AdForm: first-party ID, uno strumento capace di creare valore per gli inserzionisti
La deprecazione dei cookie da parte di Google è stata posticipata al 2023 ma persiste il progressivo emergere di un panorama caratterizzato dalla frammentazione degli identificatori di prima parte, incapaci di sviluppare una reach sufficiente quando utilizzati in modo isolato
Jochen Schlosser
a cura di Jochen Schlosser, Chief Technology Officer di Adform
“Aspetta e spera”: se esiste un proverbio in cui non ci riconosciamo e al quale non aspiriamo è proprio questo. Tuttavia, si tratta dell’approccio che vedo adottare dalla maggior parte di inserzionisti e operatori marketing. La deprecazione dei cookie da parte di Google è stata posticipata al 2023 ma persiste il progressivo emergere di un panorama caratterizzato dalla frammentazione degli identificatori di prima parte, incapaci di sviluppare una reach sufficiente quando utilizzati in modo isolato. Qualcuno potrebbe pensare che i walled garden svilupperanno una loro soluzione, ma ciò permetterà di ottenere maggior scalabilità solo all’interno dei loro confini, rimanendo soggetti alle solite problematiche come la mancanza di trasparenza e controllo. A valle, non può esistere alternativa a un orientamento aperto e agnostico nei confronti degli strumenti di identity. Fortunatamente, uno studio di PricewaterhouseCoopers LLP (PwC) ha evidenziato come un approccio “attendista” o troppo lento significhi oggi una tangibile perdita di opportunità e di business. Un utilizzo agnostico degli identificatori di prima parte, infatti, è già in grado di produrre numeri davvero notevoli: secondo l’analisi l’addressable reach è incrementata di un sorprendente 669%, permettendo di raddoppiare le interazioni degli utenti a costi considerevolmente ridotti.
First-party ID: l’attuale frammentazione limita reach e flessibilità
Oggi i professionisti del marketing e della pubblicità hanno l’urgenza di andare oltre i walled garden, così potranno riottenere il controllo necessario ad assicurare la conformità regolatoria e la privacy, garantendo agilità e massimizzando la flessibilità.In tale contesto, abbiamo osservato che l'epocale transizione verso un internet realmente rispettoso della privacy ha dato vita a un comparto in espansione di identificatori di prima parte, con standard talvolta differenti fra loro e l’ingresso costante di nuovi attori e soluzioni sul mercato. Ora, l’ostacolo maggiore per questa galassia di identificatori è rappresentato dalla reach. Nessuna singola soluzione può fornire la scalabilità richiesta dai reparti marketing delle aziende.
PwC testa l’approccio agnostico agli identificatori nel business reale
È chiaro che una delle questioni più rilevanti riguarda quale o quali identificatori usare. Ma, oltre ai limiti nella reach, l’esperienza ci insegna che gli standard evolvono al pari delle tecnologie. Per questo confinare tale attività a una singola collaborazione, sia essa con un vendor, una tecnologia o uno standard di identity di prima parte, è per sua definizione un fattore limitante. Gli inserzionisti dovrebbero invece impegnarsi verso un percorso più neutrale e agnostico che metta in primo piano valori come agilità e flessibilità, allineandolo con l’obiettivo più ampio di un internet aperto e trasparente, capace di configurarsi come una vera e propria piattaforma globale in continua evoluzione. Il report di PwC dimostra che questa modalità risulta efficace non solo in questo momento, ma lo sarà sempre di più in futuro. Tra febbraio e maggio di quest’anno, PwC ha svolto un test attraverso l’'implementazione "out-of-the-box" della nostra soluzione ID Fusion sulla rete esistente dei publisher Adform utilizzando i relativi identificatori. In una prima fase, PwC ha valutato le performance di traffico degli identificatori di prima parte, mettendole a confronto con il traffico contestuale. Utilizzando la segmentazione per comparare gli annunci erogati sui medesimi domini, l’indagine ha dimostrato che l'incanalamento del traffico con identificatori di prima parte attraverso la soluzione ID Fusion ha migliorato in modo significativo i tassi di interazione e ridotto il costo per clic per tutti i clienti in esame. Approfondendo meglio tali evidenze, non rimaniamo sopresi: la presenza di un identificatore abilita differenti opportunità di ottimizzazione tramite l’intelligenza artificiale, che naturalmente portano efficienza in fase di bidding, consentono di stabilire un limite di frequenza e diminuiscono il CTR. Successivamente PwC ha potuto analizzare l’approccio agnostico di ID Fusion in una campagna reale che abbiamo realizzato in collaborazione con OMD Norway, andando a testare lo stesso traffico e i medesimi domini web, utilizzando nel 50% dei casi identificatori di prima parte e facendone a meno per la quota restante. Questa operazione ha evidenziato che l’incanalamento del traffico attraverso ID Fusion ha generato uno straordinario +669% di audience addressable, un aumento del 161% dei tassi di click, oltre a viewability ed eCPM incrementali. Inoltre, si è registrato un calo del 65% nel CPC. Il report completo può essere scaricato al link https://site.adform.com/knowledge-center/pwc-id-fusion/.
Chi ha tempo…
I cookie sono già morti, un atteggiamento attendista è una perdita di opportunità. Perché comparare le performance con o senza identificatori? I cookie non sono ancora morti, giusto? Di fatto, nella gran parte dei mercati, oltre il 50% degli utenti naviga su device, browser e canali che non supportano cookie. Anche per questo professionisti del marketing e inserzionisti pubblicitari non possono più permettersi di aspettare: già in questo momento non sono in grado di raggiungere questa fascia “nascosta” e consistente del loro pubblico e il rischio che non arrivino completamente preparati a uno scenario cookieless si fa ogni giorno più concreto. Grandi brand, appartenenti a settori come servizi finanziari, automotive e telecomunicazioni, insieme ad alcune delle più importanti agenzie media a livello mondiale, hanno già utilizzato ID Fusion di Adform nelle loro campagne, spesso distribuendole su più mercati. Questo studio di PwC non fa altro che confermare la capacità degli ID di prima parte nel generare risultati e valore per chi opera nel marketing. Quello che serve è adottare le giuste tecnologie e mettere ordine a questa complessità. L’unica vera domanda è: perché aspettare?