Autore: Redazione
13/04/2023

Dallo storytelling allo storydoing, LDB festeggia i suoi primi sessanta anni

Le avventure di un’agenzia nata al di fuori del centro pubblicitario nazionale, Milano. Da Bologna all’intero Paese, i cambiamenti non solo operativi ma anche sociali, il presente e gli obiettivi di una sigla che guarda sempre avanti nelle parole del suo co-direttore Francesco Bettelli

Dallo storytelling allo storydoing, LDB festeggia i suoi primi sessanta anni

Francesco Bettelli

Gli anni 60, storia e leggenda che incrociano i loro passi, fotografie di un’epoca dorata, di un’Italia che raccoglie i frutti della ricostruzione, che si presenta in splendida forma ai blocchi di partenza del cosiddetto boom economico, che festeggia la Dolce Vita, che espande la propria influenza oltre confine, che avvia i primi passi del made in Italy. Un panorama alimentato e arricchito da una tv che si fa sempre più presente e dai colori di forme pubblicitarie futuristiche che però, nella versione catodica in bianco e nero, dilatano esperienze già consolidate: il Carosello. E tra gli studi cinematografici appannaggio della Capitale e le nascenti agenzie di un primigenio adv situate a Milano, ci si può ancora sorprendere nel ricordare che quell’energia si avvertiva anche in altri centri, per esempio a Bologna. E proprio nel capoluogo emiliano-romagnolo, nel 1962, nasceva LDB, fondata da Elio Lega, Guido De Maria e Luigi Bettelli, oggi diretta dai fratelli Francesco e Filippo Bettelli. Gli anni 60 e i 60 anni festeggiati dall’agenzia, anche con una serie di iniziative dedicate, un documentario, un ciclo di incontri per raccontare la comunicazione e le sue trasformazioni, per ipotizzarne anche i tracciati futuri. Per l’occasione, DailyNet incontra Francesco Bettelli (protagonista della puntata di DailyOnAir - The Sound Of Adv), in LDB dal 1993, dapprima come copywriter, poi in qualità di direttore creativo e, infine, come co-guida di una struttura che può vantare tra i clienti brand come Volvo Car Italia, Pera dell’Emilia Romagna IGP, Ducati Motor Holding, Sigma Supermercati, Golden Lady, Scrigno, Cifo, Segafredo Zanetti, Sancrispino, Mielizia, Faber.

Facciamo partire la macchina del tempo: come si è evoluta l’agenzia dagli anni 60 a oggi?

«È scontato sottolinearlo, ma con gli anni 60 parliamo di un mondo completamente diverso: una società che si stava rivelando, un mercato che organizzava il suo presente ma anche il futuro. Era il periodo dei “Caroselli”, una forma di comunicazione pubblicitaria televisiva del tutto italiana, un’esperienza che ha creato la nostra tipicità nazionale, ma che allo stesso tempo ci ha un po’ frenato nel suo essere così distante dall’adv classico. Il Carosello era prima di tutto uno spettacolo e solo gli ultimi 30 secondi parlavano del prodotto, lo promuovevano. Un’epoca che aveva bisogno di scrittori e registi e, non a caso, LDB nasceva da una costola di una casa di produzione. Poi, con il passare degli anni, si cominciarono a chiedere servizi più specifici - la pianificazione media, il marketing, le indagini di mercato - il Carosello terminò progressivamente la sua spinta e da lì nacquero le agenzie pubblicitarie in senso “moderno”. A quel punto, cambiò tutto, complice la nascita della tv commerciale, l’avvento di Berlusconi. Le agenzie non dovevano più rifarsi a interlocutori solo istituzionali, parliamo della Rai e di tutto quello che ruotava intorno a un media di Stato e alle non poche problematiche che si portava dietro, in primis il problema della censura. Nacquero così rapporti più rapidi, agili e la cosa ebbe ripercussioni sui comunicati promozionali, che potevano contare su un’attrattiva commerciale più forte. Nel vento di questo cambiamento, occorre precisare che le cose si facevano ancora a mano, un’artigianalità molto professionale. D’un tratto, ecco arrivare i computer, un passaggio fantastico, e poi il digital, il social e siamo ai giorni d’oggi. LDB ha via via cambiato pelle ma senza tradire lo spirito creativo. Oggi ci muoviamo sempre con l’obiettivo puntato sulla creatività e sul pensiero strategico. Nell’era dei di big data, l’artigianalità si è persa, molte professionalità sono minacciate dalla A.I. In ogni caso, la creatività rimane il motore».

Oggi come potremmo definire LDB?

«Come un’agenzia digital-analogica, ossia siamo sempre noi, ma ci siamo adattati al nuovo mondo. Le aziende vogliono costruire discorsi di valore con l’utente e noi li aiutiamo su tutti i media, nuovi ma anche classici, sfruttando tutti gli strumenti del momento, per creare relazioni, con idee che siano sempre distintive. Al giorno d’oggi si punta sulla strategia, dal principio capiamo dove il cliente voglia andare, si crea così un processo che ne genera altri. Costruiamo campagne crossmediali, che dipendono dal budget, dagli obiettivi. Ecco perché il discorso strategico è fondamentale».

