Autore: Redazione
14/07/2017

Il parlamento europeo prova a “proteggere” i contenuti degli editori

Due comitati dell’organo legislativo hanno votato un progetto di legge, che a ottobre potrebbe diventare definitivo. Le regole comparano l’editoria alla musica e non piacciono agli Over the Top

Il parlamento europeo prova a “proteggere” i contenuti degli editori

Si scrive un nuovo importante capitolo della battaglia tra editori e piattaforme in Europa. Questa settimana, infatti, due comitati del parlamento europeo (Cultura ed Educazione e Industria, Ricerca ed Energia) hanno votato l’approvazione di un nuovo progetto di legge che consentirà ai publisher di richiedere dei pagamenti alle piattaforme quando queste indicizzano o riprendono i propri contenuti. Nel mirino ci sono soprattutto Facebook e Google, con quest’ultimo che secondo alcune fonti avrebbe da tempo avviato delle azioni di lobbing in materia. Il progetto di legge non è comunque definitivo: si attende a ottobre il voto del parlamento europeo.

Più protezione

Nonostante non sia ancora efficace, qualora si concretizzasse la novità affermerebbe la totale proprietà dei publisher relativamente ai contenuti da loro creati. Si tratta di un livello infinitamente più elevato di protezione rispetto al sistema delle licenze nazionali adottato finora. Per Facebook e Google il nuovo regolamento sarebbe una vera e propria rivoluzione: le due realtà non potranno più ritagliare contenuti e distribuirli ai propri utenti a meno che un editore non lo permetta espressamente attraverso un opt in. E lo stesso editore può chiedere un pagamento al momento dell’indicizzazione o della condivisione di titoli o articoli sulla piattaforma o la rimozione di un contenuto veicolato senza permesso.

Sostenitori e contrari

Non sono però solo Facebook e Google a criticare l’iniziativa: secondo molti, qualora venisse approvata, potrebbero sorgere effetti inaspettati. Per esempio queste piattaforme dovrebbero monitorare tutti i contenuti, anche quelli caricati dagli utenti, con il rischio di commettere un numero maggiore di errori nei casi più delicati. Al contempo potrebbero emergere difficoltà per gli utenti nel processo di condivisione degli articoli limitando la libertà di espressione. Per i sostenitori della legge questa norma andrebbe ad armonizzare il settore dell’editoria ad altri come film e musica.

Un dibattito apertissimo... non solo nel parlamento europeo

Ma come reagiranno i giganti hi tech in caso di un ok da parte del parlamento il prossimo ottobre? Per ora un esempio pratico è costituito dalla Spagna, dove i legislatori nazionali hanno approvato una norma simile. In questo caso Google ha interrotto la fornitura di pezzi di notizie, preferendo questa strategia al pagare un fee agli editori. A perderci sono stati però soprattutto i consumatori, i quali non hanno più a disposizione un servizio per trovare notizie. Il dibattito sul rapporto tra editori e piattaforme si è acceso nelle ultime settimane: prima in Francia è stata costituita Gravity, un’alleanza di publisher sul fronte dei dati per competere con i due colossi. E negli Stati Uniti la News Media Alliance, rappresentativa di 2.000 editori, sta facendo pressione sul congresso per rivedere le regole antitrust e poter competere collettivamente con Facebook e Google.