Facebook Instant Articles, ecco i primi commenti positivi degli editori
Intanto Google si prepara al lancio di AMP, un modo per recuperare terreno su Facebook
Dopo le polemiche iniziali, il Wall Street Journal torna sul tema di Facebook Instant Articles, con commenti per la prima volta positivi. Il progetto annunciato dal social lo scorso maggio, infatti, era stato inizialmente criticato per le restrizioni pubblicitarie troppo alte che limitavano gli introiti degli editori. Ma oggi, diversi di questi, hanno affermato che le revenue derivanti da Instant Articles sono le stesse di quelle da mobile su una base per-view.
Si tratta di una notizia estremamente rilevante perché gli editori stanno ancora testando e valutando il prodotto e la capacità di monetizzazione di Instant Articles rappresenta un nodo fondamentale per il futuro dell’iniziativa o di altre simili, come AMP di Google. Specialmente dopo che a dicembre Facebook era stata costretta a rivedere volumi e tipologie pubblicitarie. In particolare, gli editori hanno detto che il cambiamento è da imputare a una banale ragione: l’aumento del carico pubblicitario, un argomento caro al lato dell’offerta mentre Facebook ha sempre sostenuto di voler privilegiare l’esperienza degli utenti.
Julie Hansen, presidente di Business Insider ha detto: “Siamo stati piacevolmente sorpresi di vedere una forte monetizzazione. Che è per certi versi assimilabile a quella del nostro sito mobile”. Business Insider, attualmente non vende pubblicità su Instant Articles ma lascia l’incombenza a Facebook, che trattiene il 30% attraverso Audience Network. In futuro la testata acquisita da poco da Axel Springer è intenzionata a vendere in prima persona, almeno parzialmente, l’advertising su Instant Articles. Anche se alcuni publisher hanno dichiarato al Wsj che Audience Network è un fattore determinante per far fruttare al meglio Instant Articles: i suoi cpm sono in aumento e ciò significa che meno impression rimangono invendute.
Interpellata, Facebook non ha toccato il tema dell’aumento dei cpm ma si è limitata ad affermare che è sempre attenta a ricevere i feedback degli editori per rendere più appetibile Instant Articles. “Stiamo lavorando con gli editori per rendere l’advertising su Instant Articles semplice e di valore e siamo felici di sapere che l’ultimo round di update è stato d’aiuto”. Anche alcuni editori italiani coinvolti nel progetto, che hanno preferito rimanere anonimi, hanno confermato la bontà del prodotto anche se sembra troppo presto per dare un giudizio definitivo.
AMP, in rampa di lancio
Intanto si avvicina il live di AMP, l’iniziativa varata da Google insieme ad altre realtà come Twitter e Pinterest, per facilitare la fruizione degli articoli su mobile web, sostanzialmente a partire dagli stessi obiettivi di Facebook. A tornare sul tema è AdAge, che sottolinea come questo progetto può potenzialmente cambiare le regole attuali. Se, infatti, la navigazione da mobile è appannaggio delle app, AMP viaggia invece sul mobile web, e non è un caso visto che le revenue di Big G sono da imputare per la maggior parte al search e la company ha interesse a far rimanere le persone in questo ambiente. E, a differenza di Instant Articles o Apple News, AMP è open source, ciò significa che chiunque vi può entrare.
In breve AMP permetterà di caricare le pagine in modo velocissimo anche perché poggia su cloud: il risultato finale è un sistema di delivery di contenuti quasi istantaneo. A livello pubblicitario i publisher potranno vendere advertising e appoggiarsi a degli analytics, con i paywall che saranno protetti attraverso degli ID per gli utenti. Ma soprattutto, l’indicizzazione di Google favorirà i siti più veloci. Gli articoli saranno accessibili da Google Search, Twitter, Pinterest, LinkedIn e potenzialmente da tutto il mondo web, con il numero dei publisher aderenti al servizio che da una dozzina sta passando a diverse centinaia.
Per Google il focus è assicurare formati standard e tool di misurazione efficienti e gli editori avranno il massimo controllo su diversi fattori: dal placement, al supporto di più realtà demand, fino ai formati stessi e al vaglio della viewability. Sono già 20 i tech provider che supportano il progetto: AOL, AdSense, DoubelClick, Kargo, Moat, OpenX e OutBrain. Da segnalare che Big G sarà molto attento al tema delle frodi e il fatto che si sia aperta a terze parti rappresenta un elemento di differenziazione da Instant Articles e Apple News. Una sfida che parte in ritardo ma con basi solide e che può veramente rimescolare le carte in tavola. Almeno su mobile.