ecosistema, pubblico o privato, deve percepire un beneficio reale. Lo stesso vale per le reti universitarie: uno isolato non apprende, serve la connessione. Quando università, imprese e investitori iniziano a parlarsi, abbassando le barriere, il sistema funziona come un organismo unico».

Parlando di attrattività e competitività, quali sono oggi i punti di forza del Sud nel confronto con altre aree innovative d’Europa, e quali le sfide ancora aperte?

«I punti di forza sono energia, talento e costi della vita competitivi. Siamo tra le aree europee con più potenziale nelle rinnovabili, abbiamo università che producono ricerca di qualità e condizioni logistiche e abitative molto vantaggiose. Le sfide restano la burocrazia, che rallenta, e una mentalità che spesso frammenta invece di unire. Serve una nuova etica della collaborazione, dove la crescita di uno non è percepita come la perdita di un altro. Solo così il Sud potrà essere competitivo, non nonostante le fragilità, ma grazie alla sua diversità».

Guardando al futuro, come immagina il Sud Innovation Summit nei prossimi anni? Può davvero diventare un modello replicabile per altre regioni italiane o europee?

«Il Summit è solo uno dei pilastri del Movimento Sud Innovation. L’obiettivo è creare un osservatorio permanente sull’innovazione nel Mezzogiorno, con dati, fondi e governance condivisa. La visione è trasformare il Sud in un ponte tra Europa e Mediterraneo, un crocevia di conoscenza e cooperazione. Il modello è replicabile perché si fonda su un metodo: misurare, connettere, valorizzare. Ciò che abbiamo costruito a Messina non è solo un evento, ma una mentalità».