Autore: Redazione
15/03/2017

L’Italia si adegua al piano Ocse, fine delle ottimizzazioni fiscali anche per Google e Apple

Le società che fatturano più di 750 milioni di euro l'anno costrette a trasmettere i dati sulla propria attività al fisco

L’Italia si adegua al piano Ocse, fine delle ottimizzazioni fiscali anche per Google e Apple

Avete presente quel metodo adottato, ma ovviamente taciuto, da aziende, multinazionali, grossi gruppi, tipo Google o Apple, che operano in un preciso luogo e poi dichiarano i profitti in un altro? Si chiama ottimizzazione fiscale, oppure elusione fiscale. In pratica significa non pagare le tasse del proprio Paese, di quel luogo che ospita il tuo lavoro. Un modus operandi che da oggi sarà difficile perseguire o replicare, anche qui da noi: l’Italia si adegua al piano Ocse.

Nel decreto contenute anche misure contro trasferimenti finanziari fittizi e filiali fantasma

È dunque diventato operativo il decreto ministeriale che norma il “country by country reporting”, che obbliga le società che fatturano più di 750 milioni di euro a trasmettere ogni anno alle agenzie fiscali dei Paesi in cui operano le informazioni su ricavi, utili, imposte, dipendenti e componenti patrimoniali. La misura approvata dal Consiglio dei ministri, che dà attuazione allo scambio automatico dei dati sui ruling preventivi, è contenuta nel pacchetto Beps (base erosion and profit shifting) varato dall’Ocse nel 2015. Le misure dell’Ocse sono raccolte in un piano composto da 15 azioni contro ottimizzazione ed elusione fiscale. Il pacchetto comprende anche misure contro trasferimenti finanziari fittizi, indebite deduzioni di interessi e filiali fantasma, e un sistema di monitoraggio dei risultati.

Limitare il “trasfer pricing”

Una delle principali raccomandazioni messe a punto dall’Ocse è quella di cambiare le norme che consentano alle società di fare vendite da miliardi di dollari in un Paese senza avervi stabilito una “residenza fiscale”, grazie a contratti di vendita con società che hanno sede in paradisi fiscali. Sul cosiddetto “transfer pricing”, l’Ocse prescrive che venga introdotta una documentazione dettagliata per limitare le pratiche aggressive in questo campo.