Streaming musicale a ritmo sfrenato
La recrudescenza pandemica consolida la simbiosi delle persone con le opportunità offerte dagli strumenti digitali. E trascina la crescita di un settore che pare inarrestabile, ponendo le basi per interessanti diversificazioni

di Pietro Castagna
Secondo la società di ricerca Counterpoint, che monitora stabilmente il settore, la crescita dello streaming musicale non conosce soste. Nel corso del 2019, questo mercato ha archiviato un incremento del 32%, incoronando ancora una volta Spotify come leader, forte di una partecipazione del 35%, consolidata grazie a un aumento del 23% rispetto all’anno precedente. Il servizio lanciato in Svezia il 10 ottobre del 2008 dagli imprenditori Daniel Ek e Martin Lorentzon è seguito da Apple Music (19%), che ha fatto però registrare un tasso di crescita migliore, pari al 36% , e da Amazon Music (15%), mentre YouTube Music (6%), è preceduto da Tencent Music (11%), uno dei servizi più popolari in Cina. Da quando Spotify fu lanciato sono trascorsi 12 anni, nel corso dei quali il servizio si è reso protagonista di un’espansione che, con oltre 60 milioni di brani e quasi 300 milioni di utenti attivi mensili, lo ha portato a essere presente 92 Paesi. Come confermato dai dati relativi al secondo trimestre 2020 a livello globale, con una quota pari al 34% del totale, Spotify continua a essere il leader del mercato anche quanto a numero di abbonamenti a pagamento. Sulle sue tracce, seguite da molto lontano, si situano ancora una volta Apple Music (21%) e Amazon Music (15%). Se invece si guarda al numero degli utenti mensili attivi, il quadro muta: in cima al ranking mondiale scopriamo infatti Tencent Music (con le sue QQ Music, Kuwo e Kugou) forte di una quota di mercato del 26%, grazie a cui sopravanza sia Spotify (12%) sia YouTube Music (10%).
I dieci anni di Spotify
Dopo il lancio, Spotify approdò negli Stati Uniti nel 2011 e arrivò in Italia non prima del 2013. Creata con l’obiettivo di permettere agli utenti l’accesso legale a una vasta libreria di contenuti musicali ricorrendo alla modalità di ascolto in streaming, resa possibile dagli accordi con le case discografiche, la piattaforma ha rivoluzionato il mondo della musica, proponendo un servizio del tutto diverso rispetto ad iTunes, lanciato da Apple solo qualche anno prima. Dopo di che videro la luce alcuni servizi concorrenti, fra cui Deezer, YouTube Music, Amazon Music e Apple Music. Con il passare del tempo, Spotify ha continuato ad allargare la propria offerta, non solo arricchendo la disponibilità di brani, ma anche lanciando ulteriori contenuti e servizi, fra cui spiccano podcast, audiolibri e lezioni di lingua. La sezione “Podcast Show”, in particolare, ha fatto registrare una forte crescita, dopo l’acquisizione, chiusasi lo scorso anno, della casa produttrice di podcast Gimlet Media. Una volta lanciato in 55 Paesi il nuovo piano di abbonamento “Premium Duo” al prezzo il di 12,99 euro al mese, servizio concepito per coniugare le esigenze musicali di persone che vivono nella stessa abitazione, Spotify ha annunciato l'integrazione della ricerca dei brani tramite parole contenute nei loro testi. La novità, disponibile dal 2018, consente agli utenti di reperire una canzone di cui non si conosce il titolo digitando parte del suo testo. Da segnalare – come nota a margine - che Spotify ha sfruttato l'onda della challenge tra Epic Games e Apple per entrare a far parte di una sorta di coalizione che domanda al gigante di Cupertino una maggiore equità nella gestione dell'App Store. Ciò che viene contestato ad Apple è di svolgere nel contempo il ruolo di arbitro (dettando le regole dell'App Store, e imponendo provvigioni che tolgono ossigeno alle revenue degli altri player) e di giocatore (con Apple Music, appunto) all'interno della stessa partita che si gioca proprio sul mercato della musica in streaming.
Dentro casa
Stando agli ultimi dati elaborati dalla società di consulenza Deloitte per la Federazione che raggruppa le major dell’industria discografica italiana, i primi sei medi del 2020 – a causa del lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19 – hanno favorito un ulteriore balzo in avanti della musica digitale, giunto a rappresentare oltre l’80% dei ricavi delle case discografiche. L’area dello streaming, in particolare, nello stesso periodo è cresciuta del 25%, spinta da un incremento degli abbonamenti che nel nostro Paese è stato pari al 33%. A livello globale gli abbonati ai servizi premium durante il periodo dell’emergenza sanitaria sono progrediti pressochè ovunque. Con Spotify che ha così raggiunto quota 138 milioni di abbonati a pagamento nel mondo. Una performance ottenuta grazie a un incremento del 27% rispetto al 2019. Dati gli sviluppi attuali della pandemia in Europa e nel mondo, le conseguenti misure restrittive e il massiccio ricorso agli strumenti digitali nelle famiglie nel campo dell’e-commerce così come in quello dell’entertainment, è presumibile che il trend, per il settore, continuerà a essere positivo quanto meno fino al termine del 2020. Ciò detto, per completezza, va comunque sottolineato che, secondo alcune valutazioni predittive, i prodotti più ricercati in questa fase potrebbero essere web radio e podcast; meno i brani musicali, date le dilaganti preoccupazioni per le minacce che incombono sul fronte sanitario ed economico. Ciò nonostante c’è chi stima che il bacino complessivo di utenti a pagamento dei servizi di streaming musicale possa superare i 450 milioni già entro il termine dell’anno in corso.
Soluzioni anti crisi
Le prospettive sono più che interessanti, anche perché si stanno affacciando nuovi modelli di offerta sul mercato. Se è vero che il perentorio stop agli eventi live ha danneggiato pesantemente il mondo della musica - Live Nation, il colosso mondiale dei concerti, ha perso gran parte del fatturato fra marzo e giugno 2020 - è altrettanto vero che molti artisti hanno cercato di fare di necessità virtù sperimentando soluzioni innovative, come quella dello streaming in diretta. Basti pensare a “Heroes”, concerto svoltosi all’Arena di Verona lo scorso settembre, nonché primo evento in diretta streaming con ticket di accesso a pagamento, oppure al “Bang Bang Con The Live” tenuto dalla boy band dei BTS, performance veicolata al pubblico in streaming ed entrata nel Guinness dei primati con oltre 750.000 spettatori collegati da 100 Paesi, e un biglietto venduto al prezzo unitario di 25 dollari, che ha generato oltre 20 milioni di dollari di ricavi. Spazi nuovi, del resto, si intravedono anche nell’area del video streaming musicale. Dopo YouTube, anche TikTok si sta rapidamente creando una presenza costante con un’identità definita, quella di canale promozionale rivolto ai più giovani. Tant’è che Instagram ha sentito la necessità di non rinunciare a presidiare questa stessa area lanciando “Reels”, multi-clip di 15 secondi che si possono girare direttamente dall'app e perfezionare con svariati effetti prima di essere caricati. Anche Snapchat ha fatto i propri passi chiudendo accordi di licenza con le case discografiche e i principali editori musicali. Obiettivo: spingere sul fronte della sincronizzazione della musica nei video degli utenti. Facebook stesso, così come avviene su YouTube, mette a disposizione dei videoclip ufficiali la propria piattaforma.