Autore: Redazione
22/02/2022

Sec Newgate Italia: nel 2021 il 50% delle aziende btob ha aumentato gli investimenti in comunicazione

L’indagine condotta con Cernuto Pizzigoni & Partners evidenzia il ricorso in primo luogo a social network, pr e adv online, ma crescono anche attività interne e public affairs

Sec Newgate Italia: nel 2021 il 50% delle aziende btob ha aumentato gli investimenti in comunicazione

Barbara Arioli

Nel 2021 gli investimenti in comunicazione sono cresciuti anche da parte delle aziende business to business: circa la metà, infatti (47%) ha aumentato i propri investimenti, mentre il 25% li ha mantenuti costanti, nonostante le difficoltà generate dalla pandemia. Il dato emerge dalla ricerca “Comunicazione e aziende B2B: istanze, visioni opportunità” condotta da SEC Newgate in collaborazione con Cernuto Pizzigoni & Partners su 100 aziende BTOB che operano nell’industria (52%) e nei servizi (48%), distribuite in otto regioni e 23 province. «Sono aziende che partecipano nella filiera produttiva con servizi e prodotti a grande valore aggiunto – spiega Paola Ambrosino, amministratore delegato di Sec Newgate Italia -, e che tradizionalmente si affidavano al canale fiera o brochure. Ma da qualche anno, a fronte di uno scenario sempre più competitivo, sentono l’esigenza di investire sulla costruzione di reputazione e awareness».

Le principali tendenze

Il 55% del campione ha oltre 250 dipendenti e il 46% un fatturato superiore a 150 milioni di euro. Sono stati intervistati responsabili del marketing, della comunicazione ma anche amministratori delegati e direttori generali. L’82% si rivolge ad agenzie esterne e freelance per svolgere le sue attività comunicazione. Otto intervistati su dieci prevedono anche un cambio di prospettiva e di strumenti puntando di più su comunicazione interna e public affairs. «Sono alcune delle tendenze emerse dalla ricerca – continua Ambrosino – anche se gli strumenti in maggiore crescita sono i social e le relazioni pubbliche, verso i quali l’aspettativa è più alta. Contemporaneamente è cresciuta l’attenzione e la consapevolezza verso la comunicazione interna e le attività di lobbying; la prima resa necessaria dall’isolamento in cui di colpo ci ha confinati la pandemia; e l’altra dalla crisi della rappresentanza che attraversa le associazioni di categoria». Nello specifico le aziende prediligono i social network, le pubbliche relazioni e l’advertising on line (il 60% degli intervistati ha dato un voto tra 7 e 10). Al quarto posto le azioni di “lobbying e public affairs” anche se solo il 33% vi ricorre in maniera strutturata e professionale. Meno attenzione viene riservata all’advertising (6,5) e alle sponsorizzazioni (5,4).

Fiere ed eventi per farsi conoscere

La presenza a fiere ed eventi costituisce ancora il principale canale per farsi conoscere (35%), seguita dal networking diretto (19%), dal sito web (18%), dai social network (17%) e dalle media relations (11%), confermando la centralità della relazione personale, che resta la prima e più importante modalità di contatto (66% delle risposte). «Abbiamo constatato che in assenza di fiere, per via delle restrizioni, le aziende hanno fatto di necessità virtù cercando di presidiare il proprio mercato, perché le fiere sono un momento importante per la raccolta di ordini. Ma adesso emerge la voglia di riprendere le attività in presenza e le relazioni personali» spiega ancora Ambrosino.

Domanda di comunicazione trasversale

Tutte le aziende intervistate hanno un sito web, il 96% un profilo Linkedin, il 70% un profilo Facebook e un canale Youtube che è prevalentemente un “deposito” di video aziendali, nonché utilizza lo strumento della newsletter. Meno diffusi il canale Instagram (59%), il blog aziendale (42%) o il profilo Twitter (41%). “La ricerca – aggiunge Barbara Arioli, Founding Partner di Cernuto Pizzigoni & Partners – conferma un trend di cui avevamo già i segnali, accelerati dal periodo pandemico, ovvero un approccio più ampio alla comunicazione, orientato non solo alla dimensione commerciale, ma anche relazionale e reputazionale. Da qui l’importanza all’ascolto, a ogni livello e l’attenzione verso tutti i portatori d’interesse dell’azienda che torna a valorizzare la relazione umana su quella digitale”. «La domanda di comunicazione è del tutto trasversale – conclude Ambrosino -. Il nostro Paese deve una parte significativa del suo PIL e del suo export ad aziende, studi e consulenti "B2B", dentro filiere sempre più complesse che arrivano poi fino a incrociare il B2C. La loro comunicazione non conosce la stessa visibilità diffusa, ma non per questo è meno rilevante, anzi, in questi ultimi anni mostra una vivacità sorprendente che ha contribuito non poco alla crescita del mercato della comunicazione anche in questi anni di pandemia».