In partenza Iliad Italia, con Benedetto Levi a.d. Attesa per i partner adv
La nomina dell’ex country manager di Captain Train “ufficializza” l’avvio delle attività nel nostro mercato dell’operatore di Xavier Niel che in Francia collabora con Gruppo DDB e Vizeum
Dopo tante voci che la davano per partente addirittura già prima della fine dello scorso anno, ora Iliad, il cui attesissimo sbarco in Italia sta tenendo in più che trepida attesa per ora soprattutto gli operatori già consolidati, da TIM e Vodafone alla stessa Wind Tre da cui ha recuperato le frequenze, inizia a dare qualche segnale di sé nel nostro mercato. Proprio ieri, infatti, il nuovo ufficio stampa da poco attivato e, cioè, NOW!PR, ha diramato il comunicato per ufficializzare la nomina ad a.d. appunto per il nostro Paese, di Benedetto Levi.
Con sede a Milano (in zona Regione Lombardia), avrà la responsabilità di sviluppare l’operatore di telefonia mobile di cui è previsto il lancio prossimamente in Italia. Non vengono indicati i tempi né tanto meno il nome del brand con cui opererà da noi l’azienda transalpina guidata da Xavier Niel, che potrebbe essere comunque lo stesso usato in Francia e, cioè, free. Si è anche parlato di HO Mobile che, però, risulta già registrato da Vodafone, la quale, come gli altri due principali player concorrenti, avrebbe del resto già nel cassetto un secondo marchio per target giovane e low cost per contrastare fin da subito quello di Iliad. La quale, invece, potrebbe paradossalmente essere aiutata a diventare operativa dall’incumbent Telecom che - come riferiva proprio ieri Il Sole 24 Ore - le affitterebbe la fibra ottica. Improvvisi scambi di cortesie tra francesi.
Chi è il nuovo a.d.
29 anni, torinese, Levi ha vissuto a Londra e Parigi, dove ha fondato una start-up specializzata nella vendita di accessori per smartphone. Nel 2015 entra come country manager Italia nella start-up Captain Train, poi acquisita dal gruppo indipendente Trainline, leader mondiale della vendita online di biglietti ferroviari, di cui appunto Levi ha gestito l’ingresso e lo sviluppo in Italia. Con NOW!PR per l’ufficio stampa. Levi è laureato in Ingegneria logistica e della produzione al Politecnico di Torino e ha conseguito un master in Management alla Scuola Superiore di Commercio di Parigi (ESCP Europe). Ora, ovviamente, iniziano a scaldarsi anche le attenzioni della industry della comunicazione, visto che, ovviamente, un operatore di cui si dice che intenda scalare il 10% del mercato, avrà bisogno di partner creativi e per il planning. In Francia - sempre secondo quanto risulta a DailyMedia - sono, rispettivamente, Gruppo DDB e Vizeum: ma bisognerà vedere cosa succederà in merito da noi.
Forti investimenti
Il Gruppo Iliad è l’inventore della Freebox, la prima box ADSL multiservizi. Free ha dato origine a numerose innovazioni sul mercato dell’accesso alla banda larga e larghissima (VoIP, IPTV, costo mensile fisso per le chiamate verso numerose destinazioni). Dal 2012, Free ha democratizzato l’uso del cellulare proponendo offerte semplici, senza obbligo minimo di durata del contratto, e a un costo molto competitivo. Free registra circa 20 milioni di abbonati (di cui 6,5 per la banda larga e larghissima e 13,4 per la telefonia mobile al 30 settembre 2017). Ora, parte la sfida per diventare il quarto operatore mobile.
Il Gruppo ha ufficializzato di aver già speso una sessantina di milioni di euro in Italia, la maggior parte dei quali per assicurarsi alcune frequenze di Wind Tre, e di essere pronta a investire oltre 1 miliardo, creando un migliaio di posti di lavoro. Nel primo semestre 2017, ha registrato un utile netto di 232,6 milioni di euro, in rialzo del 22,1% sui 190,4 dell’omologo periodo del 2016, sulla spinta dell’attività nella telefonia mobile. Il margine operativo lordo consolidato è pari a 874,6 milioni (+8,2%). Il fatturato del Gruppo è cresciuto del 7,3% a 2,46 miliardi.
Proviamo a fare un calcolo spannometrico di quello che potrebbe essere lo spending di Iliad se vuole davvero raggiungere il 10% del mercato. Sulla base dei dati AgCom relativi a dicembre 2015, Telecom Italia aveva il 32,4% delle quote, Vodafone il 26,4%, Wind circa il 22% e 3 Italia l’11% (queste ultime due ora sono aggregate). TIM ha speso nel 2016 una sessantina di milioni, Vodafone un centinaio, H3G una ventina e Wind circa 50. Su questa base, la cifra di base per consolidarsi non dovrebbe essere inferiore ai 20 milioni. Anche qui, non si dovrà aspettare molto per sapere qualcosa di più preciso.