Il libro bianco sul digitale si evolve ancora: nuove linee guida per brand policy chiare e garanzia di brand safety
Otto delle più importanti associazioni di settore si sono riunite per presentare un importante aggiornamento che suggerisce le migliori strategie a difesa del marchio e di tutto l’ecosistema pubblicitario. La sfida principale: alimentare il dialogo tra gli attori della filiera dell’advertising
di Anna Maria Ciardullo
Prosegue il percorso del “Libro Bianco sulla comunicazione digitale” che ieri ha raccolto l’intera industry per sviscerare miti e tabù sulla Brand Safety e sulla Brand Policy, già oggetto della seconda edizione aggiornata del Libro Bianco. Presidenti e Direttori delle Associazioni aderenti (Assocom, FCP Assointernet, Fedoweb, Fieg, Iab Italia, Netcomm, Unicom, Upa) hanno ribadito il loro impegno e l’importanza di un tavolo comune che faciliti il dialogo e premetta un confronto costruttivo per trovare un punto di convergenza tra le esigenze tra le diverse componenti rappresentanti il mercato.
Brand policy chiare
Alberto Vivaldelli, Responsabile digital UPA ha aperto i lavori, sottolineando l’importanza del contesto in cui è inserito il Libro Bianco della Comunicazione Digitale: oltre alla Brand Safety vera e propria, ossia l’offerta di un contesto trasparente e controllato che escluda l’accostamento di un brand a un contenuto inappropriato, sta assumendo sempre maggiore importanza la Brand Policy, la gestione dei contesti in linea con le specifiche policy del brand scelte e indicate per ogni campagna di comunicazione. “Il libro offre alle aziende linee guida per i brand sia pre, sia durante, sia post campagna per minimizzare le minacce e massimizzare le opportunità. In particolare pre campagna, la brand safety può essere garantita, ad esempio, attraverso strategie di black e whitelisting, l’uso delle keywords, trasparent traffic, scegliendo un’inventory diretta piuttosto che aggregata nell’audience da terze parti, definendo brand policy chiare basate sulla selezione accurata dei contesti indesiderati e condividendole con tutta la filiera (anche contrattualmente) insieme alle logiche di misurazione (e dei provider di misurazione) sulle quali non ci sono ancora degli standard. Anche post campagna si può fare molto, ad esempio, attraverso la reportistica che permetta di avere uno storico da confrontare per evitare la ripetizione di problemi in futuro”. L’auspicio è che lo sviluppo delle tecnologie e delle competenze in questi ambiti porti la gestione dei contesti di delivery della pubblicità digitale a diventare un asset per gli investitori pubblicitari, e non solo un elemento di potenziale criticità.
Ampliare le strategie
Giorgio Galantis, Presidente FCP Assointernet e Alessandro Furgione, Consigliere FCP Assointernet, hanno evidenziato i rischi legati all’utilizzo delle sole strategie più diffuse, come un eccessivo ricorso alle blacklist (di domini o sezioni) quale strumento principale per l’attivazione della propria brand policy. Strumento che, soprattutto in contesti di comunicazione qualificati, molto spesso rischia di impedire il raggiungimento del volume di impression prefissato in sede di pianificazione. Lo stesso pericolo s’incontra con le interminabili liste di keywords che, peraltro, comportano falsi positivi e falsi negativi. Inoltre, i rappresentanti di FCP hanno voluto ricordare che il passback, una tecnologia che consente all’editore di monetizzare le chiamate che sono state scartate/bloccate da strumenti di Ad Verification nella modalità di acquisto reservation, spesso per limiti tecnici non restituisce affatto la chiamata e quindi distrugge il valore per gli editori.
Punti chiave
Furgione ha, infine, individuato tre punti su cui basarsi per una brand policy efficace:
° Importante e critico: un dialogo continuo e condiviso tra gli attori che incentivi l’evoluzione tecnologica e che prenda in considerazione tutte le logiche di difesa del brand per creare un ecosistema più equilibrato.
° Aggiornarmento continuo seguito da una comunicazione tempestiva agli editori riguardo alle liste su cui erogare e sulle brand policy attuate.
° Incentivare l’evoluzione tecnologica per diffondere strumenti sempre più sofisticati, come ad esempio i white segment e la semantica attraverso l’AI e in futuro, ad esempio, anche l’uso della blockchain che permetterebbero una circoscrizione mirata dei contesti e dei contenuti.
Contesti qualificati
Contesti che, per gli utenti finali, hanno un ruolo estremamente importante, come ha dimostrato la ricerca realizzata da Human Highway per RCS e illustrata da Roberto Zanaboni, Direttore Digital Advertising di RCS Advertising. In particolare emerge che i lettori abituali di siti di news registrino un aumento di 5 punti percentuali del giudizio complessivo di una marca quando questa è associata a contenuti positivi e di 2 punti percentuali anche quando è associata a contenuti percepibili come negativi. Qualificati contesti di comunicazione favoriscono, dunque, il mantenimento dell’immagine relativa alla marca anche in caso di esposizione associata a contenuti non positivi.
Tavola rotonda
La mattinata si è chiusa con una tavola rotonda moderata da Michele Marzan, Consigliere IAB Italia, che ha sollecitato i relatori su temi quali gli investimenti, le fake news e il ruolo che la tecnologia può rivestire. Nella discussione Claudio Giua Consigliere Fedoweb, ha illustrato la disparità di rigore richiesto agli editori rispetto alle pianificazioni in open web, dove spesso i brand rischiano di essere associati a siti di fake news; Giorgio Galantis, Presidente FCP Assointernet ha dichiarato che la collaborazione tra Concessionaria e Centro Media / Cliente in merito all’applicazione di Brand Safety e Brand Policy è fondamentale affinché la loro attuazione non generi riduzione di valore per l’intera filiera e non sia limitante per l’efficacia delle campagne. Infine, Antonio Montesano, head of digital OMG, ha sottolineato che le soluzioni per la corretta gestione dei meccanismi di brand safety passano anche attraverso le tecnologie oltre che con la collaborazione citando come esempio la blockchain che potrà costituire un protocollo di ufficializzazione di ambienti safe, così come l’uso più evoluto dei dati con sistemi di intelligenza artificiale. Queste ultime, sono in fase di osservazione dal tavolo di lavoro ed entreranno tra le tematiche trattate dal libro bianco non appena ci saranno sufficienti riscontri sul mercato.
Nuovi spunti
Altri spunti per il libro bianco sono attesi anche dalle autorità pubbliche, come Agcom, che sta lavorando sulla definizione di alcune categorie, come le fake news. Nel 2019 verrà lanciato anche un modello di brief da presentare sul tavolo dei brand per definire in anticipo le esigenze delle aziende e coadiuvare la collaborazione tra gli attori della filiera. La sfida non è solo evitare i problemi, ma anche lavorare in logica predittiva per ottenere vantaggi competitivi dalla conoscenza dei contesti.