L’evoluzione delle applicazioni radiofoniche, lo studio di Fifth Beat
Notifiche Push, User Generated Content, meccaniche di engagement e nuove funzionalità sono alcuni degli step già messi in atto da molti player del panorama italiano e internazionale. Il racconto di Raffaele Boiano Ceo e co-Founder dello studio di design

Raffaele Boiano Ceo e co-Founder dello studio di design Fifth Beat
“Guarda, non voglio sentire niente!”. Che l’interscambio sociale abbia ormai assunto derive iper polemiche non è un mistero, ma la voce, quella voce rappresenta sempre di più un conforto, una soluzione, una conquista. Una voce dotata di microfono, che abbia la capacità di raccontare il mondo, anzi vari mondi, i nostri preferiti. La voce della radio, proprio lei. E i dati continuano a confermare la crescita esponenziale di un mezzo che per primo aveva cambiato il volto del pianeta al principio del 20esimo secolo. Ovviamente si tratta di una radio diversa. Con 33,7 milioni di ascoltatori al giorno sopra i 14 anni di età, che arrivano a 43 milioni in una settimana, in Italia la radio - secondo i dati di ascolto TER del secondo semestre del 2020 - continua ad avere ampio seguito ed è considerata un mezzo affidabile e molto apprezzato. In un panorama però sempre più competitivo, secondo Fifth Beat che ne ha analizzato il mercato, le emittenti dovranno curare alcuni aspetti delle loro applicazioni per fidelizzare l’ascoltatore. Assicurarsi la partecipazione attiva degli utenti attraverso l’uso oculato di notifiche push, la co-creazione di contenuti (definita anche User Generated Content) e l’introduzione di meccaniche di engagement e funzionalità, sono alcuni degli step già messi in atto da molti player e che permettono di ampliare il bacino di utenza.
Coltivare la relazione
Le maggiori evidenze di questo studio si possono sintetizzare in tre punti salienti.
° Notifiche push: vengono utilizzate come strumento per tenere viva la relazione, avvisano l’utente quando sta per andare in onda uno dei suoi programmi o brani preferiti esattamente come fanno per l’uscita di una nuova puntata di un podcast di proprio interesse. La loro efficacia è tanto maggiore quando è utilizzata solo per contenuti che siano stati “scelti” o “salvati” dagli utenti, allo scopo di evitare l’abbandono dell’app. L'invio di notifiche push aumenta i tassi di retention delle app da tre a 10 volte e gli utenti che si iscrivono portano a un aumento dei tassi di fidelizzazione due volte superiore, con un coinvolgimento che tocca l'88%. Inoltre, il tempo trascorso sui dispositivi mobili continua a crescere e la maggior parte del tempo trascorso su questi è nelle app anziché nel browser. Diventa quindi essenziale creare un'applicazione mobile che consenta alle persone di svolgere più attività durante l'ascolto e che abbia notifiche push per guidare gli utenti verso cosa gli interessa davvero. Quando nel flusso radiofonico si commentano notizie dell'ultima ora si possono utilizzare le notifiche push anche oltre il palinsesto della radio, in modo che l’intera community possa restare aggiornata su ciò che sta accadendo.
° User Generated Content: l’interazione attiva con gli utenti, che si osserva da anni sotto forma di aspetto ludico (per esempio contest e giochi) permette alle persone di partecipare in un contesto di co-creazione in grado di coinvolgere le persone per costruire “digital sponsorship” dinamiche ed interattive, come nel caso di quiz tematici brandizzati dagli sponsor. Ci sono radio che rendono gli ascoltatori partecipi nella produzione diretta di contenuti come foto, playlist, racconti di esperienze e storie. “Applicazioni come Radiooooo, dove gli abbonati possono inserire le proprie selezioni musicali, o Virgin Radio che, tramite il menù ‘Concorsi’ consente l’accesso alla pagina dedicata agli eventi a premi, rendono perfettamente l’idea di come si possa invitare gli utenti a dare il proprio contributo e alimentare i progetti”, ha sottolineato Francesco Vetica, Head of Design e Partner di Fifth Beat.
