Ad blocking, in aumento le perdite per i publisher: lo sostiene OnAudience.com
Un’analisi della società dice come ci sia ancora tanto da fare in materia. In Italia penetrazione al 23%, più ridotta rispetto a diversi altri Paesi del mondo e dell’Europa

Nonostante nell’ultimo periodo il tema dell’ad blocking abbia perso un po’ di appeal, e sia finito spesso in fondo alle agende di chi opera nel settore pubblicitario, il fenomeno continua a produrre numeri preoccupanti. Da tutti i punti di vista. E il futuro non è certamente amico se si pensa che nel 2018 un software di questo tipo verrà installato sul browser Google Chrome per alcuni formati reputati fastidiosi e non rispettosi dell’utente in base a quanto sostenuto anche da molte associazioni di spessore globale.
Quanto perdono i publisher
A parlare, e a far parlare, sono i dati pubblicati lunedì da OnAudience.com, di cui ha dato notizia MediaPost. Negli Stati Uniti, per esempio, il 26% degli utenti internet blocca la pubblicità su internet, in aumento dal 22% del 2016, e le perdite in termini di mancati introiti per i publisher si aggirano sui 15,8 miliardi di dollari. Erano circa 11 miliardi l’anno scorso. Nel mondo, l’ad blocking provoca danni a editori e creators per 42 miliardi, in netta ascesa sui 28 miliardi del 2016.
L’adozione degli utenti
Anche la tendenza europea, poi, non sembra essere rassicurante: il 32% degli utenti usa filtri anti-advertising, con i tassi più elevati in Polonia (46%), Grecia (44%), Norvegia (42%), Germania (41%) e Danimarca (40%), con Gran Bretagna, Olanda e Irlanda insieme al 39%. I paesi più virtuosi sono situati in America Latina con il Paraguay vera e propria maglia rosa con solo il 5% delle pagine bloccate, seguita da Peru e Venezuela. Quanto all’Italia, l’ad blocking raggiunge il 23%, in crescita dal 21% rilevato nel 2016.