La musica è anche una questione di responsabilità: i cambiamenti sociali propugnati da Music Innovation Hub
Incontro con la prima azienda riconosciuta a livello internazionale che realizza progetti innovativi e socialmente sostenibili nel settore: le parole dell’a.d. Claudio Bossi
Claudio Bossi
Musica vista (e ascoltata) non solo in quanto arte e intrattenimento ma anche come veicolo di messaggi, di iniziative, attività socialmente responsabili. La scorsa settimana, al BASE Milano è stato presentato Futurae Heroes, il progetto che nasce dall’incontro di Heroes Festival (curato da Music Innovation Hub) e Futura Expo. Ne parliamo con Claudio Bossi, a.d. di Music Innovation Hub (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv), la prima azienda riconosciuta a livello internazionale che realizza progetti innovativi e socialmente responsabili nel settore musicale.
Quando nasce e con quali obiettivi Music Innovation Hub?
«Nasce nel 2018 come una società per azioni senza scopo di lucro. I nostri soci sono business angel, anche se non mancano soggetti istituzionali come Fondazione Cariplo. L’obiettivo è rendere la musica uno strumento di cambiamento sociale, che poi è un qualcosa che è sempre successo, si pensi a Giuseppe Verdi e a quali cambiamenti abbiano apportato i suoi spartiti nella società del periodo, senza dimenticare i grandi interpreti degli anni 60 e 70».
In questi giorni vengono celebrati i 40 anni del Band Aid, il progetto voluto da Bob Geldof e dagli artisti britannici a sostegno dell’Etiopia e poi raddoppiato da Usa For Africa e triplicato dal Live Aid. Ma oggi l’interesse è sempre vivo? Come reagiscono le giovani generazioni?
«L’interesse è sempre massimo e ce ne accorgiamo sin dai testi delle attuali canzoni, vero specchio di quello che ci accade intorno. La musica rimane un linguaggio universale che tocca le emozioni e da lì arriva al cervello. Prima i giovani potevano contare anche sulla forza dirompente di altre forme d’arte, come il teatro di strada, quello sociale, le forme poetiche e quelle dei romanzi. Oggi è diverso, oggi la musica è rimasta il principale vettore».
Siete riconosciuti anche a livello internazionale, chi richiede i vostri servigi?
«Lavoriamo con tutti, senza alcun problema, operiamo con una platea più ampia possibile. Ci chiamano le scuole, per esempio, per capire come affrontare le sofferenze, le fragilità dei giovani, e poi la violenza, la differenza di genere. E poi le aziende che vogliono cambiare la loro mission. E ancora: network di grande livello europeo; siamo consulenti nella Commissione Europea per apportare cambiamenti nell’industria musicale, per un settore che possa definirsi sostenibile, e non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico e sociale»
Come evitare il rischio di greenwashing?
«Il rischio c’è. Partiamo da un presupposto: la nostra è una SpA senza scopo di lucro, sembra un ossimoro, invece non miriamo al profitto. Ma ci serviva una forma, quella di un’impresa, perché non siamo un ente di beneficienza. Cerchiamo e troviamo il giusto mix tra equilibrio economico e sostenibilità e nel campo della musica siamo gli unici, mentre in altri comparti è una formula già riconosciuta. Vogliamo fare da ponte, produrre dialogo, essere riconosciuti ma senza essere speculativi. Abbiamo un bilancio economico e i profitti sono calmierati, mai eccessivi. Dobbiamo mantenere il capitale iniziale, farlo lievitare ma senza mai andare oltre, senza speculare. Detto ciò, il greenwashing esiste, ma noi siamo rigorosi, abbiamo un codice etico, curiamo la dimensione ambientale, sociale, neghiamo ogni tipo di sfruttamento lavorativo e su queste basi radiografiamo i possibili partner».
In cosa consiste Futurae Heroes?
«Tutto è iniziato con ‘Heroes Festival’ nel 2020, quindi in epoca di restrizioni; organizzato a Verona, il primo evento musicale in Italia in chiave streaming, con settanta artisti, cinque ore, 35.000 biglietti venduti, una ricca sezione interattiva. Abbiamo raccolto otto milioni di euro, tutti distribuiti ai lavoratori del comparto musica e ai piccoli festival. Ci siamo ogni anno, affrontiamo e concordiamo diversi temi che poi veicoliamo con la musica. Futurae si avvale del sostegno o della Camera di Commercio di Brescia che vanta un Expo attraverso il quale si racconta; avevano la necessità di avvicinare un pubblico più giovane, ci hanno contattati e siamo partiti insieme per un viaggio sostenibile».
Come vivete l’innovazione e come gestite l’AI?
«Siamo definitivamente dentro l’innovazione e l’intelligenza artificiale anche grazie alla partecipazione alla Music Tech Accademy, progetto internazionale che coinvolge altri cinque hub europei. L’AI è una grande opportunità per sviluppare la persona e la società, però è lecito chiedersi come poterla governare. Nella musica il problema è il diritto d’autore, siamo sicuri che l’AI possa produrre un livello qualitativo creativo simile a quello frutto di esperienza umana? Siamo su un crinale delicato. La musica è emozione, e non può partire da una macchina. L’AI è uno strumento che potenzia e accompagna ma non può rappresentare il nocciolo della creatività».
Quali saranno i prossimi progetti?
«Potenzieremo molto la dimensione educativa, intendiamo lavorare sempre di più con i giovani, produrre cambiamento con loro. Ci rafforzeremo come impresa, abbiamo in rampa di lancio diverse attività con altri finanziatori. Il Festival Heroes sarà ancora più potente e abbiamo lanciato ‘Get It’, una call dedicata ai giovani artisti e musicisti».