Come collaborano le nuove generazioni, sul nuovo Weconomy l’analisi approfondita
Il quaderno, realizzato dalla Service Design Company Logotel, propone oltre 20 punti di vista, tra i quali quello di Simone Colombo, social & business community senior manager di Logotel

Dai Baby Boomer ai Millennial, dalla Generazione X alla Z: come convivono tra conflitti e collaborazione? Come vivono il tempo, lo spazio, il linguaggio nella vita e nel lavoro? Quali motivazioni li animano? Come impostano le relazioni? Questi e altri i temi indagati da oltre 20 tra autori ed esperti intervistati con punti di vista diversi e di tutte le generazioni nel quaderno Weconomy #11 “Quid Novi? – Generazioni che collaborano”, scaricabile gratuitamente dal sito www.weconomy.it e realizzato dalla service design company Logotel. Tra i vari interventi, ospitiamo quello di Simone Colombo, social & business community senior manager di Logotel, che mette a tacere i luoghi comuni che girano sui Millennial, sostenendo che imprese e leader dovrebbero imparare a valorizzare quanto le nuove generazioni sono in grado di portare all’interno del mondo del lavoro.
I Millennial conquisteranno il mondo
“Che superficiali! Non sanno andare in profondità come noi”. Scommetto che molti, lavorando con persone più giovani, avranno detto o sentito questa frase. L’attenzione verso l’incontro inter-generazionale è globale. Cerca #millennials o #generationZ o #intergeneration. Puoi trovare i risultati del Bureau of Labor Statistics, uno studio della Oxford Economics, l’opinione del presidente della SAP SuccessFactor, un report Gallup, un’intervista a Simon Sinek (il guru del “know why”). Persino un tweet di Leah Nadeau, artista 25enne di San Francisco che ci dice di stare all’erta perché, presidente Trump o no, i Millennial conquisteranno il mondo. Pare peraltro che se avessero votato solo gli under 35 non ci sarebbero stati né Brexit né Trump. O è più significativa una lettura geografica di questi voti con la categoria a noi più vicina della contrapposizione “città” e “campagna”?
Sapere e comprendere
Ma torniamo al luogo comune della superficialità. Penso a colleghi e Clienti più giovani con cui lavoro (molti) e ai miei familiari under 35 (meno). Penso alla Degrassi Next Class o a Josh di Please Like me (entrambi su Netflix). “I’m googling it”. Se non sai qualcosa cercalo. È la prima generazione a essere entrata nell’adolescenza con accesso istantaneo a ogni informazione. Sapere e comprendere sono cose ben diverse: il problema è l’interpretazione. La trasposizione nell’esperienza. Il racconto che trasforma quello che ho appena letto in una conoscenza e in una “skill”. Ed è per questo che quando racconti cos’hai imparato in 20 anni di lavoro, dando una chiave di lettura, scatta quel processo di fiducia che dà valore alle relazioni. È davvero così diverso rispetto a quanto accadeva tra me e mio padre?
Permanenza degli under 35 nello stesso posto di lavoro
Tutti cerchiamo un rapporto diretto con l’esperienza per sapere di cosa fidarci. I più giovani sono davvero mercenari disposti a cambiare lavoro ogni volta che hanno un’occasione migliore? O sono Imprese e leader a dover ancora imparare a valorizzare quanto le nuove generazioni possono portare? Il Bureau of Labor Statistics (US) dice che in 3 anni la media di permanenza degli under 35 nello stesso posto di lavoro è rimasta praticamente stabile, ma bassa (3,2 anni). Sinek, nella sua intervista a InsideQuest, dice che i Millennial scelgono di continuare con il proprio lavoro se questo permette loro di avere un impatto. Ed è qui che tocchiamo il punto. Una differenza c’è ed è sostanziale. I più giovani sentono di non poter aver impatto sull’Impresa “tradizionale”, quella ancorata a un mondo che non ci sarà più.
Il 2030
Pare che nel 2030, secondo il World Economic Forum, quando non ci saranno più prodotti ma solo servizi, non faremo più shopping e non possederemo nulla, né una casa, né un’auto, né la nostra privacy. E non potremo essere più felici. Come ogni cambio generazionale anche questo impone le difficoltà della convivenza. Vero è che non abbiamo mai avuto 5 generazioni insieme al lavoro, cosa che accadrà intorno al 2020 (Bureau of Labor Statistics). Ma il problema è piuttosto la leadership dell’Impresa che dovrebbe portare a quel futuro, a quello spazio collaborativo meno formale e più “divertente” che le nuove generazioni cercano. Un mondo dove nessuno potrà smettere di imparare e anzi la capacità di farlo continuamente diventerà la vera cifra del nostro “impatto”.