Autore: Redazione
03/10/2018

Come sta cambiando Amazon? L’intervista a Mattia Stuani, CEO di Xingu

La piattaforma è un mezzo di comunicazione sempre più strategico per le aziende, come dimostrato dai numeri pubblicitari fatti segnare di recente. Il numero uno della struttura illustra a DailyNet le più recenti evoluzioni del mezzo e le modalità migliori per approcciarlo

Come sta cambiando Amazon? L’intervista a Mattia Stuani, CEO di Xingu

È ormai arcinoto che Amazon è tutto al di fuori che un semplice ecommerce e che la sua dimensione ha raggiunto forme tali da farne un colosso realmente globale, con implicazioni rilevanti anche su rami di business in passato trascurati, vedi la pubblicità. Per capirlo basta leggere qualche numero: il 4 settembre Amazon ha raggiunto la cifra record di un trilione di dollari di capitalizzazione - (1.000 miliardi di dollari) -, la seconda società in assoluto a riuscirci dopo Apple, da cui è stata preceduta solo di qualche settimana. Chi possedeva un’azione Amazon un anno fa ne ha più che duplicato il valore, passando da 961 a 1934 dollari nel giro di dodici mesi. Una crescita record in cui si nota il deciso andamento verso l’alto del segmento pubblicitario. Nel secondo trimestre di quest’anno, infatti,  la voce “Altri Ricavi”, cui fa capo l’advertising, ha segnato introiti per 2,2 miliardi, a +132% nel confronto con il pari periodo. Ed ancora Amazon supererà Microsoft e salirà sul podio della pubblicità digitale statunitense dietro a Google e Facebook (fonte: eMarketer 2018). Evidenze chiare, immediate e nette, ma com’è possibile sfruttare al meglio la piattaforma? A rispondere a questa e altre domande Mattia Stuani, CEO di Xingu, neonata agenzia italiana specializzata nel supportare le imprese a sfruttare le capacità offerte da Amazon.

Amazon fa numeri importanti, ma in che modo possono trarne valore le aziende, sia da un punto di vista di presenza sia da un altro di comunicazione?

Il presupposto è che Amazon è diventata una piattaforma matura. È un riferimento per i consumatori, che la usano per scoprire prodotti, acquistare e cercare le migliori offerte. È diventata fondamentale per i merchant e i retailer di tutti i settori e di tutte le dimensioni, che non possono farne a meno. Ed è sempre più importante anche sotto il profilo della pubblicità: oggi c’è davvero tanta competizione e se ci si vuole posizionare in cima ai risultati di ricerca si possono affiancare degli investimenti marketing alle attività SEO, com’è successo con Google AdWords (oggi Google Ads, ndr) diversi anni fa. Infine, stanno cambiando diverse dinamiche all’interno della piattaforma, che costringeranno le aziende a prendere ancora più confidenza con gli strumenti messi a disposizione.

Come mai stanno cambiando le dinamiche? E perché sostiene che le aziende debbano evolvere la loro presenza su Amazon?

Al di là dei numeri e delle analisi che ci confermano che la ricerca di prodotti e servizi passa sempre più attraverso Amazon a discapito di Google, l’azienda di Seattle ha apportato diversi aggiornamenti ai prodotti offerti ai merchant e alle aziende. Se, in passato, Amazon era interessato ad attrarre a sé soprattutto retailer e produttori, oggi la società ha sviluppato delle soluzioni in grado di garantire a qualsiasi brand la gestione autonoma della propria presenza sul sito. L’iscrizione alla sezione di Brand Registry è uno dei primi servizi in cui assistiamo i marchi perché cambia totalmente la presenza delle imprese su Amazon. I servizi sono sempre di più, insomma, ma l’azienda deve prendere in carico la conduzione delle operazioni su Amazon. Realtà come Xingu possono rappresentare un valido supporto in questo senso. In particolare, oggi Amazon sta spingendo sul canale Seller, cui le aziende possono iscriversi per poi operare in totale indipendenza. Da una logica di spinta maggiormente sul retail si è passati a quella di marketplace. Una trasformazione importante, che deve essere compresa, digerita e guidata. E soprattutto, l’una non esclude l’altra.

Questa strategia di Amazon può avere impatti sui reseller?

Certamente le evoluzioni portano con sé degli effetti. Facciamo un esempio: ci sono dei distributori che vendono device tecnologici e si sa che il mercato della consumer electronics su Amazon ha quote di buy box fortemente sbilanciate a favore dei rivenditori che sfruttano il mercato parallelo. Grazie al nostro tool sviluppato per la Brand Protection, aiutiamo a tracciare nel dettaglio e costantemente la tracciabilità di chi si aggiudica la vendita del prodotto con dovizia di particolari. L’obiettivo è aiutare il brand con un’intelligence che gli consenta di negoziare accordi commerciali di distribuzione in un mondo dove Amazon è un canale molto importante, che non era previsto dalle logiche contrattuali che spesso sono immutate da anni. Più il brand entra direttamente su Amazon, più ne può guadagnare a livello di volumi e marginalità a patto che abbia il controllo della distribuzione dei suoi prodotti sul canale.

