Autore: Redazione
29/11/2017

Facebook racconta i suoi “principi pubblicitari” agli utenti, ma gli spender vogliono di più

In seguito alle recenti vicende che hanno minato la “credibilità” della piattaforma in tema di trasparenza, il social spiega in modo chiaro le sue regole per l’adv

Facebook racconta i suoi “principi pubblicitari” agli utenti, ma gli spender vogliono di più

Il mondo della pubblicità “dovrebbe” essere un universo di buoni propositi, dove le regole di buona condotta fungano da base inevitabile per garantire trasparenza, brand safety e attenzione al consumatore. Un po’ come ai tempi del Carosello, con Calimero e Carmencita. Eppure, le cose non sempre stanno così, soprattutto da quando il digitale è diventato terreno fertile per l’advertising e, come le recenti cronache dimostrano, c’è molto lavoro da fare per tornare a quel safe environment che ha fatto della pubblicità non solo un semplice veicolo promozionale, ma anche un mondo fatato fatto di storie, intrattenimento, personaggi e ispirazioni. I tech giant Tornando alle recenti cronache, non si può non fare riferimento ai grandi giganti del tech, come Google e Facebook, che rappresentano attualmente il Sacro Graal della pubblicità digitale, ma che sono altrettanto teatro di avvenimenti che hanno minato, soprattutto negli ultimi tempi, l’integrità del mezzo pubblicitario, approfittando di un pubblico vulnerabile in modi che sono nel migliore dei casi, controversi e, nel peggiore illegali. Ristabilire la credibilità Proprio per ristabilire la propria credibilità, a seguito di una serie di titoli che hanno messo l’azienda sotto i riflettori, tra cui l’influenza russa sulle elezioni americane del 2016, Facebook ha reso pubblici in un blogpost firmato da Rob Goldman, vice president of ad products, i “principi che guidano le sue decisioni pubblicitarie”. Solo negli ultimi mesi, infatti, il social è stato criticato per aver apparentemente permesso alle aziende di escludere individui di certe credenze ed etnie da campagne mirate, oltre a lasciare che i marchi si rivolgessero ad adolescenti sulla base di insight psicologici. I principi di menlo park A grandi linee, i principi che Facebook ha presentato mettono in primo piano gli utenti. Infatti, la piattaforma ha specificato di privilegiare la privacy: “non vendiamo i dati sensibili degli iscritti a terzi ma utilizziamo il monitoraggio delle loro attività per fornire inserzioni pertinenti e utili”. Con le recenti funzioni aggiornate, infatti, è possibile controllare e personalizzare le inserzioni che vengono mostrate e anche quelle in esecuzione su ogni brand page. “In questo modo la pubblicità su Facebook sarà più trasparente e allo stesso tempo gli inserzionisti saranno responsabili della qualità dei loro contenuti pubblicitari”. Gli standard della comunità proibiscono discorsi d’incitazione all’odio, bullismo, intimidazione e altri tipi di comportamento dannoso, per trovarli, il social si serve di strumenti automatizzati e manuali e delle segnalazioni degli utenti. “A volte sbagliamo, ma il nostro obiettivo è di prevenire e rimuovere i contenuti che non rispettano le nostre normative”, si legge nel post. Le perplessità “Che Facebook senta la necessità di rilasciare un post come questo non è sorprendente” commenta Ruth Zohrer di Mindshare UK. “Ciò che sorprende è che la sua risposta, piuttosto che rivolgersi ai media o al governo (le voci più forti in questa materia), o a brand e agenzie (alcuni dei quali hanno reagito apertamente a queste vicende), il blog sia rivolto agli utenti finali della piattaforma”. Le perplessità dell’industry, raccolte in questo commento, fanno pensare che Facebook stia evitando un rischio di reputazione per convincere gli utenti a fidarsi. Senza persone, del resto, la piattaforma avrebbe poco o niente da fare. “Anche se, è importante che Facebook spieghi ai suoi utenti come funziona la pubblicità sul sito, non sembra che ci siano aggiornamenti reali in programma. Vorremmo che Facebook facesse molto di più in quest’area”. “Il post - continua Zohrer - riconosce che Facebook non ha la capacità di controllare e gestire i contenuti prodotti e condivisi nei suoi diversi ambienti, e richiede uno sforzo concentrato da parte degli utenti finali, dei marchi, delle loro agenzie e oltre”.