Autore: Redazione
13/10/2017

Osservatorio Multicanalità: focus sulla frammentazione di shopping e media. Cavalli: «Definire gli obiettivi per ottimizzare i costi»

Ormai il 60% degli italiani è votato al consumo in una chiave multicanale, ma una quota del 40% ancora non utilizza la rete. Cavalli: «Definire gli obiettivi per ottimizzare i costi»

Osservatorio Multicanalità: focus sulla frammentazione di shopping e media. Cavalli: «Definire gli obiettivi per ottimizzare i costi»

di Anna Maria Ciardullo

Il convegno di presentazione della release 2017 dell’Osservatorio Multicanalità, dal titolo “Anywhere & Anytime: shopping and media fragmentation” e che si è svolto ieri a Milano, vuole rappresentare un importante momento di confronto e discussione sul tema della multicanalità con i principali player di mercato. La ricerca - promossa da School of Management, Nielsen e Zenith -, coniugando dati, analisi e insight sullo scenario italiano di consumatori e imprese, offre un quadro esaustivo del processo di acquisto del consumatore multicanale, introducendo nel 2017 anche gli aspetti connessi alla fruizione mediale dei consumatori italiani (tv e internet).

Un panorama tutt’altro che omogeneo quello che emerge, fatto di segmenti di consumatori che tendono a distinguersi sempre di più sia negli stili di acquisto sia nel consumo dei media. Sono 31,7 milioni di individui sopra i 14 anni (60% della popolazione) che, pur con diversi gradi di maturazione, hanno adottato un comportamento multicanale che interessa le diverse fasi del processo d’acquisto (ricerca informazioni, comparazione di prezzi, lettura di recensioni fino all’acquisto vero e proprio); dall’altro, troviamo 21 milioni di individui (40% della popolazione) che non si connettono a internet. ll convegno è stato introdotto da Umberto Bertelè, della School of Management del   Politecnico di Milano; seguito dall’intervento di Christian Centonze, Business Solutions Manager di Nielsen, che ha introdotto i temi legati alla sfida della frammentazione nella cosiddetta era della multicanalità.

Il mobile protagonista

«Velocità e disruption sono il nuovo paradigma della multicanalità - spiega Centonze - e la rete ormai è assimilabile al mobile, protagonista assoluto della multicanalità». Le nuove tecnologie pongono un problema di profittabilità, riducendo l’asimmetria informativa tra domanda e offerta: per questo, diventano sempre più importanti la comunicazione e la costruzione di relazioni durature con i clienti. L’ecommerce rappresenta una seconda fase della multicanalità, prima più orientata all’uso del digitale a scopo informativo e che ora diventa una sorta di enorme marketplace. Il fatturato ecommerce, infatti, ammonta a 19,6 miliardi e sono il 65% gli utenti che acquistano online con una crescita a doppia cifra rispetto all’anno scorso. Lo studio ha rilevato una forte divisione tra i cosiddetti “InfoShopper” - che utilizzano la rete nel processo di acquisto solo per la raccolta di informazioni (11,1 milioni, il 21% della popolazione over 14 e il 35% di chi usa internet) - e gli “eShopper” - che, invece, se ne servono in tutte le fasi del processo di acquisto (20,6 milioni, il 39% degli italiani e il 65% degli internet user), divenuti non tanto più numerosi rispetto al 2016, quanto più attivi, avendo aumentato la frequenza con cui comprano online. E, tra gli “eShopper”, è evidente la crescita del segmento più evoluto, quello degli “Everywhere Shopper” (6,6 milioni, +14% rispetto al 2016), che si connettono in qualunque momento e con qualunque dispositivo, soprattutto in mobilità, usando tutti i punti di contatto, online e off line, che il brand mette loro a disposizione per relazionarsi con la marca e gli altri consumatori.

L’importanza dello store fisico

Sebbene l’80% degli utenti ricerchi info di prodotto online, il 94% dei beni di largo consumo in Italia è ancora acquistato in negozio, per questo il punto vendita resta un luogo fondamentale da integrare nelle proprie strategie multicanale, come dimostrato anche dagli interventi di Luca Cerantola, Responsabile Digital Marketing di Esselunga, e Marco Durante, Country Manager Italia di DoveConviene, che hanno portato un punto di vista strettamente aziendale rispetto al tema della multicanalità nel retail. «Gli everywhere shopper e i money saver crescono rispettivamente del 14% e del 7%, a dimostrazione della crescente socialità degli acquisti. Le tecnologie digitali e il social web non hanno impattato solo il customer journey, hanno anche frammentato la domanda, creando sempre più bisogni di nicchia e favorendo consumi trasversali» ha detto Centonze.

