Autore: Redazione
19/03/2018

Alla Milano Digital Week, H2H racconta e illustra la città del futuro

Gli ecosistemi digitali esistono già. Le aziende devono solo essere stimolate a individuare il valore all’interno del network. Di questo, e molto altro, si è parlato al workshop “Smarter non just faster: approcci vincenti alla città del futuro”

Alla Milano Digital Week, H2H racconta e illustra la città del futuro

“Nel 2018 le Smart City sono un’utopia. La tecnologia deve ancora farne di strada!”. In realtà, non è proprio così. La tecnologia c’è eccome, quello che manca è la cultura del digitale, è pensare con una mentalità ecosistemica. Insomma, gli strumenti sono in mano a molti, serve capire come utilizzarli. Secondo Gartner, nel mondo ci sono 4 miliardi di oggetti connessi, e tra soli due anni saranno 25 miliardi «di cui 10 relativi alle Smart City», ha affermato Paolo Romiti, presidente e ceo di H2H, durante l’evento organizzato dall’agenzia di marketing e comunicazionenel contesto della Digital Week milanese. Il tema delle città connesse è un enorme cappello a una infinità di applicazioni verticali, che però devono essere sviluppate tenendo bene in mente il concetto base dell’armonia tra i sistemi: “Ogni elemento può integrarsi a qualunque altro elemento, purché l’integrazione generi valore per entrambi”. Ciò che si ottiene è un ecosistema che stimola una catena del valore capace di coinvolgere aziende e consumatori.

Marketing

Per creare valore bisogna intercettare i bisogni dei consumatori e provare a soddisfarli. Nel marketing questo si rivela estremamente difficile a causa della frenesia con cui gli utenti cambiano il loro comportamento: la proposta di prodotto non può più avvenire solo dopo l’analisi dei bisogni, è necessario prendere ulteriori provvedimenti. Acquisisce fondamentale importanza il content marketing, con cui “connettere i consumatori con i prodotti in modo emotivo. In questo senso bisogna considerare che i bisogni dei consumatori saranno cangianti e classificarli in cluster statici diventerà impossibile. Il marketing di massa deve diventare il marketing di una massa di nicchie, come ha detto Chris Anderson. La frontiera è il marketing predittivo, che nel processo per arrivare alle Smart City passa in prima linea», ha spiegato Romiti.

Proprio per la rapidità con cui gli utenti si spostano da un canale all’altro, considerare i social media come “uno dei canali, e non l’unico, diventa molto importante. Le strategie devono essere multichannel, devono adeguarsi alla digital transformation, avere forti componenti visual e una flessibilità che permetta operazioni in real time”, ha continuato. La relazione tra dati e creatività continuerà ad essere indispensabile, perché “non esiste un’attività di marketing fatta bene che non abbia una forte componente creativa, nonostante l’importanza dei dati. Le agenzie devono stare attente a non concentrarsi troppo sui dati, dove altri player come le società di consulenza sono molto più forti, e mantenere un alto focus sulla creatività, dove le stesse si stanno, comunque, attrezzando», ha concluso.

L’esperienza di Elite

Se la cultura del networking sta alla base delle città connesse, nulla al loro interno è tenuto a non attenersi al diktat. E proprio su questo concetto Elite affonda le sue radici. La struttura, che offre supporto alle imprese in tutte le fasi del loro ciclo di vita, supporta i loro progetti attraverso un network internazionale, fonti di finanziamento diversificate e percorsi di training dedicati. “Il percorso che offriamo alle aziende si compone di una fase di training, ovvero un allineamento dell’organizzazione agli obiettivi , una fase di coaching, in cui ne guidiamo l’implementazione, e una di creazione del valore, durante la quale hanno accesso a un ventaglio di opportunità, tra cui networking e capitali”, ha spiegato Luca Peyrano, ceo di Elite.

