Autore: Redazione
26/01/2016

Google apre a una “normalizzazione” della sua posizione fiscale

Dopo Apple, già in accordo con i governi europei, ora sarebbe la volta di Big G: secondo fonti estere sono molti i tavoli aperti, mentre in Uk si è già arrivati a una soluzione

Google apre a una “normalizzazione” della sua posizione fiscale

Sembra ormai andare verso una conclusione la storia che vede i colossi del web d’Oltreoceano, quali Google, Facebook, Amazon e Apple, non pagare le giuste tasse nei paesi del vecchio continente, ma qualcosa in questi ultimi tempi sembra stia proprio cambiando. La società di Cupertino, per esempio, ha rimediato al mancato pagamento delle dovute tasse “restituendo” all’Europa una somma pari a 8 miliardi di dollari, secondo quanto riportato da un report di Bloomberg, e all’Italia circa 318 milioni.
Verso la normalizzazione del rapporto fiscale
Sulla stessa scia si inserirebbe anche la strategia di Google che, sempre secondo fonti americane in questo caso il Wall Street Journal, starebbe negoziando con l’establishment europeo la “normalizzazione” del suo rapporto fiscale con il Continente, risolvendo la miriade di contenziosi aperti. Sempre a sentire il Wsj, Google starebbe già dialogando con il governo francese e i suoi rappresentanti per mettere in chiaro quali tasse siano state eluse e quale somma, invece, dovrà versare Big G per sanare la sua posizione. Altri tavoli sono stati poi aperti dall’executive chairman Schmidt in quel di Davos.
Il caso britannico
In Uk è giunta al termine la diatriba con Google che ha tenuto banco per sei anni. Il colosso mondiale, infatti, accusato da più fronti di elusione fiscale attraverso pratiche illegali, si è deciso a versare al fisco britannico 10 milioni di sterline, pari a 17,2 milioni di euro, come riportato anche da Webnews. La controversia riguardava le tasse non pagate a partire dal 2005 e Matt Brittin, numero uno della divisione europea, spiega che “a fronte del cambiamento delle regole, vogliamo essere sicuri di pagare il giusto quantitativo di tasse”. Sempre da Brittin giungono poi conferme sull’intenzione di adeguarsi alle nuove normative anche negli altri paesi in cui Google è operativa.