Affissioni creative: la comunicazione d’impatto di Artwall
Le strategie di una società che mette in primo piano l’elemento spettacolare per una comunicazione non convenzionale e ricca di passione. L’arte di valorizzare spazi inutilizzati per convertirli in impianti pubblicitari di grandi dimensioni raccontata dal fondatore Vasco Valerio
L’effetto sorpresa, come un’improvvisa palla corta che ti attira a rete, che ti colpisce quando meno te lo aspetti, mentre intorno sembra tutto tranquillo, anche troppo, con la solita ventilazione apprezzabile, il cielo terso, il pubblico un po’ annoiato, la routine che accompagna placida ma che non offre nessuna scossa. Comunicare pubblicitariamente, ma non solo, da che mondo è mondo, significa raggiungere risultati, performare, come dicono nelle scuole di marketing, ma c’è modo e modo. Artwall (http://art-wall.it/), azienda specializzata nella valorizzazione e conversione di spazi inutilizzati a impianti pubblicitari di grandi dimensioni, ha deciso di approcciare modalità spettacolari, dal carattere cinematografico, direbbe qualcuno. Il mondo della celluloide non appare a caso in questo racconto, anche perché il fondatore e titolare della società, Vasco Valerio, ha un passato piuttosto glorioso come esercente di sale. Valerio però aveva bisogno di una scossa, di un qualcosa che potesse solleticare le corde della passione, della creatività. E così, quasi un decennio orsono, all’improvviso, la Galleria Commerciale Porta di Roma ospitava la più grande maxi affissione d’Europa, allestita con pellicola adesiva; da lì si sarebbero susseguite altre installazioni che, a oggi, coprono tutto il territorio nazionale. Oltre la comunicazione classica, e un po’ convenzionale, c’è Artwall ed è proprio Vasco Valerio a raccontarci come funzioni.
Come inizia l’avventura di Artwall?
«Un bel giorno, convinco un amico ad accompagnarmi in un centro commerciale, io esercente cinematografico, veneto di origine, convinto che il lavoro ti debba piacere, consapevole sin dall’inizio di quanto sia difficile gestire sale a distanze, quindi veramente molto appassionato, non solo del mio lavoro, ma di tutto quello che ruota intorno al mondo della comunicazione. L’amico di cui sopra professa il suo totale distacco, quando non disinteresse, io, invece, ne rimango affascinato, catturato, perché vedo la gente che all’interno si muove in un mood rilassato, ne deduco che quindi sia predisposta a ricevere un messaggio pubblicitario. Mi accorgo, soprattutto, che ci sono molti spazi inutilizzati. Il classico momento topico, epocale in cui si accende la lampadina. La prima attività è datata 2014: una torre di 42 metri viene “truccata”, abbellita, si trasforma in una campagna; da quel momento non rimarrà mai vuota. nasce la nuova Galleria Commerciale di Porta di Roma».
Quale è la filosofia di Artwall?
Non vendiamo semplicemente spazi, andiamo incontro alle esigenze del cliente. Partendo dalla spettacolarizzazione della Maxi Affissione, passando per i temporary store costruiamo progetti che accompagnano il cliente nella promozione dei propri prodotti e servizi».
Chi lavora più volentieri con Artwall?
«Di certo non facciamo distinzioni, anche perché tutti vogliono essere protagonisti, dall’automotive al cinema, passando per il food e il beverage».
Magari si tratta di un’impressione errata, ma l’Out Of Home sembrava aver perso un po’ del suo fascino
«In parte è vero, il prestigio legato al mezzo era un po’ calato, complice l’avvento di internet, la progressiva e massiccia digitalizzazione, molto budget è stato dirottato in rete, senza dimenticare la forza tradizionale dello schermo tv. Ma ecco giungere le sirene americane, il loro consiglio: va bene l’outdoor, purché sappia creare emozioni. Un altro fattore basilare, determinante è legato all’esclusività: poter contare su uno schermo lead che magari ti mette accanto ad altre pubblicità che ti danno fastidio, o che poco hanno a che vedere con il tuo mercato di riferimento, può distogliere l’attenzione. Un’affissione ben congegnata ti regala un’esclusività assoluta, ti rende visibile a tutti. Artwall si muove anche attraverso gli schermi lead, ma si tratta veramente di un’altra cosa. Ma non finisce qui: il “temporary shop” rappresenta un ulteriore step, un caso a parte che completa il tutto e che offre la possibilità di un contatto diretto con il cliente; ma non ci fermiamo qui, siamo andati oltre e abbiamo pensato a comunicazioni aggiuntive. Nasce così “Digital Temporary”, una nuova divisione, attraverso la quale perfezioniamo tutto il disegno di Artwall che opera per comunicare, promuovere, ma anche per ravvivare una piazza, abbellirla, arricchire il panorama, in modo da creare attenzione, stupore, interesse. È accaduto di recente nella sede centrale della BNL Paribas a Roma, nei pressi della stazione Tiburtina, con una installazione di 1600 metri quadrati che sta già facendo storia, dedicata all’attività di sponsoring dell’istituto bancario per gli Internazionali di Tennis: una mega pallina che sembra aver colpito il palazzo, per un effetto spettacolare garantito».
A quasi dieci anni dallo start, cosa raccontano i numeri di Artwall?
«Cresciamo ogni stagione del 20%, e anzi per il 2023 ci attendiamo un +30%. La nostra è una famiglia e non un’azienda, lavorare significa passione e stare bene. Siamo stati bravi e fortunati: nessuno fa il nostro mestiere, le offerte ci sono, ma rincorrere il fatturato significa rischiare di perdere il focus, ossia il cliente. Crescere vuol dire anche diversificare le proposte, e così tra una maxi affissione e un “temporary shop”, può capitare di ridefinire il tetto di uno stabile, magari ricreando un vero e proprio centro dedito al padel, come accaduto recentemente. La pubblicità non può essere un tanto al chilo, per noi deve avere un’anima».