Cosa vuol dire oggi la creatività pubblicitaria? 

«Viviamo in un’epoca molto distratta e assai frettolosa, siamo sempre lo smartphone in mano. Le possibilità sono enormi, è finita l’epoca del 30” (diventato presto 15”), ma quello che conta sono i valori, quei “pillars” sui quali le aziende costruiscono la relazione con il cliente/utente. Siamo immersi nei tempi in cui viviamo: la crescita non dipende più solo e soltanto dal profitto. Il nostro benessere va di pari passo con quello del pianeta e delle altre persone. Cosa facciamo per cambiare le cose? Qual è il nostro purpose? Questa è la sfida interessante, anche dal punto di vista dell’advertising. Operiamo in un momento di grande trasformazione e la gente vuole sentire, vedere determinati discorsi e non si può non affrontarli. La sfida è saperli inserire in maniera organica in un percorso di comunicazione. I tempi indicano, dettano le macro aree, le tendenze che devono sempre essere tenute in considerazione. Possiamo anche avere delle grandi idee, ma magari quelle stesse non sono così fondamentali nel pensiero dell’utente attuale. La forme di rappresentazione di un tempo oggi avrebbero difficoltà a emergere, all’interno di un mondo abituato alla connessione, alla repentinità. Viviamo sull’onda della emotività. Come può agire allora la creatività? abbassando la metafora e mettendo in evidenza la verità; in pratica, occorre adattare. Il cambio tecnologico presuppone un mutamento di estetica ed è molto sfidante, stimolante».

Magari, un giorno, gli antichi stilemi potrebbero rifarsi vivi…

«I cicli storici, eppure non sono sicuro che avremo più bisogno di una creatività classica, quella che ci ha nutrito e accompagnato tra gli anni 70 e i 2000, anche se ci saranno sempre, qui e là, degli spunti in tal senso. Ormai siamo passati dallo storytelling alla storydoing, c’è una maggiore consapevolezza rispetto a molti temi, siamo passati, per esempio, dalle pubblicità di auto, alla mobilità sostenibile: un rapporto diverso. Abbiamo assistito a un passaggio epocale, dall’hardware al software. Oggi è tutto più immateriale».

Tra mille cambiamenti stagionali, come avete vissuto l’ultimo triennio?

«Non è stato un periodo fortunato: la pandemia e le sue tristezze, gli strascichi che ancora si avvertono forti, ma abbiamo reagito abbastanza bene, ci siamo riorganizzati, abbiamo implementato lo smart working. Se hai una squadra affiatata certe crisi ti puniscono poco, ma il non vedersi come prima taglia in qualche modo lo scambio di energia. Il lavoro è fatto di varie fasi e nel brainstorming serve guardarsi, toccarsi. C’è però una quota smartworking ormai acquisita. Fortunatamente stanno tornando i meeting, i pranzi di lavoro, gli incontri che rappresentano il sale del nostro lavoro».

Quali sono i settori in cui operate?

«Abbiamo maturato esperienze solide in diversi settori: automotive, moto, food, casa, arredamento, banche. Ci piacerebbe approfondire il settore farmaceutico, perché negli anni si è capito quanto sia fondamentale e ci sono tante cose da fare sul profilo valoriale. Prima magari non era così avvincente, molto specifico, ora invece abbiamo capito che c’è bisogno di queste cose, con determinati valori, con l’etica in primo piano».

Una recente campagna cui siete affezionati e che possa raccontare LDB? 

«Quella dedicata alla Pera dell’Emilia Romagna IGP, una comunicazione che può spiazzare, con lo spot che parte come si stesse parlando di un nuovo device, invece si parla di una pera, che non sembra avere nulla a che fare con l’innovazione, invece fa parte di un settore allargato; l’abbiamo raccontato, tra quello che c’era prima, durante e dopo, abbiamo descritto un approccio al food non tradizionale. Un altro esempio è la campagna Mielizia, con “La Protesta Dei Bambini”. In generale, sono restio nel fare qualcosa che è già stato realizzato. È un qualcosa che fa parte del nostro DNA. Per fare un esempio di qualche anno fa: la campagna che disegnammo nel 2004 per l’insegna della grande distribuzione Sigma, che vedeva come protagoniste due “vecchiette”, che sembrava potesse contare su un budget enorme, ma non era così, era “solo” originale e pertanto memorabile».

Abbiamo parlato dei nuovi device, e la tv?

«È sempre importante e ci piace: puoi costruire un classico 30” per poi fare tutto il resto sul digitale, il che dà la possibilità di esplodere maggiormente il concetto creativo, raccontare, argomentare. Ma, e mi ripeto, serve sempre l’emozionalità, un vero e proprio mantra».

Come sarà il 2023 di LDB?

«Nel 2023 continueremo a lavorare sui valori e sui purpose, un tempo patrimonio solo delle di alcune aziende particolarmente innovative, guidate da personaggi visionari. Oggi serve consapevolezza ed è su questa necessità che vogliamo sviluppare la nostra creatività per le aziende. Al momento ritengo questa la parte più interessante e sfidante del nostro lavoro».