Si è tenuto ieri l’appuntamento organizzato da Facebook con Confindustria Giovani Imprenditori. Ospiti di primo piano come Sorrell, Mendelsohn e De Benedetti
Il digitale al servizio del Paese. È stato questo il tema del Forum dell’economia digitale, costruito attorno alla domanda What’s Next?, organizzato da Facebook e Confindustria Giovani Imprenditori. L’evento è andato in scena ieri a Milano. Non sono certo mancati ospiti di primo piano che hanno intrattenuto la platea del MiCo, con Marco Gay e Luca Colombo che hanno aperto i lavori.
Tecnologia = semplificazione
L’intervento di Gay ha ripercorso alcune tappe dell’evoluzione dell’uomo. Partendo dalle macchine volanti di Leonardo Da Vinci, fino ad arrivare alla Rivoluzione francese (ieri era il 227esimo anniversario della Presa di Bastiglia), Gay ha spiegato come l’impensabile può invero diventare fattibile. «Ma la tecnologia deve essere intelligente e assumere la giusta forma - ha ammonito dal palco -. Se no diventa a sé stante». Proprio il tema è uno dei più importanti nei dibattiti filosofici attuali, perché «la tecnologia è creata dall’uomo ma sull’uomo ha un impatto modificandone la quotidianità». La tesi di fondo è che la tecnologia deve semplificare la vita. Una sorta di patto alla Hobbes, per cui l’uomo subisce l’impatto di qualcosa in cambio di benefici tangibili, così come la cessione di alcune libertà al Leviatano si traduceva in protezione della propria persona in un mondo dove homo homini lupus.
What’s Next
Quindi Gay si è chiesto “What’s Next?”. La domanda non ha una risposta univoca ma una cosa è certa: ci sarà la tecnologia. A esempio, Gay, ha portato l’Internet of Things, perché in un futuro sempre più prossimo gli oggetti saranno ancor più intelligenti e comunicheranno tra loro, oltre che con noi uomini. Ma l’Italia si sa è indietro. «Occorre colmare il gap, che costa un paio di punti di PIL all’anno e 700mila posti di lavoro non creati ogni anno. Per farlo è necessario adottare una politica industriale di lugno periodo». E, infatti, l’iPhone non è nato solo dall’intuizione di un visionario come Steve Jobs, ma da una terra che ha investito in innovazione. Quindi Gay ha evidenziato un dato enormemente rilevante: «Nel 2015 l’84% delle aziende fallite non aveva un sito web». E a complicare il tutto c’è il tasso di turnover delle PMI nel nostro Paese, in negativo a -1%.
Marco Gabriele Gay
Le richieste di cambiamento
Quindi Gay ha portato l’attenzione su alcune richieste di cambiamento: «Innanzitutto c’è la formazione, poi le aziende devono accogliere nei propri CdA un esperto di digitale, in modo da favorirne la contaminazione. Poi è necessario incentivare gli investimenti in capitale di rischio e dotarsi di una infrastruttura all’altezza, la banda larga». Insomma la spesa in tecnologia e digitale non deve essere vista come un costo ma come un cambiamento.
WPP, parla Martin Sorrell
Dopo Gay è salito sul palco Nicola Porro, animatore della giornata, che ha intervistato il numero uno di WPPMartin Sorrell via video. La prima domanda è stata sul digital divide e Sorrell si è mostrato preparatissimo sul nostro Paese. «L’Italia un Paese vecchio dal punto di vista demografico», ha puntualizzato specificando come all’Italia manchi un’adeguata infrastruttura digitale. Un altro elemento importante è quello politico, in autunno è previsto un importante referendum mentre gli effetti della Brexit sono ancora un’incognita, con la Borsa di Milano che è stata la più colpita dall’ondata di panico che ha coinvolto il mercato.
Wpp, focus sui mercati occidentali
Quindi Sir Martin Sorrell ha più o meno confermato quanto dichiarato lo scorso 24 giugno, all’indomani del Brexit. «Noi siamo contro il Brexit ma rispettiamo la scelta dell’elettorato». La conseguenza del voto è che WPP incrementerà i propri sforzi nell’Europa Occidentale, Italia compresa. Nel mentre, le parole sono state suffragate da un paio di acquisizioni che il gruppo ha concluso in questo mese scarso nel Vecchio Continente.
Sir Martin Sorrell
Le strategie
«Nel 2015 le revenue digital di Wpp sono state pari a 7 miliardi di dollari, al 37% del totale», ha detto Sorrell. L’obiettivo è portarle tra il 40 e il 45% nei prossimi cinque anni. Per farlo Wpp condurrà investimenti in tre principali aree: technology, data (che rappresenta il 25% delle revenue) e content.
In Italia investimenti a +30-40% su Facebook
Sorrell ha poi affrontato il tema dell’allocazione dei budget media. «Nel 2017 i canali su cui Wpp veicolerà la maggior parte degli investimenti dei suoi clienti saranno Google e Facebook, quando il social avrà superato Fox News», ha detto Sorrell, precisando come l’anno scorso il gruppo abbia speso 4 miliardi di dollari sul motore di ricerca e relative properties e 1 miliardo sulla piattaforma social. Quest’anno la previsione del ceo è di immettere tra i 5 e i 5,5 miliardi nelle casse di Big G e 1,7 miliardi in quelle di Facebook. «In Italia la spesa su Facebook è in incremento del 30-40%», ha specificato, prima di ricevere l’applauso della plenaria.
