Influencer Marketing Report: nel 2018 il 21% delle aziende ha speso oltre 50.000 euro
IED Milano con AKQA e FLU hanno dato vita all’Osservatorio sull’Influencer Marketing, da cui è nato il primo resoconto presentato ieri. Il 95% dei brand ha investito sul segmento lo scorso anno e il 65% dichiara di aver aumentato il budget per il 2018. Di questi, il 79% continuerà a farlo nel 2019
L’influencer marketing è uno dei percorsi più trafficati tra le innumerevoli vie del marketing. I social network sono un contenitore di pregio per quanto riguarda dati precisi su audience giovani, ovvero le pepite d’oro dei brand. Per attrarli va stabilito un contatto attraverso questi canali, ma il gancio deve essere naturale e conforme ai linguaggi di questi media.
I “social vip” impersonificano dunque il ponte tra desideri e realtà per quei brand che vogliono ambire alle attenzioni dei millennials. Ma quanto sono disposti attualmente a spendere per concretizzare le loro mire? Bisognava vederci chiaro, e così il neonato Osservatorio sull’Influencer Marketing attivato da IED Milano con AKQA e FLU hanno dato vita al primo Influencer Marketing Report.
I risultati del report
Le evidenze più lampanti - presentate ieri Milano allo IED - indicano una quota investimenti tra i 10 e i 50.000 euro, assenza condivisa di figure specificatamente dedicate all’influencer marketing, alta percezione dell’importanza della formazione professionalizzante e proiezione positiva sul prossimo anno.
Secondo i dati, frutto di una survey condotta tra luglio e settembre tra i professionisti dei compartimenti relativi a marketing e prodotti/servizi (operativi per il 30% anche fuori dai confini nazionali), il 64% degli intervistati ha fatto ricorso nell’ultimo anno ad operazioni di influencer marketing: il 62% in modo continuativo e attivando quindi le quattro leve essenziali di questo tipo di attività - scouting, strategia, ideazione creativa, reportistica e analisi -, mentre il restante 38% in modo discontinuo e occasionale. Le startup si sono dimostrate molto attente all’opportunità, tanto che il 70% la ha sfruttata in modo continuativo, mentre le PMI ne hanno usufruito prevalentemente attraverso attività one-shot (45%).
«Ci siamo trovati di fronte all’esigenza di rispondere ad aziende e agenzie sull’effettivo utilizzo dell’influencer marketing. La risposta è “sì”, specialmente per le multinazionali, che sono molto consapevoli del mezzo e lo conferma l’80% di aziende che ne fa uso. Il 76% di chi lo ha impiegato nelle sue strategie è rimasto soddisfatto dai risultati conseguiti», ha dichiarato Marcello Signore, Influencer Marketing Lead & Content Strategist di AKQA. «Il 59% del campione ha dichiarato di compiere attività continuative. Un dato che suggerisce che le azioni svolte sono diverse, e parte di un progetto strategico definito», continua Signore. L’obiettivo di queste attività è l’awareness (per il 56% degli intervistati), mentre per il 18% è l’aumento della notiziabilità degli venti, e il 17% punta alla vendita dei prodotti.
Budget, attuali e futuri
Tra chi ha utilizzato la leva dell’influencer marketing, il 21% ha speso più di 50.000 euro nell’ultimo anno, mentre solo il 5% ha attivato operazioni a “costo zero”. Tra questi estremi si colloca un 36% che ha investito da 1.000 a 10.000 euro e un 39% tra i 10 e i 50.000. Tra i top spender, la maggioranza è costituita dalle multinazionali (30%), mentre nella classe dei “risparmiatori” si incontra un 10% delle startup - che però sono anche le aziende più popolose nella fascia 1.000-10.000 euro (60%). Positiva la proiezione sugli anni successivi, che testimonia un buon ROI sulle operazioni: il 65% di chi ha già investito in influencer marketing lo scorso anno dichiara di aver aumentato il budget per il 2018 e il 79% di questi prevede un incremento ulteriore per il 2019.
