Autore: Redazione
14/11/2018

IAB Forum, il digitale è pronto a entrare nella terza wave: il driver sarà il 5G

La quinta generazione della tecnologia wireless metterà a disposizione la potenza necessaria per la nascita di nuove tech, preparerà il terreno per il boom di smart city, VR e AR, e genererà nuovi modelli di business e nuove professioni. IAB Forum dà appuntamento al 20 novembre 2019. Ancora, è stata anche fissata la data della prossima Digital Week: sarà dal 13 al 17 marzo

IAB Forum, il digitale è pronto a entrare nella terza wave: il driver sarà il 5G

Dopo la prima giornata, lo IAB Forum ha voltato lo sguardo al futuro, ma con i piedi piantati nel presente. Siamo sulla soglia di una nuova rivoluzione, e sarà la spinta del 5G a farcela varcare. La quinta generazione della tecnologia wireless è una porta al di la della quale il dialogo tra gli oggetti connessi è più rapido e più efficace. Non solo, ai device già presenti sul mercato se ne aggiungeranno di altri, che sbloccheranno creatività e servizi ora impossibili da portare a terra. Servono però infrastrutture adatte e risorse preparate a gestire business di nuovo stampo. È necessario uno sforzo a livello di sistema per non arrivare impreparati e creare valore a livello locale già dall’alba della nuova digital economy. Sarà importante anche organizzare occasioni di confronto, per instaurare un dialogo costruttivo utile alla crescita di tutti gli attori, dalle telco alle agenzie tecnologiche, dai creativi alle istituzioni. Due di questi sono già fissati: la seconda edizione della Digital Week si terrà a Milano dal 13 al 17 marzo del 2019, mentre il prossimo IAB Forum sarà sempre nella città del Duomo il 20 e il 21 novembre dell’anno prossimo.

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Carlo Noseda
Smart city

La sinergia è l’elemento alla base delle smart city, e proprio il capoluogo meneghino rappresenta l’esempio più virtuoso sul territorio italiano. Ma non bisogna mai smettere di migliorarsi e per continuare su questa strada serve condividere esperienze. «Milano è una città digitale ma deve continuare a svilupparsi. Ci sono tante città che hanno qualcosa da insegnarci, e per questo abbiamo un dialogo aperto, ad esempio, con Stoccarda per i pagamenti cashless e con Barcellona per le piattaforme aperte», spiega Roberta Cocco, assessore alla trasformazione digitale e ai servizi civici del Comune di Milano. «Oltre alla smart city però bisogna creare smart citizen, mettendo a terra servizi con un approccio one click», continua.

Da smart citizen a smart company

«Il concetto di smartness del consumatore risiede nella sua capacità di prendere decisioni che siano veloci, efficaci, sicure e “cool”», spiega Saverio Tridico, direttore corporate & external affairs di Nexi. L’ecosistema digitale deve adeguarsi a queste esigenze, «possiamo interrogarci sul quando e sul come, ma non sul se», aggiunge. Alcune aziende hanno già recepito il messaggio, e interpretano il senso di smart secondo il proprio settore di appartenenza o business specifico. «Stiamo vivendo la seconda wave del digitale, quella dello smartphone, che ha seguito l’internet da pc, ma stiamo entrando nella terza, contraddistinta dall’IoT. I servizi concepiti nella maniera attuale sono statici, simili tra loro. Con il 5G possiamo arrivare a mappare gli utenti e creare servizi su misura, migliorando al contempo l’esperienza di accesso ai servizi», afferma Davide Bigoni, project manager di Samsung Electronics Italia. «L’IoT è uno dei filoni principali su cui sta investendo l’azienda. Lo stiamo implementando con grande dispiego di forze a livello industriale, ma stiamo lavorando anche sul lato consumer. In questo caso si tratta di una piattaforma che gestiamo con un approccio aperto, in modo che sia possibile per tutti accedere e integrare servizi e device. Il più grande ostacolo è l’interoperabilità», continua Bigoni. «Per noi “smart” significa relazione con l’energia. In questo senso, una smart home è un ecosistema in cui tutto è connesso, i pannelli sul tetto con i riscaldamenti, e tutti e due con le colonne di ricarica per le auto elettriche nei sotterranei», dice Davide Villa, chief marketing officer di Eon.

L’extended reality (o XR)

«Viviamo in un mondo in tre dimensioni. Al suo interno si sono sviluppate tecnologie come virtual reality e augmented reality», racconta Ryan Soutter, head of sales engineering for the Americas for the Advertising Creative Technology di Oath. La prima è una combinazione di asset 3D fruibili attraverso un headset, soggetta a ingenti investimenti già dagli scorsi anni - Facebook ha dichiarato che investirà altri 3 miliardi di dollari nei prossimi10 anni - e ora spinta dall’introduzione di adv in programmatic. La AR invece aggiung elementi 3D al mondo esterno attraverso la lente della fotocamera del telefono come filtro. «Dall’unione tra queste due nasce la extended reality, che sfuma le linee che dividono digital e mondo reale. Il 5G permetterà l’applicazione e la diffusione XR, che richiede una banda molto veloce. La velocità di questa tecnologia wireless arriverà a 10 giga al secondo, con una latenza di 1 millisecondo. Specifiche necessarie per supportare la potenza della nuova tech che permetterà una nuova generazione industriale. Siamo davanti all’evoluzione più grande dell’era del wireless», continua Soutter. E gli investimenti non tarderanno ad arrivare: si stima infatti che le revenue prodotte dalla XR nel 2024 saranno circa 6,8 miliardi di dollari.

