Autore: Redazione
06/10/2022

Uniting Group, quando la comunicazione significa confronto e ascolto

Da gruppo integrato di comunicazione a co-creation platform, la nuova vision della società dalle parole di Nicola Corricelli, Chief Culture Officer, e Luca Colombi, Chief Client Director

Uniting Group, quando la comunicazione significa confronto e ascolto

Nicola Corricelli e Luca Colombi

Mai riposare sugli allori, diceva qualche saggio perso nella notte dei tempi, ma sempre pronto a far squillare la sveglia di un nuovo giorno. Dalle parti di Uniting Group i celebri “detti” li conoscono a memoria ma non li usano come cantilene propiziatrici, piuttosto li mettono a frutto, come dimostra il cambio di passo portato a compimento la scorsa primavera, quando l’agenzia guidata dal CEO Alessandro Talenti, dopo aver archiviato un 2021 in forte crescita che in 12 mesi aveva portato il gruppo a superare i 110 dipendenti e a lanciare due nuove business unit (che si aggiungevano alle tre già operative), si è ripresentata al mercato con una value proposition e un modello operativo profondamente trasformati, da gruppo integrato di comunicazione a ecosistema di realtà specializzate e iper-verticali. Cinque mesi dopo è opportuno fare il punto della situazione con Nicola Corricelli, Chief Culture Officer, e Luca Colombi, Chief Client Director

Qualche mese fa abbiamo parlato della trasformazione di Uniting Group nella prima co-creation platform. Qual è stato il riscontro della industry alla vostra nuova value proposition?

«Il riscontro è stato ampiamente positivo. Da parte della industry certo, ma ancor prima da parte di Uniting stessa. La nostra vision e il nostro approccio incentrato sulla co-creazione ci hanno permesso di trasformare anche i processi di ogni singola business unit, sia singolarmente, sia nei rapporti intra company. Al centro di tutto poniamo lo studio e l'ascolto di quanto accade al mercato che ci circonda, analizzando dati, mutamenti, innovazioni. In questo modo quando riceviamo un brief siamo in grado di proporre soluzioni e strumenti che vanno oltre la semplice richiesta dei brand e che soprattutto non comportano necessariamente un extra budget. Nel mercato che ci circonda non serve spendere di più, serve avere una maggiore capacità di confronto e ascolto con clienti e partner, così da trovare le migliori modalità per garantire ottimizzazioni e performance».

Nello scenario attuale i brand hanno bisogno sempre di più di essere parte attiva dei progetti di comunicazione, condividendone valori e innovazione. Qual è la vision di Uniting verso questa nuova esigenza?

«Fino a qualche tempo fa il rapporto agenzia-cliente era monodirezionale. Arrivava un incarico e lo si portava a compimento nel miglior modo possibile. Quello che garantiamo in Uniting Group, invece, è una cultura aziendale che crede nella necessità di lavorare sempre a quattro mani. Viviamo in un mercato schizofrenico in cui per i brand è complicato valutare dove e come andare a investire. Per questo motivo è fondamentale proteggere sempre i valori che essi rappresentano per i consumatori e per farlo l'elemento chiave sta proprio nella condivisione. I brand non sono committenti, ma sono e devono essere protagonisti in qualsiasi tipologia di progetto, che esso sia un'attivazione on field, una campagna digital o di influencer marketing».

Il 2022 vi ha visto lanciare i vostri primi format proprietari: la Run For Inclusion e l'influence Day. Si tratta di esempi perfetti del nuovo modello di business del Gruppo. Ci raccontate meglio di cosa si tratta?

«Uno degli asset strategici che meglio rappresentano la nuova Uniting Group è certamente l'intellectual property. Come si collega questo ai nostri format proprietari? La risposta è molto semplice e sta nella genesi di entrambi. Normalmente se si pensa al ruolo di un'agenzia all'interno di un grande evento, la si immagina come owner per l'organizzazione o la gestione di determinate aree. I nostri format nascono invece da uno studio importante del tessuto sociale che ci circonda».

Quali sono i temi che più stanno a cuore nel 2022? E le ambizioni delle nuove generazioni?

«Gli output che abbiamo dato a quest'analisi sono proprio la Run For Inclusion e Inda. Non dei semplici eventi, ma delle piattaforme di comunicazione che racchiudono valori come inclusion e diversity, il primo, o danno una chiave di lettura fondamentale sul business più ambito dalle nuove generazioni, ovvero l'influencer marketing. Questo tipo di approccio ci permette inoltre una programmazione pluriennale. Non abbiamo creato format sfruttando la contingenza del momento, ma fondandoli su temi di grande importanza e perfettamente coerenti con l'agenda dell'UE che ci accompagnerà fino al 2030».

Insomma, un vero e proprio cambio di passo anche dal punto di vista commerciale?

«Esattamente. La dimostrazione è anche nelle tante società di primo livello che hanno deciso immediatamente di sposare queste iniziative. Pensiamo a DHL Express Italy, Eni Plenitude, Crédit Agricole Italia, Fileni, solo per citarne alcuni. Queste grandi realtà condividono la vision e i valori che i nostri format racchiudono, diventando così attori primari nella stesura dei concept e parte attiva durante gli appuntamenti veri e propri, grazie ad attività cucite su misura per ognuno di loro. In questo modo la presenza di tutte le parti in gioco diventa perfettamente coerente con la value proposition degli eventi. Anche il media, poi, assume un ruolo inclusivo e determinante in questo scenario e per questo è davvero prezioso poter contare sulla partnership di un player come RDS, così come sull'endorsement del Comune di Milano che, aldilà della concessione del Patrocinio, è il primo sostenitore di questo tipo di progetti, confermando il "modello Milano" che tutti i giorni apprezziamo (dal design alla moda) e che ha senz'altro settato un linguaggio positivo verso le community differenti».