Autore: Redazione
11/01/2018

We Are Social Trends: ecco cosa tenere d’occhio nel 2018

Innovazione e tecnologie emergenti cambiano costantemente lo scenario digital. Il network globale ha identificato le tendenze chiave che influenzeranno il marketing e la comunicazione nel corso dell’anno

We Are Social Trends: ecco cosa tenere d’occhio nel 2018

E dopo la mezzanotte i brindisi terminano e si comincia a scrutare l’orizzonte. Calma, non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma forse qualche previsione ben assestata potrebbe agevolare il relax. E si sa che quando un anno nuovo fa capolino, le letture delle stelle abbondano. Ma non solo: ci sono in giro anche analisi più scientificamente organizzate, tipo quelle relative a possibili trend che potrebbero caratterizzare il panorama. We Are Social, network che di digital si occupa e si intende, ha messo nero su bianco una serie di tendenze che dovrebbero segnare il settore.
Il binge-watching del pesce rosso
(di Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava, CEO di We Are Social Milano) In passato, le piattaforme consigliavano ai brand di creare contenuti sempre più brevi, mettendo in evidenza i benefit dei video da 6 secondi e da 2 secondi. Se da un lato è ancora vero che le conversazioni delle persone vertono spesso su contenuti immediati, brevi e semplici da fruire, è altrettanto interessante osservare come video ed esperienze di più lunga durata, che catturano l’attenzione ben oltre una manciata di secondi, stiano diventando molto interessanti per le persone. Pensiamo al fenomeno del binge-watching, o ai documentari di media come Vice e Vox o al costante aumento dei podcast: di fianco ai format brevi, le persone si stanno oggi abituando a interagire con contenuti di lunga durata. Facebook Watch, per esempio, che distribuisce serie video attraverso la sua piattaforma social, è un esperimento in questa direzione. Non è vero, insomma, che la durata della nostra attenzione equivale a quella di un pesce rosso: se ci piace un contenuto, vogliamo vederne di più.
Direct messenger marketing
(Nathan McDonald, co-founder e ceo di We Are Social) L'evoluzione dei servizi di messaggistica è destinata a continuare. Più i nostri feed si popolano di contenuti e più utilizziamo canali privati - messaggi diretti - per contattare gli altri. E più tempo spendiamo utilizzando servizi di messaggistica, e più diventa importante per i brand capire come possono apportare valore a questo scenario. Le potenzialità dei servizi di messaggistica si stanno sviluppando secondo modalità differenti. Da un lato, non ci sono mai stati strumenti così evoluti - sia a livello hardware che software - per creare video messaggi rilevanti. Le principali piattaforme sono al lavoro per migliorare costantemente le loro app e diventare gli strumenti più utilizzati per messaggi con un elemento creativo. E Instagram sta già testando un'app separata e indipendente per i messaggi diretti, presumibilmente con questo obiettivo. Nel frattempo, la spinta a fornire funzionalità utili all'interno dell'app di messaggistica ha visto il proliferare di bot text-only. Facebook vuole che Messenger diventi la piattaforma preferenziale per il servizio di customer care. Oltre all'help desk, ci rivolgeremo sempre più ai robot di messaggistica per tutto - dalle pizze alle previsioni del tempo - sui nostri smartphone, ma anche grazie al controllo vocale, nelle nostre case e veicoli.
Social commerce
(Benjamin Arnold managing director di We Are Social New York)  Il social commerce oggi rappresenta meno del 2% del totale delle vendite al dettaglio secondo i dati, ma si prevede che questo numero sia destinato a esplodere nei prossimi anni. Le ricerche suggeriscono che le entrate generate potrebbero raggiungere 165 miliardi di dollari a livello globale entro il 2021. E in particolare per quanto riguarda il mercato statunitense il vero punto di svolta è atteso già nel 2018. Quest'anno abbiamo visto la promettente espansione beta degli annunci pubblicitari su Instagram che aumenterà in termini di frequenza ed efficacia, mentre i bot Messenger hanno dimostrato che esiste un potenziale reale per ridefinire l'esperienza di vendita al dettaglio delle persone. Poi c'è WeChat di Tencent, il gigante cinese di app per la messaggistica e il pagamento mobile - con quasi un miliardo di utenti - che non fa mistero della sua intenzione di aumentare il proprio presidio negli Stati Uniti già a partire da quest’anno. L'importanza del dark social, e in particolare delle app di messaggistica che consentono di condividere contenuti in forma privata, cresceranno all'interno dei piani di marketing.
L’integrazione dei grandi gruppi
Le piattaforme non sono le sole a privilegiare il social commerce, marchi come Amazon con la sua rete Spark o app indipendenti quali Screenshop, stanno innovando lo scenario e offrendo concrete soluzioni di social commerce. E questa tendenza non si ferma qui: brand quali Google e Starbucks stanno integrando il social commerce nell’ambito delle loro reti di vendita tradizionali, costruendo una vera strategia di marketing omnicanale digital e social in grado di offrire alle persone un’esperienza di acquisto integrata e dinamica, che vince i modelli di vendita tradizionali.
Social Search