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L’indotto e le risorse del digitale

Il valore dell’industria digitale continua a crescere. Quest’anno vale 65 miliardi di euro, l’11,6% in più del 2017 e il 22% sul 2016. I dati della ricerca congiunta di EY e IAB Italia dal titolo “Le infinite possibilità del digitale in Italia” indicano poi che pubblicità online ed e-commerce si confermano - per il secondo anno - i comparti che più di tutti guidano la crescita dell’intera industria con incrementi rispettivamente del 13% e 15% rispetto al 2017, anche se i pesi sul valore complessivo si attestano intorno al 4% e 44%. Il trend positivo del comparto ha generato un incremento nell’ambito degli occupati, che ora sono 285 mila, rispetto ai 253 mila del 2017, per un +12,7% yoy. “Si tratta di persone impiegate a tempo pieno in ambiti come il digital marketing e la comunicazione interattiva, la tecnologia che permette di erogare servizi online, ma anche e-commerce, online advertising e sviluppo di app. Il valore dell’industria digitale porta con sé rinnovamento e trasformazione in tantissimi altri settori adiacenti, stimolando la produttività in aziende non necessariamente votate all’innovazione. La politica economica del Governo può e deve svolgere un ruolo più determinante e di sostegno alla digitalizzazione, per una maggiore competitività a livello di sistema, un aspetto su cui l’Italia ha ancora un gap importante rispetto al resto dell’Europa e che va colmato per uno sviluppo dell’economia a lungo termine”, commenta Carlo Noseda, Presidente di IAB Italia. «Considerando il valore del settore a perimetro allargato, l’indotto economico raggiunge 89 miliardi di euro, con un numero occupati che supera i 675 mila», aggiunge Andrea Paliani, mediterranean markets & clients managing partner di EY, che ha presentato la ricerca durante la plenaria. «Purtroppo alcune tra le professionalità più richieste nelle aziende, però, sono carenti da formazione universitaria. Ad esempio, l’82% delle aziende dichiara di voler inserire data scientist (82%) e digital strategist (57%) nel loro team, ma sono pochi i laureati che escono dagli atenei con queste skills. Le company italiane hanno grande bisogno di nuove risorse, tanto che il 71% ha attivato iniziative concrete per l’integrazione di nuovi professionisti appartenenti alla generazione dei millennials. Solo il 27% ha invece avviato programmi di reskilling, molto utili per rimanere al passo con un segmento che per caratteristiche cambia molto velocemente», conclude.

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Mischiare gli ingredienti

«Per abilitare la rivoluzione digitale abbiamo pero bisogno di alcuni ingredienti che ci aiutino a creare valore sull’infrastruttura. Il nostro è un Paese che sconta un ritardo nella penetrazione delle reti ultra broadband, risultato di una carenza di investimenti e di competizione nel mercato delle telco. Scontiamo una minore diffusione della fibra e usiamo il mobile per tutti i servizi. Questo non è il modo giusto per creare smart city e smart citizien. Bisogna recuperare il gap infrastrutturale», è il parere di Elisabetta Ripa, amministratore delegato open fiber e membro advisory board IAB Italia. Oltre a superare questo dislivello, che rappresenta un forte impedimento per tenere la velocità di sviluppo delle aree più avanzate, bisogna aver chiaro in mente cosa va sistemato, così da non farsi trovare impreparati. «Bisogna capire da dove arriva il cambiamento e mettere allo stesso tavolo gente con punti di vista diversi, così da creare un confronto costruttivo», aggiunge Noseda. Un punto fermo di questo processo è l’utilizzo della blockchain, che sposta il livello della rete «da internet of information a internet of value, dove lo scambio sarà tra gli asset», prosegue lo scrittore Jim Harris. In un ecosistema del genere «bisogna sporcarsi le mani, comunicare in modo contemporaneo. Essere conservativi è anacronistico, e l’inazione porta inesorabilmente all’oblio, alla perdita di awaraness», aggiunge Antonio Campo Dall’Orto, membro dell’advisory board di IAB Italia.  Se questo è il monito ai marketer, Ferruccio De Bortoli, giornalista e presidente dell’advisory board di IAB Italia, chiude con un appunto al mercato «Senza regole non esiste la libertà né il riconoscimento del merito del lavoro. Queste regole non bisogna subirle, e nemmeno opporsi, altrimenti si perde di credibilità». Bisogna invece rispettarle e cercare di interpretarne il senso per raggiungere i risultati a cui si aspira.