GDPR: è Google l’operatore ad averne tratto i maggiori benefici
A far emergere il tema è un lungo articolo del Wall Street Journal, che analizza i primi effetti della normativa Ue
È Google il vero vincitore del GDPR, la nuova normativa europea entrata in vigore il 25 maggio scorso. Gli spender pubblicitari digitali, infatti, stanno premiando il colosso tecnologico rispetto ad altri operatori ad tech, che invece fanno fatica ad adeguarsi al regolamento. Al tema, oggetto di dibattito del settore, ha dedicato un lungo articolo il Wall Street Journal. Ma qual è la ragione per cui Google sta emergendo come vincitore? Il gigante sta raccogliendo il consenso individuale per erogare advertising profilata molto più rapidamente dei competitor. Al contrario, centinaia di operatori della catena dell’ad tech, sia lato domanda sia offerta, hanno avuto difficoltà ad allinearsi al GDPR, pur continuando a targettizzare le persone a partire da informazioni personali quali lo storico della navigazione web, acquisti offline o dati demografici.
Interpretazione restrittiva
Da venerdì 25 maggio, giorno dell’entrata in vigore del regolamento, prosegue il Wall Street Journal, DoubleClick Bid Manager (DBM), lo strumento di Google responsabile dell’acquisto di oltre il 50% degli annunci in rete, ha cominciato a indirizzare il denaro verso il marketplace proprietario di Big G, dove l’inventory può essere acquistata e venduta, penalizzando gli altri fornitori. Questo cambiamento ha danneggiato alcune aziende più piccole, dove Google dice che non può verificare se le persone esposte agli annunci hanno esplicitamente fornito il loro consenso. Questo perché il colosso californiano sta applicando un’interpretazione restrittiva delle modalità con cui e dove la nuova legge richiede il consenso, sia sulle proprie piattaforme sia su quelle di terzi. Tale interpretazione, per Google, è funzionale a essere conforme al GDPR e spinge gli investitori pubblicitari a comprare più advertising sui suoi asset, in cui è certo di aver ricevuto il consenso dell’utente.
Le esperienze dei diversi operatori
La holding francese Havas ha detto di aver osservato una crescita a doppia cifra dello spending degli advertiser attraverso DBM nel giorno di entrata in vigore della normativa, come ha spiegato Hossein Houssaini, global head of programmatic solutions di Havas. Sul fronte dell’offerta, il Wall Street Journal parla di un calo delle attività di bidding provenienti da Google tra i partner dei publisher. La parigina Smart, per esempio, ha segnato un calo del 50% e anche l’olandese Improve Digital he registrato una contrazione simile. Un portavoce di Google ha fatto sapere che la società è al lavoro per trovare soluzioni, anche temporanee, in grado di minimizzare gli effetti disruptive. L’azienda sostiene di stare mostrando annunci non personalizzati sui siti web che non possono garantire il pieno consenso degli utenti. A tal proposito, nei giorni scorsi compagnie quali AppNexus e Teads hanno siglato delle intese con Mountain View, assicurando di aver ricevuto l’ok dai consumatori e poter così mettere a disposizione su DBM il proprio bacino pubblicitario. Una mossa che ha permesso una normalizzazione della domanda nei giorni seguenti all’accordo. Brian O’Kelley, Ceo di AppNexus, non ha criticato la mossa di Google: “Quando sei grande, non puoi prenderti rischi sulla privacy”, ha detto, ricordando le multe cui si può incorrere violando la normativa.
A differenza di Google, Facebook non sta registrando questo tipo di problemi. Il social, infatti, non è interconnesso ad altre piattaforme nella misura del suo più grande concorrente e, per lo più, vende pubblicità attraverso i suoi sistemi. Mark Zuckerberg, in ogni caso, ha detto che la compagnia ha ottenuto il consenso degli utenti in modo soddisfacente nei primi giorni di GDPR. “La stragrande maggioranza delle persone ha scelto l’opt-in”, ha dichiarato ad una conferenza a Parigi.
IAB Europe
Nel frattempo anche IAB Europe si è mossa. Secondo quanto sostiene Digiday, infatti, l’organizzazione introdurrà un board indipendente con i principali esponenti del settore al fine di supervisionare gli standard e le policy per allinearsi al GDPR Transparency and Consent Framework. Il Framework è stato sviluppato soprattutto in collaborazione con le aziende ad tech, ma IAB Europe sostiene che lo strumento sarà funzionale anche per gli editori e non solo per una parte dell’ecosistema.