I produttori di software di ad blocking non sono preoccupati dalla novità di Google Chrome
Per gli operatori le misure adottate da Big G non sono sufficienti a placare le preoccupazioni dei consumatori né a mettere in pericolo il proprio modello di business
I più importanti fornitori di software per bloccare la pubblicità online sono scettici e si dicono addirittura “non preoccupati” dall’ingresso di Google nella loro arena competitiva. Questo perché dispongono di prodotti con maggiori funzionalità. Ma andiamo con ordine: dopo l’indiscrezione di qualche settimana fa del Wall Street Journal, alla fine della scorsa settimana Google ha confermato il lancio di uno strumento per Chrome in grado di filtrare gli annunci ritenuti “fastidiosi” dalla Coalition for Better Ads. Il tool, in fase beta in cinque Paesi tra cui Gran Bretagna e Stati Uniti, verrà attivato nel mondo a partire dall’anno prossimo. E la feature dovrebbe partire di default, stando a quanto ha rivelato sempre al Wall Street Journal una fonte a conoscenza dei piani societari. Secondo molti, lo sviluppo di un ad blocker proprietario è interpretabile come una mossa difensiva, volta ad arginare i download di software concorrenti, che danneggiano il business pubblicitario da 79 miliardi di dollari di Big G.
Troppo poco
Secondo gli sviluppatori di ad blocker, la soluzione di Google da una parte è un aiuto per rispondere al fenomeno, ma dall’altra non esaurisce le preoccupazioni dei consumatori e i sentimenti negativi nei confronti dei casi di “cattiva” pubblicità online. Secondo Eyeo, la società che commercializza Adblock Plus, infatti, il nuovo filtro di Chrome non rappresenta una minaccia in quanto sono troppo pochi i formati che Big G ha deciso di tagliare. “Perché gli utenti dovrebbero credere a degli standard pubblicitari dettati dall’industry?”, domanda provocatoriamente Ben Williams, head of operations & communications di Eyeo. Oggi sono 105 milioni le persone che utilizzando Adblock Plus. Matta Maier, ceo di AdBlock, è convinto che l’ad blocking su Chrome non è un pericolo nel breve termine, ma le cose potrebbero cambiare qualora l’approccio degli editori nei confronti degli utenti che bloccano l’advertising si facesse più duro. In questo senso Google ha lanciato anche Funding Choices, uno strumento attraverso cui i publisher possono domandare agli utenti di pagare un piccolo compenso in denaro ed evitare di essere raggiunti da messaggi promozionali sgraditi.
Il pericolo di escalation
“Penso che se Google rafforzasse le linee guida, e i publisher decidessero di adottare queste soluzioni in massa, allora potremmo avere un impatto dall’adozione dell’ad blocking”, ha aggiunto Maier. “Ma le preoccupazioni relative a retargeting e malware non sono direttamente in relazione con questi cambiamenti, che poi sono le ragioni principali per cui le persone usano AdBlock, per questo sono convinto che ci sarà ancora un mercato per gli operatori come noi”. Entrambe le società, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, avrebbero ricevuto pagamenti da Google per permettere la regolare erogazione della pubblicità sul network di Mountain View anche agli utenti con ad blocker attivato. “Abbiamo fatto parte del programma Acceptable Ads di Adblock Plus”, ha ammesso un portavoce dell’azienda.