Professionalità necessaria
In questo segmento, le agenzie ricoprono un ruolo chiave, specialmente in fase di scouting degli influencer più adeguati alla campagna (il 38% del campione vi si affida per questo), di reportistica e analisi (26%), di strutturazione della strategia (20%) e di ideazione creativa (16%). Le aziende hanno coscienza delle proprie lacune, - il 52% afferma di non avere risorse specializzate sull’influencer marketing, l’88% ritiene opportuno partecipare a percorsi di formazione per accrescere le proprie competenze a riguarto – e scelgono di affidarsi ad agenzie di diverso tipo: Influencer Marketing puro (36%) e agenzie social (29%), mentre un restante 14% si è rivolto direttamente a network di influencer e un 6% ad agenzie media.
«Il fatto di amplificare con i media i contenuti di influencer marketing ha anche l’obiettivo di poter applicare gli indicatori di performance che i media ci mettono a disposizione, e quindi di confrontare i risultati con quelli delle altre campagne», commenta Antonella Sannella, strategic marketing director & business partner di AKQA.
“L’indagine ha evidenziato quanto i brand che si interfacciano con l’influencer marketing ritengano lo scouting e l’analisi i servizi di maggior valore, dando meno rilievo alle idee creative e alla strategia. È però interessante notare come le criticità maggiormente riscontrate emergano dalla carenza di questi due servizi. Se le attività non sono strategiche e fortemente distintive non si può ottenere una campagna rivelante - commenta Marcello Signore - . Come formatore in questo ambito e dall’esperienza all’interno della nostra agenzia, sia in Italia che nel resto del mondo, sono sempre più convinto che le aziende abbiano bisogno di talenti in grado di comprendere questo ‘media umano’, persone in grado di relazionarsi con gli influencer, interpretare il loro linguaggio, per sfruttare al meglio le potenzialità del mezzo.”
Soddisfazione e inutilizzo
Solo il 24% degli intervistati non si ritiene soddisfatto del lavoro svolto con gli influencer. Le prevalenti motivazioni dichiarate sono i problemi di misurazione de risultati/KPI (per il 28%), la mancanza di pianificazione/strategia sul lungo periodo (26%), la mancanza di fiducia nell’influencer marketing (21%), la scarsa professionalità/disponibilità dell’influencer (11%), la scelta errata dell’influecer problemi (9%). Tra i marketer soddisfatti, il 35% si dice contento dell’affinità con il brand (35%) e dell’allineamento all’audience target (19%), a cui seguono l’analisi qualitativa/quantitativa dei contenuti (14%) e l’influencer score (8%).
Il 36% degli intervistati non ha mai attivato gli influencer, per diffidenza in questo tipo di attività, mancanza di necessità, mancanza di strategia, limiti di budget e core business BtoB. Le proiezioni per il futuro sono però incoraggianti: il 29% dei non utilizzatori tra gli intervistati dichiara infatti di voler iniziare a utilizzarlo prossimamente, mentre un altro 29% è il fase di valutazione. «Content strategy (75) e numeriche e influence score (8%) sono dati un po’ bassi, in realtà sarebbero due parametri fondamentali per il successo di una campagna, in quanto strumenti strategici su cui basare tutta la comunicazione. Mi aspetto che crescano di numero e di importanza nel prossimo futuro», commenta Giancarlo Sampietro, founder di Flu.
Intanto in USA…
Secondo una ricerca di Linqia - previsione per il 2018 -, gli Stati Uniti assegnano obiettivi diversi all’influencer marketing, ovvero engagement, KPI e vendite, e li rincorrono con budget mediamente più alti, (49% investono tra i 10 e i 50.000 euro, il 44% spende oltre 50.000 euro).
Cosa manca
Ritornando in terra nostrana, il segmento è in salute e in forte crescita, ma dovrebbe intraprendere un cammino più orientato alla strategia, porsi obiettivi più ampi e lugimiranti e assegnarli ad attori meno frammentati nei ruoli. Gli attori dovrebbero essere scelti per le loro competenze, ovvero per ciò che possono offrire all’azienda in quanto a specificità. Le attività one-shot non rendono quanto quelle più strutturate, oltre ad essere meno misurabili e quindi difficilmente analizzabili. In questo modo il trend di crescita può continuare con il ritmo che oggi segna un +65%.
Per visualizzare il report completo, clicca qui.