Tra le ambizioni della società ci sono “l’integrazione di servizi in una piattaforma digitale unica e aperta, digitalizzare la raccolta del capitale con strumenti, standard e prodotti finanziari e creare una community internazionale di aziende, investitori e partner”, ha sottolineato. Quest’ultima, ad oggi, conta 759 società distribuite in 28 Paesi, capaci di produrre 57 miliardi di euro di fatturato aggregato, lavorando in 34 settori con 260.000 dipendenti. Internazionale sì, ma con una mentalità glocal, “perché avere in comune la cultura facilita i discorsi sul business”. L’infrastruttura, infatti, è suddivisa in una parte comune a livello internazionale e un’altra localizzata, in modo da avvicinarsi al linguaggio di ogni imprenditore. Visione locale confermata anche dal breakdown sul network lombardo, composto da 167 società, che producono 29 miliardi di euro (fatturato aggregato) e danno lavoro a ben 75.000 persone impegnate in 29 differenti settori.

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Un momento dell'incontro
Mobilità Mercedes

La velocità del cambiamento aumenta sempre più, tanto che nei prossimi vent’anni “avremo lo stesso numero di novità degli ultimi trecento”, ha affermato Olimpia Schiavone Panni, Digital & Social Media Manager di Mercedes Benz Italia. I driver della nuova era saranno urbanizzazione, digitalizzazione, sostenibilità e individualizzazione. “In Europa, il 70% della popolazione vive in un contesto urbano, e nel mondo il 60% delle persone abitano in città”. Le metropoli devono, quindi, ripensare ai propri standard per rendere vivibili le loro aree. “L’individuazione si configura nella volontà dei consumatori di ricevere offerte su prodotti rilevanti, di cui ne percepiscano immediatamente l’utilità, e questi devono essere comunicati con il linguaggio che preferiscono”. È il digitale ad aver accelerato questo processo, “un mondo, quello tecnologico, di cui non possiamo più fare a meno”. La sostenibilità è legata alla cultura della sharing economy, al fatto che “tra possesso e condivisione si svilupperà una nuova area. L’auto sarà connessa, autonoma, condivisa ed elettrica. La connessione sarà verso la casa madre, ma anche tra veicoli di produttori diversi. L’auto sarà un luogo dove guadagnare tempo «il terzo living, dove fare cose che ora, guidando, sarebbe impossibile. Dal lavorare al leisure time”.

L’importanza del “pensiero a ecosistema”

“Oltre le API ci sono gli ecosistemi digitali. Agganciando le API in un ecosistema regolato si sblocca business value aggiuntivo”, spiega Maurizio Brioschi, Digital Enterprise Division di Cefriel/Politecnico di Milano. Una volta sviluppato il silos, con le relazioni, anche digitali, si sblocca il valore. I flussi diventano prodotti, bisogna solo capire “come utilizzare i dati di terzi. Poi è possibile sviluppare contatti commerciali con i partner”. Alcune aziende possiedono dati utili ad offrire servizi complementari e supplementari, proprio come gli orari dei treni sono complementari ai parcheggi intorno alla stazione, e la condivisione di questi produce valore ad entrambe le company e ai consumatori. Questo succede tra due aziende, ma anche tra un gruppo più grande. Gli unici ostacoli allo scambio dei dati sono l’individuazione del valore - quindi, come utilizzarli - e la giustificazione di un vantaggio per le aziende terze conseguito attraverso i propri dati. Lo strumento con cui costruire le partnership è il tavolo di lavoro.

Bisogna riunirsi e parlare dei progetti e dei vantaggi reciproci, ed è “fondamentale che il metodo utilizzato per realizzare gli accordi sia basato sulle regole”, ha aggiunto Brioschi, che ha sviluppato l’ecosistema E015 in occasione di Expo Milano, tuttora attivo. Le regole stanno al centro del tavolo, sono condivise, e le operazioni supervisionate da un team dedito a far funzionare l’ecosistema. I silos, sviluppati conformemente alle regole, entrano a far parte del catalogo e gli altri servizi digitali che sono interessati a stabilirvi connessioni possono, così, introdurli nell’ecosistema. “La tecnologia è pronta per queste operazioni”, tanto che “abbiamo attivato già diversi tavoli di lavoro in tutta Itali”. L’unico limite sta “nella creatività delle aziende e nella loro capacità di individuare opportunità in questo tipo di connessioni. Le opportunità ci sono, e sono enormi”. La vera sfida non è nella tecnologia, e nemmeno nella creatività: “la vera sfida è imparare a pensare a ecosistema”.