RadioTER: delibera del Cda sulla ricerca del 2020, passa l’attuale impianto; Rai Radio vota no
Mentre gli altri editori la confermano anche per il prossimo anno, prosegue la battaglia di Roberto Sergio contro l’inadeguatezza della Cati: «Rimaniamo nell’indagine ma siamo danneggiati»
Roberto Sergio
Rai vota contro la ricerca Tavolo Editori Radio – TER sugli ascolti radiofonici e la sua prosecuzione nei termini attuali. Prosegue la battaglia condotta dal direttore di Rai Radio Roberto Sergio che nel consiglio di amministrazione dello scorso 23 ottobre ha ribadito la posizione più volte enunciata rispetto all’impianto delle audience con un voto contrario al proseguimento della ricerca così com’è. Una posizione peraltro non condivisa dagli altri editori, che hanno dato voto favorevole. Questo scontro si consuma in un contesto di sostanziale sintonia sul fronte dell’aggregatore Radio Player Italia appena varato, e anche se assicura che la Rai non esce da TER, Roberto Sergio non rinuncia a ribadire le motivazioni del suo dissenso. “Questo – commenta in una nota il direttore Rai Radio – nonostante le tante critiche rivolte alla metodologia di ricerca non solo da Rai ma anche dagli altri partner. Siamo di fronte a una ricerca non adeguata, limitativa e nata su presupposti oggi superati. Abbiamo suggerito correttivi e modifiche per renderla più in linea con i tempi. Ma nonostante le dichiarazioni di tanti, alla fine tutti hanno votato per il proseguo di TER così com’è, a parte i tre consiglieri Rai. Una sconfitta non per Rai, ma per il sistema radio in Italia che, mentre si appresta a lanciare app e soluzioni digital only, dall’altro si presta a farsi misurare con metriche obsolete. Con il risultato che più tutti noi spingeremo nella direzione dell’ascolto on demand, della visual radio, dei canali verticali, più la ricerca si scosterà dalla realtà, fotografando un mondo che non esiste”.
Le caratteristiche di RadioTER
Nella stessa nota diffusa da Rai Radio, si sottolinea che la ricerca RadioTER è condotta con metodo Cati, che si basa sul ricordo e sulla ricostruzione dell’ascolto per quarto d’ora e per ciascuna delle emittenti iscritte, 264 nel 2019, di cui 17 nazionali e 243 locali. Premierebbe la notorietà dei brand, favorendo le emittenti che beneficiano di un maggior livello di memorabilità; inoltre normalmente il tasso di successo delle interviste telefoniche sarebbe inferiore al 10%. Nel caso di TER, tale soglia sarebbe ancora più bassa, perché potrebbero servire fino a due milioni di telefonate per raggiungere le 120mila interviste necessarie, considerate le interviste cadute, i contatti fuori quota, le telefonate non andate a buon fine. Lo stesso Comitato Tecnico di TER avrebbe individuato nell’impianto metodologico della ricerca diverse aree di intervento che sono attinenti ad aspetti fondamentali in qualsiasi indagine statistica: la rappresentatività campionaria, l’efficienza della ponderazione, la complessità del questionario. “La ricerca – spiega Sergio – si fonda su un questionario complesso e articolato, con numerosi rimandi tra le sezioni ed elevati rischi di errore o approssimazione e una durata dell’intervista estremamente variabile. Inoltre, da tempo molti consiglieri di amministrazione oltre che membri del Comitato Tecnico hanno espresso forte preoccupazione sulle differenze tra i due istituti che realizzano le interviste: GFK e Ipsos (diversa modalità di generazione dei numeri telefonici, software diversi per la gestione delle interviste, diverse modalità di somministrazione del questionario). Peraltro, parliamo di differenze che gli stessi istituti definiscono non superabili”.
RadioTER 2020 ancora analogica
Il prossimo anno la ricerca avrà le stesse caratteristiche “analogiche e inadeguate del 2019. Con il risultato che avremo nuovamente dati contestabili, che non rispecchieranno la realtà vera dell’ascolto delle radio. Da quando sono nel Cda di Ter – conclude Sergio –, cerco di interpretare il mio ruolo in chiave propositiva. Per questo ho sostenuto le ipotesi di porre correttivi alla ricerca. Innanzitutto, l’introduzione dei meter a integrazione della ricerca Cati per la misurazione non solo dell’ascolto lineare ma anche del digital e dell’on-demand. Ho poi proposto di intervenire sulla ponderazione che in alcuni casi (istruzione e professione) impone correttivi che possono incidere sui livelli di ascolto, dimezzando i pesi delle classi più elevate e moltiplicandoli sui profili più bassi. Ma di fatto nulla è passato, nonostante la disponibilità e l’impegno, nel tentare una mediazione, del presidente di Ter Marco Rossignoli”. In TER poi non è rappresentato il mercato pubblicitario, in contrasto con quanto rimarcava AgCom già nel 2017. Uno scenario dannoso per la Rai: “E questo – conclude Sergio – non rende onore al tanto lavoro che donne e uomini, professionisti e giornalisti, di Rai Radio svolgono ogni giorno con passione e cura”.