Nicola Mendehlson, la tecnologia al servizio delle persone
Quindi è stata la volta di Nicola Mendelsohn, colei che di recente ha affermato che tra cinque anni il newsfeed di Facebook sarà composto solo da elementi video. Mendelsohn ha parlato dell’accelerazione del digitale. «Ci sono voluti settant’anni prima che 1 miliardo di persone possedesse una televisione, solo cinque per lo smartphone. Staimo assistendo a una rivoluzione quella digitale che è un secular shift».
Nicola Mendelsohn
Da spettatori a consumatori
Nel pomeriggio si è tenuta la tavola rotonda “Spettatori digitali” con Marinella Soldi, di Discovery, Enrico Mentana, Rodolfo De Benedetti e il vice direttore del Sole 24 OreAlessandro Plateroti. Soldi ha esordito affermando come il digitale sia naturalmente un’opportunità per i broadcaster, «anche se chiaramente bisogna essere bravi a saperla sfruttare». Discovery, ha detto, racconta storie in un contesto di moltiplicazione dei touchpoint, «ecco perché bisogna riuscire a entrare in contatto con un consumatore che non è più spettatore ma consumatore attivo in un mondo innovativo. E bisogna innovare perché chi non lo fa muore». Quindi il discorso si è spostato sui Millennials: «Nonostante il nostro Paese sia vecchio, i millennials rappresentano il 22% della popolazione italiana. Sui nostri canali abbiamo 10% di share su questo gruppo». Ma come ingaggirali? Con la tecnologia, un formidabile strumento per raccontare le storie in maniera più ingaggiante. «Per esempio, a livello di gruppo, sul tema della realtà virtuale siamo all’avanguardia».
L’informazione muta ma la parola d’ordine rimane qualità
Quindi è stata la volta di Mentana che ha aperto con una divertente battuta: «Siamo cresciuti con media tradizionali e oggi siamo antiquari ma i giovani vanno all’IKEA». Il giornalista ha affrontato l’argomento dell’informazione e dell’evoluzione dei linguaggi. Non solo, «Stiamo assitendo a una completa revisione degli ordini di valore». In questo caso il riferimento è all’intrattenimento, con la realtà virtuale destinata a prendere sempre più piede. «I contenuti saranno sempre più d’intrattenimento e sempre meno d’informazione: sicuramente non sarà giornalismo come lo conosciamo oggi».
Enrico Mentana
Digitale, minaccia e opportunità
«Il potenziale digitale ci è indicato dalla strada percorsa dalle tech company». È iniziato così l’intervento di De Benedetti che ha però subito precisato: «Come editori della carta stampata vediamo il digitale come minaccia e opportunità». La situazione attuale non è delle migliori: i trend di diffusione dei quotidiani, non solo a livello locale, sono chiarissimi e parlano di declino. «Non sappiamo se arriveremo all’estinzione completa della carta stampata». In ogni caso De Benedetti ha chiarito: «Il giornale su iPad è diverso da quello cartaceo. Perché non farlo in tempo reale, come per esempio il Financial Times Live, un giornale che cambia durante tutto l’arco della giornata. La tecnologia consente di fare ciò, la carta no». Ma dove sta la minaccia? «L’apprensione riguarda il modello di business, cioè come monetizzare». Su questo fronte De Benedetti si è mostrato fiducioso, portando gli esempi di Google e Instagram. Entrambe le società non sapevano come fare soldi e poi sono riusciti a trovare un modello pubblicitario che li ha proiettati in cima». A vincere, secondo De Benedetti, saranno i contenuti di qualità, che generano valore e quindi permettono ai publisher di monetizzare.
La Repubblica & Facebook, alla ricerca dell’equilibrio
Quindi De Benedetti ha parlato di Facebook «Oggi l’universo competitivo è molto più vasto e ci si relaziona con realtà diverse. Facebook è una piazza dove ci si può incontrare con 1,5 miliardi di persone e numerose aziende e media company». Ma come utilizza Facebook la testata La Repubblica? «Da poco abbiamo avviato la produzione di 10 live al giorno, che veicoliamo sia sul sito sia sulla piattaforma social. I live sono mediamente consultati da 900mila persone - ha proseguito -. Facebook è un canale di distribuzione formidabile e molto più potente di quanto lo siamo noi. Con il social la competizione è sul fronte pubblicitario. Ma Facebook ha bisogno di contenuti di qualità. Ecco perché bisogna trovare il punto di equilibrio».
Come cambia il linguaggio della comunicazione
Quindi l’intervento di Mendelsohn si è spostato sui cambiamenti in atto nel mondo della comunicazione. «Primo, la comunicazione si è fatta istantanea, in questo app come Messenger e WhatsApp cambiano il modo di relazionarsi tra persone e tra persone e aziende. Oggi si scambiano 60 miliardi di messsaggi ogni giorno su queste due app mentre sono solo 20 miliardi gli SMS». Su questo fronte Facebook ha appena introdotto i Bot su Messenger mentre si prevede l’introduzione di fromati pubblicitari sempre sulla piattaforma. «La comunicazione si sta facendo anche espressiva. Ma anche immersiva, grazie a driver come il video, sempre più spesso fruiti in modalità mobile». Su Facebook vengono visualizzati 100 miliardi di ore di filmati ogni giorno.
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