Consumo media

La frammentazione riguarda anche il consumo dei media, analizzato per la prima volta nella ricerca 2017 grazie a elaborazioni e stime realizzate da Nielsen a partire dalle misurazioni Auditel e Audiweb. Emerge, infatti, chiaramente, come l’apparizione di nuove piattaforme televisive - free to air e pay - in aggiunta all’utilizzo sempre più diffuso del digital, abbia parcellizzato la fruizione dei mezzi di informazione: questo non ha significato l’abbandono della tv, che perde solo 1,7 punti percentuali rispetto al 2016 (sulla reach-giorno attestandosi al 73,9%), bensì una dispersione dell’audience tra le diverse tipologie di canali televisivi e tra i vari canali digital (la reach massima media giornaliera degli “Everywhere Shopper” - il segmento più evoluto in termini di fruizione dei canali digitali - raggiunge il 42% per social network, piattaforme di instant messaging e search, 38,1 % solo da mobile, contro un totale del 35,2% dell’anno scorso). L’utilizzo dei dati è il nuovo motore delle attività e bisogna dunque lavorare sull’analisi, l’integrazione, la raffinazione e l’utilizzo di questi, attraverso le tecnologie che il mercato già offre, passando a offerte di contenuti personalizzate, anche di advertising, in modo da sfruttare le enormi opportunità che nascono dal contattare l’audience di riferimento (digitalizzata e non), nel momento e contesto giusto.

I valori legati alla personalizzazione

Secondo Luca Cavalli, ceo di Zenith Italia, le sfide delle aziende oggi si giocano su tre piani: consumatore, innovazione e tecnologia. Bisogna passare da un sistema product-driven a uno consumer-driven che ponga il consumatore come origine del pensiero aziendale. Ma, anche, passare da un’economia della gestione a una dell’innovazione costante, per stare al passo con l’evoluzione del mercato e delle sue componenti. La dimensione tecnologica, abilita le prime due e permette l’incontro tra aziende e consumatori a livello potenzialmente individuale e l’erogazione di prodotti e servizi altamente profilati. In questo contesto di nuove priorità, è necessario un nuovo modello, che si potrebbe definire “attention economy”.

«Almeno la metà dei marketer italiani non è ancora al passo con i tempi. Ecco che l’eccellenza si trova quando l’innovazione segue i bisogni dei clienti, i loro racconti. Qui si gioca l’affermazione del cosiddet to precision marketing, ossia la ricerca di rilevanza piuttosto che di quantità - ha commentato Cavalli -. Il tempo dedicato alla comunicazione è sceso da 12 a soli 8 secondi, il numero di touchpoint invece è aumentato e questa complessità fa si che l’”attention economy” sia un mercato già inflazionato.  La risposta è la personalizzazione: nel 2020 ci si aspetta che questo sarà l’aspetto più importante per le vendite, più del prezzo e del prodotto stesso, e che il 50% delle aziende investa in personalizzazione per collegare dato ed esecution. In questo, interviene anche il ruolo del partner creativo della campagna, che non è più solo tale, ma diventa anche un catalizzatore dell’ottimizzazione delle comunicazioni per migliorare le prestazioni dei loro clienti a partire da un’approfondita conoscenza dei cluster sempre più micro-segmentati.  In fondo, si tratta di affinare le capacità di calcolo utilizzando tutti i mezzi a disposizione come, ad esempio, il machine learning, per inserire il parametro del contenuto in tutti quelli comportamentali dei consumatori. Il problema resta la complessità, sia di riflessione strategica sia di misurazione, che diventano attività altamente scientifiche e matematiche».

Creare valore dalla frammentazione

Il processo d’acquisto, secondo Giuliano Noci, Ordinario di Strategia e Marketing del Politecnico di Milano, non è più schematico e sequenziale ma, di fatto, non è più controllabile, e il punto di partenza per ribaltare il pensiero del marketing è essere consapevoli di questa incontrollabilità. «L’attenzione del marketer deve spostarsi sempre più a monte nella fase in cui si presenta un bisogno da parte di un consumatore. Anziché parlare di settori, bisogna assumere la prospettiva del cosiddetto “ecosistema” che rappresenta una sorta di campo gravitazionale dove generare orbite esperienziali per accelerare la propria forza attrattiva».

Passare da una logica “push” a una “pull”

Per ribilanciare la propria capacità di generare un campo gravitazionale, un marchio deve avere una valenza di utilità e servizio, ma che rientri nel campo esperenziale e, per questo, deve diventare origine di relazione. «La multicanalità è ormai un obiettivo ineludibile per le imprese, ma bisogna fare attenzione, perché i comportamenti sono diversi e alle aziende è richiesto di scoprirli, analizzarli e costruire esperienze davvero consistenti, altrimenti rischiano, stando nel mezzo, di non raggiungere nessuno. Il primo passo è scontato ma, spesso, viene trascurato: allora, bisogna studiare il proprio consumatore, soprattutto nel dipanarsi del suo sistema d’interazioni, in modo da capire che ruolo può giocare ogni punto di contatto, dalla mail al banner per arrivare  ai call center. Certo, si può cominciare gradualmente, ma già una prima fase qualitativa di studio diventa molto importante, soprattutto perché aiuta a progettare. Poi, semmai,arrivano i big data», ha concluso Noci.