° Meccaniche di engagement e nuove funzionalità: riuscire ad accendere l’interesse degli ascoltatori verso l’applicazione è un aspetto fondamentale per assicurarsi un uso continuativo del servizio e una fedeltà verso il brand. Se l’invio di notifiche push, può risultare funzionale a un aumento dell’engagement, si può stimolare un utilizzo più trasversale e giornaliero dell’app attraverso l’aggiunta di funzionalità aggiuntive, come fornire canali di comunicazione direttamente in-app e creare soluzioni e format specifici per i diversi programmi consentono di stabilire un legame solido tra l’utente e l’emittente radiofonica stessa. Maggiori interazioni si producono e maggiore sarà la probabilità di nascita di una community unita e proattiva.
La radio siamo noi
“Amo la radio perché arriva dalla gente
Entra nelle case
E ci parla direttamente”
La dichiarazione d’amore di Eugenio Finardi verso le rivoluzionarie onde libere degli anni 70 non cessa di avere il suo fascino, rinverdisce di stagione in stagione, ma per farlo ha bisogno di aggiornare i propri orizzonti, quelli delle app, per esempio. Come? Lo abbiamo chiesto a Raffaele Boiano Ceo e co-Founder dello studio di design Fifth Beat.
Come deve essere un’app radiofonica?
«Deve esplorare, scoprire strade invisibile in una piattaforma normale. Esistono molti servizi che non possono essere veicolati su un sito. Ma prima, occorre capire chi sia l’utenza di riferimento e come fruisca l’ascolto. Occorre anche capire l’ambizione dietro un progetto radiofonico che è ricco di touch point e può includere la tv, Spotify, il portale, quest’ultimo serve per farsi trovare, per far sapere che esisti. Da quel momento, è necessario un altro step, a bordo di un’applicazione che intensifica il rapporto con l’utente, accentua la fidelizzazione, crea un legame che diventa tradizionale. Un’app offre qualcosa di realmente differente, rende l’ascoltatore protagonista perché crea un contatto più diretto, cosa che non sempre accade in una semplice esperienza radiofonica. L’app radiofonica può fungere da sveglia, da organizzatore di tematiche preferite, siano esse news sia esso l’intrattenimento musicale, può integrarsi con lo streaming, consentire l’aggiunta di brani alla propria libreria, favorire la “dedica” quando si vuole. Libera insomma una fruizione molto più personalizzata».
Un modo per dire che la radio la fa anche l’ascoltatore?
«Di fatto è così, perché l’app comunica in maniera differente, permette di gestire i micro momenti, le personalizzazioni. In questo modo si esce dalle logiche del solo streaming. Tutte cose che una piattaforma classica ancora non riesce a offrire. Proprio dalla personalizzazione nasce il successo di un’app come Spotify: una piccola startup che, grazie a innovazioni costanti è divenuta la numero uno del panorama mondiale. Un po’ come Netflix che ormai produce le propre serie, Spotify creerà i suoi podcast».
Ci sono degli esempi virtuosi?
«La presenza di canali diretti di comunicazione in-app si può manifestare tramite la possibilità di mandare messaggi alla diretta o poter fare dediche, come accade con RDS. App radiofoniche come Radio 105, Virgin Radio e NPR sono invece da esempio per come si possano creare delle abitudini che fungano da contatto tra la radio e l’utente. Una selezione di news giornaliere calibrate sugli interessi delle persone o l’aggiunta di nuove funzionalità e caratteristiche come la sveglia, hanno portato gli utenti a introdurre nei propri gesti quotidiani l’apertura dell’applicazione. Se pensiamo alle community poi, quelle dei runners sono un ottimo esempio di come le app, con opportuni processi di redesign, possano incontrare un pubblico con obiettivi personali da raggiungere, che ben si traducono in sfide ed eventi rivolti a chi, come loro, abbraccia la cultura del fitness. Ci sono dei trend che stiamo osservando e che crediamo possano segnare il futuro delle emittenti radio che, a oggi, si trovano a competere sempre di più con le piattaforme di podcast e le radio in streaming di Spotify o Apple Music».