Autore: Redazione
14/12/2017

Facebook: «Video e instant messaging al centro dei progetti futuri»

Lo dichiara a DailyNet il country director Luca Colombo, che fa un bilancio dell’anno che sta volgendo al termine. E il focus è anche sulla camera e il rapporto con gli editori

Facebook: «Video e instant messaging al centro dei progetti futuri»

«Per Facebook l’Italia rappresenta un mercato molto importante. I nostri connazionali hanno una vera e propria passione nei confronti del social network, che proprio nello Stivale conta un numero di amici per singolo utente più alto rispetto ad altri Paesi». Lo dichiara Luca Colombo, country director dell’azienda in un’intervista in esclusiva a DailyNet, in cui stila un bilancio del 2017 e anticipa alcune delle tendenze che caratterizzeranno l’anno prossimo. Partiamo dai numeri: gli accessi mensili su Facebook sono 30 milioni, di cui 29 milioni avvengono tramite mobile. Su base giornaliera la navigazione riguarda 25 milioni di italiani (24 milioni da mobile). «E il tempo speso è in aumento, con un bilanciamento che si sta spostando a favore del mobile», puntualizza il manager. Instagram conta 14 milioni di utenti mensili, sono 800 milioni a livello mondiale, di cui 500 milioni riguardano la sfera quotidiana. Un vero e proprio ecosistema che è composto anche da Messenger e WhatsApp, due applicazioni di instant messaging utilizzate ogni mese da 1,3 miliardi di persone nel mondo.

Gli editori e i contenuti di qualità sono importanti per Facebook e sono alla base del successo della piattaforma. Qual è il suo giudizio in merito, in un contesto in cui il dibattito intorno alle fake news si sta accendendo, in vista anche delle prossime elezioni?

La lotta contro la disinformazione è una priorità per Facebook e conseguentemente lo sono anche le fake news. Le persone vogliono trovare su Facebook informazioni corrette ed è quello che vogliamo anche noi. Per questo siamo fortemente impegnati a comprendere le necessità degli utenti e a servirli nel miglior modo possibile. Prova ne è il tavolo di lavoro contro la disinformazione istituito dall’AgCom, di cui facciamo parte con associazioni, aziende ed esponenti del mondo publishing. A gennaio 2017 abbiamo anche lanciato il Facebook Journalism Project, un programma volto a stabilire una collaborazione più solida tra Facebook e il settore dell’informazione, per sviluppare nuovi prodotti e per capire come fornire alle persone le conoscenze necessarie per diventare lettori consapevoli nell’era digitale. Tra le azioni che stiamo mettendo in campo un elemento fondamentale è l’interruzione degli incentivi economici, dato che la maggior parte delle false news ha una motivazione finanziaria. Anche dare alle persone gli strumenti necessari per permettere loro di prendere decisioni informate sulle notizie che leggono, è un fattore cruciale: in questo senso abbiamo deciso di evidenziare i loghi degli editori a fianco delle notizie, per mostrare in modo chiaro la provenienza dei contenuti che si leggono, oltre a partecipare attivamente in Italia alla campagna “Basta Bufale”, promossa dalla presidente della Camera Laura Boldrini e dalla Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, insieme a noi, Google e Fieg. In sintesi penso che nel giro di un anno siano state fatte moltissime cose, pur sapendo che questo è solo una parte del percorso. Sentiamo la responsabilità affinché la nostra piattaforma sia un luogo sicuro per utenti, editori e inserzionisti e la scelta di assumere migliaia di nuove figure per il controllo dei contenuti, a discapito dei profitti, è la testimonianza della volontà di Facebook di mettere sempre il consumatore al centro.

Rimaniamo sul tema degli editori, qual è il loro grado di maturità nell’utilizzo di Facebook?

Notiamo che ci sono publisher più attivi di altri, ma è un fatto normale. Sono però convinto che esistono dei fattori, che, se ben sfruttati, consentano di esprimere appieno il potenziale di Facebook dal punto di vista degli editori. Si tratta della conoscenza della tecnologia, della propensione al cambiamento e dell’apertura, ossia la consapevolezza che per risolvere i problemi dell’industry occorra collaborare. L’ultimo, in particolare, in un ambiente complesso come è oggi il mondo dei media, è stato alla base del successo di alcuni brand editoriali, tra cui posso citare Fanpage.it e Frida. Ma ci sono anche molti altri publisher che hanno ben saputo coniugare l’eredità del business tradizionale con la tecnologia di Facebook. Per concludere, credo che gli editori italiani siano per molti versi simili a quelli del resto del mondo.

In tanti hanno detto che Facebook è un vero e proprio media.

Noi non produciamo contenuti, ma ci sta a cuore la loro qualità. Siamo concentrati sul favorire la distribuzione delle notizie e pensiamo di poter giocare un ruolo importante. Come già detto siamo aperti a discutere e collaborare seriamente con chiunque lo desideri.

