Per Nielsen, 2017 a +0,4%. Publicis Media conferma: +0,6%. I consumi vanno, l’adv meno
La società di ricerche, di cui è a.d. Giovanni Fantasia, ha anticipato il dato risicato di chiusura dello scorso anno, simile a quello che viene fornito dal Gruppo francese. Pesano le gare media
Secondo Nielsen, la chiusura del mercato degli investimenti nel 2017 è stata del +0,4%. Lo ha rivelato ieri l’a.d. della società di ricerche, Giovanni Fantasia, in occasione della presentazione di un’indagine sui profili d’acquisto delle famiglie, anticipando il quadro più completo dei dati complessivi che verrà diramato oggi. Il saldo finale di tutto lo scorso anno, compresi search e social, migliora quindi di qualche decimale rispetto alla perfetta stabilità dei primi 11 mesi.
Questo significa che il singolo mese di dicembre ha confermato il trend positivo dell’ultima parte dell’anno che si è appena concluso e che ha visto in particolare novembre a +2,9% (+1,1% senza i citati search e social). Sempre al netto di questi ultimi due canali, il progressivo dei primi 11 mesi registrava una contrazione del 2,6% che, quindi, con i dati che verranno ufficializzati oggi, potrebbe leggermente migliorare ma restare sempre intorno al -2,5%.
L’analisi di Publicis Media
Su questi dati, che oggi avranno una più accurata spiegazione, DailyMedia si è confrontata intanto con Publicis Media, che ci ha rilasciato una stima di chiusura 2017 sostanzialmente in linea con quella di Nielsen e, cioè, del +0,6%. Differenze di decimali che non cambiano il quadro di una situazione, però, che viene definita abbastanza “paradossale” e “anomala” da parte di Marco Robbiati, Research & Business Intelligence Lead del Gruppo. «Evidentemente - dice -, novembre e dicembre hanno avuto l’andamento positivo che ci si aspettava, ma non sufficiente per consolidare un giro di boa che non ha trovato conferme sul fronte dello spending rispetto ai risultati economici e dei consumi che, invece, a partire dal Pil, sono stati decisamente più confortanti. Tra l’altro, la risicata positività degli scorsi dodici mesi è generata da Google e Facebook, senza i quali anche il digital chiude in territorio negativo. Vero che l’FMCG ha continuato a rallentare, con tutto il peso che ciò ha sul nostro mercato, ma resta comunque sorprendente constatare come, al crescere della domanda di consumi, non ci sia stato un trend analogo da parte degli investimenti in comunicazione. Ma questo è il risultato di una “tempesta perfetta” che forse sarebbe meglio definire imperfetta, che ha creato una voragine da cui è difficile uscire. Stiamo assistendo a un avvitamento tutto interno alla filiera che determina di fatto una contrazione della spesa pubblicitaria».
Il nodo delle gare
Di cosa si tratta è facile desumerlo. Le aziende cercano di pagare sempre meno gli spazi accentuando una prassi che rivela tutta la fragilità dei mezzi e che si traduce in sconti fortissimi (che diventano all’occasione anche materia di scontro “politico”). Per ottenere questo, mettono in gara le centrali soprattutto sul buying, spingendole a cercare di ottenere sempre di più dagli editori e valutandole per questo. L’anno scorso, le gare media sono state quasi un centinaio: molte e le più importanti sono internazionali, ma la loro declinazione italiana “atterra” comunque sul saving, per far risparmiare le aziende che le fanno. Non è difficile desumerlo, visto che in altri Paesi dove i trend economici e dei consumi sono analoghi ai nostri, la pubblicità beneficia invece di una crescita. «I fondamentali si prefigurano discreti anche per il 2018 - riprende Robbiati - tanto che, per ora, confermiamo il forecast del +1,1% nonostante la non partecipazione della nostra nazionale ai Mondiali di calcio. Ma è una stima che andrà rivista dopo le elezioni, magari non necessariamente in negativo: il fatto è che, per ora, non c’è nessuna visibilità di cosa succederà dopo il 4 marzo e, questo, non favorisce sicuramente la propensione agli investimenti». E naturalmente le gare media “made in Italy” continueranno. Anche UPA, attraverso le dichiarazioni fatte al nostro giornale dal suo presidente, Lorenzo Sassoli de Bianchi, ha ipotizzato un +1% per quest’anno, dopo aver ridimensionato alla stessa cifra, decimale più decimale meno, l’ipotesi di chiusura del 2017:la realtà è però ancora più triste.