Autore: Redazione
11/04/2018

Alberto Contri, Andrea Concato e Roberto Fiamenghi presentano Social Value

La sigla è attiva da quasi un anno: una struttura che offre consulenza strategica e creativa per la definizione del valore distintivo di marca, la sua reputazione, il ruolo sociale, la gestione della comunicazione e dei rapporti con le agenzie

Alberto Contri, Andrea Concato e Roberto Fiamenghi presentano Social Value

Si chiama Social Value ed è un’agenzia che cela tre nomi prestigiosi della comunicazione nazionale: Alberto Contri, Andrea Concato e Roberto Fiamenghi. Tre professionisti al passo con tempi frenetici, ma sospettosi sui nuovi tragitti della trasformazione digitale, consapevoli che Le marche vincono se si costruisce un tragitto ammirazione-rispetto-amore. Perché c’è sempre qualcuno che può offrire un prodotto analogo, o un prezzo più basso. Il marketing è fatto di valori. E per farlo non si può lavorare solo con tecnici e computer, ma con planner, creativi, visionari di valore, con esperienza e conoscenza di persone e mercati, capaci di costruire una differenza.

Migliorare il pensiero strategico

Alberto Contri (che ha illustrato nel suo saggio “McLuhan non abita più qui?” i nuovi scenari della comunicazione nell’era della costante attenzione parziale), dichiara: “Lavoriamo con i vertici delle marche in forma riservata. A volte diamo consigli su un cruciale problema di reputazione. A volte sul valore centrale della marca, e sulla sua ragione di essere. A volte sulla scelta dell’agenzia giusta. Non dimenticando mai la lezione di David L. Rogers, autore di “Digital Transformation Playbook”, che dice: “La trasformazione digitale non riguarda l’innovazione tecnologica, ma il miglioramento del nostro pensiero strategico”.

Non cadere nell’illusione dei big data

Andrea Concato spiega: “È urgente che le marche non cadano nell’illusione dei big data, che al fondo fanno arrivare alla persona giusta, al momento giusto, un’offerta commerciale, e tornino a lavorare sulla propria identità, i propri valori distintivi. Se il gioco risiede soltanto nell’offerta vincono Primark e la private label di Amazon. E allora ci si fa davvero male. I dati ti possono solo mettere di fronte a Gino, di cui sai tutto, ma poi sapergli dire qualcosa che lo aiuti ad ammirare, rispettare, amare la tua marca”.

Meno quantità più qualità

Anche Roberto Fiamenghi si aggiunge ai commenti: “Quello che sta succedendo è un po’ come se stessero nascendo molte startup capaci di farti arrivare del cibo dovunque tu sia quando hai fame. Ma che nessuno si occupi più dell’alta qualità del cibo. Basta guardare la qualità dei popup sul mobile che vediamo per capire che è solo junk food. Spreco di investimenti. Le marche devono saper esprimere valori distintivi, ammirabili e condivisibili. Le marche di successo fanno così. Ieri questo era chiamato strategia di marca. Oggi è un passaggio cruciale per competere con successo nei mercati”.

L'intervista

“È il modo di pensare pubblicità a essere entrato in crisi”

Alberto Contri, da più parti definito massimo esperto di comunicazione sociale, si unisce a due creativi di grande esperienza.

Come mai?

“Dopo sedici anni di lavoro gratuito come presidente operativo di Pubblicità Progresso, un lavoro che continuo a svolgere come mia personale forma di charity verso la società, ho deciso che fosse il caso di far fruttare un po’ la grande esperienza accumulata. Così, insieme ad Andrea Concato e a Roberto Fiamenghi ci siamo trovati a realizzare una campagna in favore della donazione organi che il World Economic Forum ha ritenuto essere una delle più performanti del mondo. Poi, in seguito ad alcune richieste abbiamo pensato di strutturare meglio un’offerta di pensiero in un momento di grande sbandamento per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria.

Una nuova struttura di comunicazione proprio nel pieno della grande crisi attraversata dalle agenzie di pubblicità?

Più che altro ritengo si tratti di una crisi del modo di pensare la pubblicità: sembra sia tutto tattico, tutto digitale, con una firma restigiosa come Merryl Linch che preconizza la fine dello storytelling e la nascita di nuovo “marketing data driven” in cui contano gli algoritmi. Il che ha fatto scendere notevolmente - insieme alle riduzioni dei budget delle multinazionali - il valore in Borsa di un gigante come WWP.

Lei ha anche parlato recentemente di “lento suicidio delle agenzie  di pubblicità”. Cosa ha inteso dire?

Volevo significare che continuando a privilegiare, ormai da anni, l’acquisto mezzi - l’attività di maggiore e sicura profittabilità per le agenzie - creatività e consulenza strategica sono passate in secondo piano. Quando fui presidente dell’AssAP (l’AssoCom di oggi) condussi e persi una dura battaglia contro lo smembramento del servizio completo causato dalla nascita dei centri media. Quanto avessi ragione lo dimostra oggi Marc Pritchard, che al vertice di Procter&Gamble ha voluto creare addirittura un gruppo di lavoro integrato tra agenzie concorrenti per sviluppare i loro brand.

La pubblicità è malata?

Di pressapochismo. Di improvvisazione per nulla creativa. Di miti tecnologici. E di scarsa esperienza. Le previsioni fornite da Merryl Linch sono una vera stupidaggine, e le smentisce Andrea Concato con una intuizione semplice e fulminante: “Quando hai trovato Gino (evviva gli algoritmi, quindi) dovrai pur dirgli qualcosa”.

Perché la vostra società si chiama Social Value?

Ricordiamo bene l’aforisma di Steve Jobs: “Marketing is about values”. Esaminando, poi, le campagne sociali di tutto il mondo, ci siamo accorti che i brand di maggiore tradizione stanno utilizzando i valori sociali a fini commerciali. Si trattadi un lavoro molto delicato, e proprio su questo fronte ci riteniamo estremamente skillati.