(di Suzie Shaw, managing director di We Are Social Sydney) ‘Cerca’ è storicamente funzione di Google, che continua a perfezionare l'esperienza di ricerca, rendendola sempre più locale, personalizzata e rilevante. In parallelo, le piattaforme social stanno raccogliendo una crescente quantità di dati: dai tag geografici agli insight comportamentali passando per gli approfondimenti su interessi e passioni. Con la continua evoluzione della ricerca visiva, le piattaforme stanno diventando luoghi di ricerca sempre più popolari. Facebook sta investendo in maniera significativa nella ricerca visiva, facendo leva sulle funzionalità di intelligenza artificiale inizialmente sviluppate per migliorare l'accesso al social network da parte delle persone ipovedenti. Questi aggiornamenti della piattaforma ora verranno estesi, consentendo a tutte le persone di cercare immagini tramite parole chiave che descrivono effettivamente il contenuto di una foto, invece che solamente con tag e didascalie.
Intelligenza Artificiale attivata vocalmente e sonic-branding
(di Sandrine Plasseraud, president e founder di We Are Social Parigi Entro il 2029, si prevede che la metà dell'interazione uomo computer sarà effettuata tramite intelligenza artificiale attivata dalla voce. E se il 2029 sembra ancora lontano, secondo Gartner, entro il 2020 il 30% della navigazione avverrà senza uno schermo, il che significa che stiamo passando da una relazione screen-first a una voice-first. Sì. Molto presto la maggior parte di noi parlerà quotidianamente con un'intelligenza artificiale.
Il potere della voce
Il futuro è più vicino di quanto pensiamo e questo apre una serie di nuove opportunità per i brand: il potere della voce come nuovo touchpoint per il marketing. Al fianco di una personalità distintiva, i brand avranno davvero bisogno di sviluppare un tone of voice unico e riconoscibile. Credo che nel 2018 i marchi dovranno iniziare a investire nel "sonic-branding" affinché le persone possano riconoscere la voce pronunciata da un'IA e che cosa rappresenta. Nell’AI-age sviluppare l'identità sonora di un brand non è senza complessità. Oggi i brand hanno a che fare con le persone in maniera one-to-one: è necessario tenere in considerazione che gli assistenti vocali non si limiteranno a essere disponibili nella sfera privata dei nostri smartphone ma in quella pubblica delle nostre case, a portata di orecchio di tutta la famiglia.
Intelligenza Artificiale nel content marketing
(di Christina Chong, managing director di We Are Social Singapore) Il 2017 ha visto l'avvento di soluzioni di marketing basate sull’intelligenza artificiale che consentono alle aziende di far leva sulle abitudini delle persone per sviluppare strategie social sempre più mirate. Esse infatti analizzano tutto ciò che gli utenti vedono, fanno, condividono e con cui interagiscono, per fornire informazioni significative sul target di riferimento, delineando scenari futuri di cui i brand devono tenere conto per attuare le loro strategie. Grazie alle piattaforme di AI marketing, le aziende possono ora sviluppare contenuti più efficaci e rilevanti. Esse consentono di distribuire contenuti tramite soluzioni personalizzate e forniscono previsioni su come, dove, perché e quando le persone vogliono essere coinvolte dai messaggi. In questo modo i brand possono interagire meglio con i propri consumatori. Il futuro del content marketing sta quindi nella capacità di soddisfare singole audience.
Hyper-transparency e chiarezza
(di Jim Coleman, ceo di We Are Social Londra) Uno dei temi discussi nel Think Forward di quest'anno è stato l'Iper-trasparenza. I brand sono impegnati nel riconquistare la fiducia dei propri consumatori, fornendo certezza e una trasparenza assoluta delle informazioni - non semplicemente evitando dettagli scomodi. L’apprezzamento delle persone per la trasparenza non è una novità, ma nell'era delle fake news, la sfiducia nei confronti di marchi, media e governi si è moltiplicata. Questo scenario lancerà l'anno prossimo una vera e propria sfida ai brand per conquistarsi la fiducia delle persone. Non sarà più sufficiente dire che sei onesto o che il tuo staff lo è: devono essere le terze parti a comprovarlo. Le aziende dovranno poter parlare di tutto - non solo delle cose positive. Dovranno anzi dimostrare di essere consapevoli anche delle debolezze relative al business - o al settore di attività - e di essere già all’opera per migliorarle.
Le persone sono contributor
(Vanessa Bouwman-Axt and Roberto Garcia, managing directors di We Are Social Monaco & Berlino) Un altro tema discusso nel Think Forward di quest'anno è il concetto di "The new cooperative". I brand sono sempre più guidati dalle idee e dalle interazioni con i loro consumatori. Ed è così che le persone si stanno trasformando in contributor. Non si tratta solo di essere un acquirente occasionale per esempio, si tratta di avere un senso di appartenenza reale alla community della marca e dell’ esercitare un ruolo attivo nel delinearne il futuro. Consentendo alle persone di sviluppare un senso di appartenenza verso i brand preferiti, è possibile formare comunità di co-creatori grazie alle quali si generano nuove idee e prodotti, sulla base di feedback in tempo reale da parte di chi acquista. A questo punto allora, la community ha il potenziale per diventare al tempo stesso la sua più grande risorsa del brand. Promuovendolo nel bene, difendendolo nel male e aiutandolo a disegnare sviluppi futuri in base a desideri e bisogni dei clienti.