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Luca Colombo

Il video è sempre più presente nel news feed, qual è la vostra strategia in materia?

Siamo una company camera-first. Dalla camera dei nostri dispositivi si può fare tutto e il video è una delle tante declinazioni. Per esempio si può interagire con la realtà aumentata, o ancora realizzare delle Stories, le possibilità sono quasi infinite. Per quanto riguarda il video credo che ormai la gran parte di aziende, editori e utenti che utilizzano Facebook ne abbia compreso le potenzialità.

Negli Stati Uniti avete lanciato Watch, arriverà in Italia?

Per ora si tratta di una fase di test. Quando sperimentiamo qualche novità aspettiamo sempre di capire a fondo la risposta dell’audience, prima di esportarla su larga scala. Watch è una strada che stiamo percorrendo per vedere se contenuti più lunghi e professionali possano trovare spazio sulla piattaforma, ma non è detto che verrà estesa definitivamente in tutto il mondo. Faccio un esempio: quando abbiamo lanciato i video ads abbiamo condotto esperimenti per circa due anni. Ci vuole tempo per capire e si può anche sbagliare, con una convinzione: al centro del nostro operato siede sempre l’utente.

Abbiamo parlato degli editori. Come evolve, invece, il rapporto con le aziende?

Se guardo agli ultimi sette anni credo che il lavoro di educazione e di spiegazione delle possibilità della piattaforma sia stato davvero intenso. Oggi Facebook dà l’opportunità di contattare 25 milioni di consumatori al giorno e la proposta commerciale è ormai diversificata, con tantissimi strumenti al servizio degli inserzionisti. La sfida è creare e garantire un prodotto che supporti le aziende che pianificano a ottimizzare il proprio budget, in modo funzionale rispetto al ROI e agli obiettivi prefissati. Un’altra sfida è rappresentata dalla capacità di realizzazione di progetti tarati non solo sugli obiettivi, ma anche sul giusto canale, un tema connesso alla creatività. Per questo, come Facebook, non dobbiamo stancarci mai di raccontare e raccontarci e fornire un aiuto continuo ai nostri interlocutori, siano essi agenzie o clienti diretti, con cui ci interfacciamo.

Quali sono le categorie merceologiche più attive su Facebook?

Più che di categorie, mi piace ricordare che oltre a tutte le grandi aziende, le PMI sono una categoria di aziende sempre più importante. Oggi abbiamo 6 milioni di inserzionisti nel mondo, altri 2 milioni su Instagram, mentre le pagine di aziende sono rispettivamente 70 e 25 milioni. E ci sono sempre più agenzie specializzate nella strategia social per le PMI, un nuovo mercato. Ciò non significa che alcune tipologie di spender siano avvantaggiate, anzi su Facebook tutti hanno a disposizione gli stessi strumenti.

Un capitolo a parte lo merita proprio Instagram.

La parabola di Instagram è esemplificativa della strategia di Facebook: quando l’abbiamo acquisita, la piattaforma totalizzava 30 milioni di utenti e grazie a innovazioni continue siamo riusciti a costruire un’audience davvero rilevante, pari a 800 milioni di user mensili. Siamo stati capaci di intercettare il trend delle immagini e della voglia di esprimersi delle persone, per poi evolvere nella direzione del video, e delle Stories, create giornalmente da 300 milioni di instagrammers. E a proposito di Stories, evidenziamo un elevato uso da parte degli italiani, quasi il doppio rispetto agli altri mercati mondiali, a conferma di quella passione verso i social di cui accennavo inizialmente.

Torniamo sulla misurazione, ci sono novità?

Dopo gli errori annunciati l’anno scorso ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto un importante lavoro. Al di là di specifiche attività, come il recente accordo con Meetrics per la rilevazione della viewability, per noi garantire una precisa misurazione dei risultati e degli obiettivi rimane fondamentale. In questo senso uno dei nostri focus, oggi, è volto alla creazione di un ponte tra le attività online e le vendite sul negozio fisico, per dare numeri concreti agli inserzionisti.

Quali saranno i trend futuri?

Il segmento dell’instant messaging è sicuramente uno dei più interessanti. Possediamo Messenger e WhatsApp che sono complementari dal punto di vista geografico: il primo è leader negli Stati Uniti, mentre il secondo è più utilizzato in altri mercati, compresi quelli europei. E se da un lato Messenger è un laboratorio di business, come confermano i primi esperimenti ecommerce, customer service, o i bot, dall’altro per WhatsApp la nostra missione è quella di offrire un servizio a più utenti. Secondo il Censis, in Italia a ogni smartphone corrisponde un utente WhatsApp, un asset che per noi è strategico e che, al pari di Instagram, è stato oggetto di un lavoro volto ad aumentare la qualità dell’esperienza e dei volumi dell’audience, arrivata a quota 1 miliardo di persone al giorno. Infine siamo impegnati a sviluppare l’area search e Workplace, insieme ai Gruppi, che sono utilizzati anch’essi da 1 miliardo di persone.