Quali sono i pro e i contro di questa trasformazione?

Non mi vorrei focalizzare sui pro e i contro, ma preferisco sottolineare alcune tendenze. Se da un lato, come già spiegato, c’è maggiore competizione, dall’altro Amazon è focalizzata più sull’esperienza del consumatore che sul supporto diretto alle aziende. Questo viene descritto bene nel virtous cycle (immagine sotto ) di Jeff Bezos.  La competizione potrebbe a un primo sguardo penalizzare gli attori più piccoli, che magari non dispongono degli strumenti ad hoc per massimizzare le proprie operazioni sulla piattaforma. Ma anche questo tipo di imprese ha l’opportunità di mettere a frutto la sua presenza su Amazon. Io credo che occorra prendere coscienza del mezzo, investire, acquisire il know how e dotarsi delle figure professionali più adatte. Abbiamo prodotti di brand che crescono organicamente il 100% al mese, e non vi dico che fatica per convicerli ad aprire il canale Amazon. Altri sono in contesti già saturi dove è necessaria una strategia a 360 gradi che preveda investimenti per ottenere dei ritorni. Il punto è che se non vendi su Amazon, faresti molto più fatica sugli altri canali online.

Amazon è un attore rilevante anche in campo pubblicitario, a che punto siamo con la misurazione?

Rispetto a Facebook e Google, in quest’ambito Amazon si trova chiaramente ancora indietro. La società ha da poco attivato un’offerta advertising che possa essere paragonata ai primi della classe: in una prima fase, infatti, l’azienda si è impegnata nell’aumento dei volumi del traffico, ora è pronta veramente a monetizzarlo. Oggi Amazon è sempre di più la landing page dove i brand investono il proprio denaro, perché la piattaforma genera vantaggi tangibili. Per esempio, il ROI che può dare la Search, che è poi anche l’area di marketing che assorbe la quantità maggiore di investimenti, non è paragonabile a quello di nessun altro canale soprattutto se consideriamo le inefficienze degli ecommerce: l’ecommerce cresce a doppia cifra grazie al marketplace. In questo contesto in costante mutamento Amazon ha rilasciato un tool per l’attribuzione negli Stati Uniti, che dovrebbe arrivare in Italia già nei prossimi mesi. L’obiettivo è quello di arrivare a collegare la pubblicità alle vendite online, perché, sì, spesso Amazon viene utilizzato solo per la discovery dei prodotti. Il dato di cui dispone, ancora, ha un valore maggiore di quello dei rivali della Silicon Valley, perché direttamente connesso a interessi o azioni d’acquisto.

La società ha lanciato a inizio settembre Amazon Advertising, un nuovo brand che raccoglie tutta l’offerta del Gruppo. Quali sono, secondo lei, i motivi?

Il processo di unificazione della proposta pubblicitaria è legato al tema della complessità. L’azienda programma continuamente lo sviluppo e la release di nuovi prodotti che rendono più complessa e articolata l’offerta e ha così deciso di semplificare il prodotto nel suo insieme. Inoltre ci sarà un ulteriore consolidamento delle piattaforme Vendor Central e Seller Central, a oggi ancora separate, ma destinate a confluire sotto un unico cappello. Questo perché la pubblicità sta assumendo sempre più importanza e una connotazione a sé stante. In Xingu pensiamo che sia intenzione di Amazon fornire le stesse capacità a Seller e Vendor nel breve periodo. In ogni caso, sono convinto che per fare pubblicità su Amazon sia molto importante scendere a livello di codice e algoritmo e soprattutto essere ben informati della sua architettura. Mi spiego con un esempio concreto: il codice del sito considera i brand alla pari delle categorie merceologiche. È un fattore fondamentale nella pianificazione delle keywords della search sponsorizzata e della SEO, di cui ci siamo accorti grazie alla nostra divisione interna deputata alla creazione di piattaforme di analytics e automazione connesse ad Amazon.

È soddisfatto della risposta del mercato all’offerta dell’agenzia?

Devo dire che siamo rimasti stupiti dalla fortissima richiesta dei nostri servizi da parte di brand dalla varia estrazione merceologica e con dimensioni anche molto diverse. E le collaborazioni toccano spesso più mercati, dall’Italia curiamo attività per tutti i marketplace globali di Amazon. Oggi le aziende si stanno accorgendo che per essere presenti su Amazon non basta più vendere prodotti alla divisione Retali, che è invece il primo passo, ma che occorre strutturarsi dando la giusta dignità al mezzo e sviluppando una strategia multidisciplinare che tocchi il dipartimento digital marketing, trade marketing e vendite. E noi siamo qui per accompagnarle unendo i puntini e massimizzando il potenziale.