Mediaset, Rai e Discovery a confronto sulle nuove strategie in tema di video on demand
Confindustria RadioTv e IULM indagano su usability e user experience delle piattaforme web dei principali operatori televisivi del mercato italiano; presentata, ieri, una ricerca inedita a Milano
L’ingresso a gamba tesa dell’online nel mercato dei contenuti editoriali, televisivi e non, ha stravolto buona parte delle regole che reggono questo business. Il mercato televisivo si confronta con la concorrenza delle piattaforme Over the Top come Google o Facebook che nel nostro Paese non hanno vincoli fiscali, e si ritrova spesso a condividere dati importanti sui propri utenti con questi grandi player del web senza poterne ricavare nulla in cambio. La battaglia di Mediaset contro YouTube è stata emblematica in questo contesto. Ancora oggi il Biscione contesta la libertà concessa agli OTT in un mercato deregolamentato. Con un commento in tal senso da parte del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, si è aperto ieri, a Milano, il convegno di Confindustria RadioTv “Emozioni on demand” dedicato alla presentazione dell’indagine condotta dal Behaviour and Brain Lab dello IULM sul tema dell’efficacia delle nuove piattaforme digitali per la veicolazione di contenuti video e multimediali. Attraverso strumenti come il neuromarketing, il tracking facciale delle emozioni e dello sguardo, la misurazione dell’impegno cognitivo sono stati valutate la customer experience e l’usabilità dei siti Mediaset.it, Raiplay.it e Dplay.
Le strategie online degli operatori
I tre broadcaster Rai, Mediaset e Discovery si sono confrontati sulle strategie delle proprie piattaforme on demand. Per Mediaset al centro c’è il marchio e il suo rapporto con il consumatore. Il direttore business digital Pier Paolo Cervi ha evidenziato il nuovo corso della piattaforma web del Biscione: «La nostra nuova customer experience va oltre il sito o la app, ma diventa una brand experience sul digitale». Mette inoltre in guardia sul tema della raccolta dati, che avvantaggia i colossi come Facebook e Google e pone molti interrogativi sul tema della privacy. Così Cervi sintetizza l’approccio di Mediaset: «Il web non è un nuovo canale di vendita ma un vero e proprio nuovo mercato, con nuove regole dettate dai grandi player nativi digitali». La Rai punta sul cittadino. «La nostra sfida è capire come il servizio pubblico possa rimanere rilevante in questo contesto e garantire il racconto collettivo», spiega Antonella Di Lazzaro, vice direttore di Rai Digital. L’offerta di contenuti on demand partita nel 2009 è sempre stata poco frequentata, poi l’anno scorso è nata la piattaforma unica Rai Play. «Stiamo lavorando all’integrazione delle due esperienze on demand e lineare attraverso la tecnologia MHP (Multimedia Home Platform) per accedere direttamente dal telecomando. Ora la sfida è la personalizzazione dell’esperienza on demand attraverso la profilazione. In questo contesto stiamo lavorando al tema della trasparenza, sull’esempio della BBC che per ogni richiesta che fa spiega all’utente il motivo». Luca Nicoli, digital senior director Discovery Southern Europe, ritorna al tema del contenuto, perché senza di esso «non c’è esperienza. Ma è cambiato il consumo, il concetto di legacy è superato. Per l’on demand servono altre cose. Noi abbiamo puntato su contenuti sportivi come le Olimpiadi e la serie A di basket. Dobbiamo pensare come gli OTT e mettere al centro l’utente». La convergenza degli ambienti online e tradizionale dovrebbe essere alla base dell’approccio dei broadcaster, dice Emilio Pucci, direttore di e-Media Research: «L’operatore tv deve sviluppare servizi tipici del web e del mobile».
I nuovi approcci dell’advertising online
Nell’advertising online si scontrano due opposte tendenze. Gli utenti vogliono formati ridotti e non invasivi, ma il mercato invece chiede maggiore visibilità. Per questo crescono i formati native e branded content che garantiscono grande impatto senza stravolgere l’esperienza dell’utente. Paola Colombo, direttore generale advertising technology e business development di Publitalia, torna sulla profilazione, «perché la user experience ci aiuta a capire qual è il messaggio più rilevante per l’utente e ci permette di servirglielo».