Il mercato italiano dell’IA vale 760 milioni di euro; la ricerca di Hotwire
Lo studio mette in evidenza come il 90% dei protagonisti sia rappresentato dalle grandi imprese, il resto è suddiviso equamente tra Pmi e PA
Beatrice Agostinacchio
“Meglio gestirla che subirla”; con questa pillola di saggezza stile Catalano, l’intellettuale viveur di ‘Quelli della notte’ con Renzo Arbore, Beatrice Agostinacchio, managing director Italia e Spagna di Hotwire (società di consulenza in materia di comunicazione al servizio dei brand tecnologici più innovativi), sintetizza la strategia vincente sul tema dell’intelligenza artificiale. Intervistata da Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance, nella sede del Village di corso di Porta Romana, a Milano, Agostinacchio ha illustrato i risultati di una ricerca condotta da Hotwire su scala internazionale (tra cui l’Italia) e sul mercato italiano dell’IA. Il report, tra l’altro, è giunto alla seconda edizione e, questa volta, ha come frame “l’IA oltre l’efficienza” e prende in esame “la narrazione di marca nell’era dell’IA”.
L’11% è avanguardista, il 23% apprendista
Ammonta a 760 milioni di euro il valore del mercato italiano dell’Intelligenza artificiale e il 90% di questo mercato è rappresentato dalle grandi imprese, il resto è suddiviso in modo equo tra le Pmi e la PA. Non solo, il 61% delle grandi imprese ha attivo un progetto di IA, dato che scende invece al 18% per le piccole medie imprese. Interessanti anche i dati, più in dettaglio, dell’indice di maturità delle aziende nell’adozione dell’IA: l’11% infatti è avanguardista mentre il 23% è apprendista, per il restante 66% dei casi si tratta di aziende in cammino o che non percepiscono come rilevante il tema. Dai dati della ricerca risulta anche che il 22% delle organizzazioni in Italia ha un piano in termini di intelligenza artificiale definito e allineato al piano strategico aziendale e che solo il 14% dei consumatori italiani però di comprendere in pieno l’intelligenza artificiale, tanto da poterla impiegare nella propria vita quotidiana. Il 25% delle aziende italiane, infine, considera l’efficienza dei processi la motivazione principale per l’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale. “È chiaro ormai che l’intelligenza artificiale è un dato di fatto con cui ormai tutti noi dobbiamo fare i conti e i brand non possono essere da meno. Ma attenzione, nell’utilizzo dell’IA ci sono quattro valori chiave che caratterizzano il rapporto tra consumatore e marchio”, ha tenuto a precisare la managing director di Hotwire.
Le case history
Eccoli: il primo è l’autonomia che considera come l’IA possa conferire a clienti e dipendenti un maggiore controllo su se stessi e sule circostanze; il secondo è il riconoscimento che esplora come l’IA possa aiutare clienti e dipendenti sentirsi ascoltati e apprezzati; il terzo è l’impatto che analizza come l’IA possa migliorare la vita in termini sociali, etici e ambientali; il quarto è l’intimità che riguarda l’utilizzo dell’IA da parte dei brand per favorire relazioni che siano intime e non solo personalizzate. “Con l’inizio della diffusione dell’IA generativa nel 2022, l’attenzione del mondo del business si è concentrata sui potenziali vantaggi in termini di efficienza - racconta il report di Hotwire - e secondo il 27esimo Annual Global Ceo Survay di Pwc un quarto degli intervistati prevedeva di ridurre la forza lavoro del 5% o più entro il 2024 attraverso l’adozione dell’IA generativa; non è stato così, anzi, l’IA generativa sta già guadagnando terreno nella sua capacità di far sentire le persone nel controllo delle proprie vite e del proprio futuro”. A esempio del valore dell’IA, la ricetta cita alcune case history nel settore della moda e del beauty. Il brand Sephora ha lanciato Sephora Virtual Artist, una funzionalità avanzata che permette ai consumatori di esplorare un’ampia gamma di colori e strumenti e offre tutorial personalizzati che utilizzano il volto dei clienti per insegnargli come applicare il trucco in modo professionale. La piattaforma Nike By You offre ai clienti mille opzioni per la personalizzazione delle scarpe. O, ancora, la Coca-Cola, alla ricerca di nuove modalità per consentire ai consumatori di partecipare al processo creativo.