Autore: Redazione
06/04/2021

Instilla fotografa l’Italia che cambia nel nome del digitale

La società, leader nel conversion marketing, chiude il 2020 con 3 milioni di fatturato e un rinnovato CdA, di cui il founder Alessio Pisa e CEO. A lui abbiamo chiesto come si evolve un Paese, tra ritardi, modelli di business, settori più propensi e il bisogno costante di formazione

Instilla fotografa l’Italia che cambia nel nome del digitale

Alessio Pisa

Cinque anni possono sembrare un’eternità, benché siano passati come il vento, con la stessa fuggevole velocità con cui cambia giorno per giorno la società, quasi di nascosto, come timorosa di fare un passo troppo in là. È forse questa l’immagine del nostro Paese, amato e criticato, sempre in affanno, in ritardo su mille appuntamenti, o almeno così si dice, che gioco forza nell’ultimo anno ha dovuto calzare scarpe da corsa più performanti, al posto del solito logoro Stivale per correre sulle ali della digitalizzazione che, stavolta è vero, non attende. La pandemia come fattore accelerante, avremmo potuto pensarci prima ma, visto che ci siamo, facciamolo ora. Cinque anni fa nasceva una società dedita all’ideazione di software per i reailer, Instilla; nel corso dei mesi, la struttura ha progressivamente mutato il suo raggio d’azione e si è specializzata nella consulenza, per aiutare, per agevolare, per far capire come fare performance con il digitale. Perché puoi avere in mano gli strumenti migliori, ma se ti manca il vocabolario, o il libretto delle istruzioni, potresti collegare qualche cavo in malo modo e perdere molto tempo. Che ne sarebbe a quel punto della citata e chiacchierata accelerazione digitale?

Il 2020

Un ulteriore riassunto, un tirare le fila per poi aprire il nuovo capitolo: la società di consulenza digitale attiva nell’innovazione dei processi del conversion marketing ha chiuso il 2020 registrando risultati positivi oltre ogni aspettativa. Una crescita notevole e costante sotto molti aspetti, a cominciare dal fatturato, passato dai 2,2 milioni del 2019 ai 3 milioni del 2020. Numeri di rilievo, giunti al termine di un periodo certamente complesso, tra la nota pandemia un percorso di sviluppo che a portato la società a rendersi indipendente, portando a termine a novembre un’operazione di buyout che ha riguardato il 30% del capitale sociale e che ha visto l’uscita dei business angel contributori nell’avvio e nello sviluppo della società nei suoi primi 5 anni di attività. Il management ha deciso di assegnare le quote riacquistate a piani di incentivazione aziendale, così da poter consentire a molti  una partecipazione attiva alla vita societaria. Oggi il Consiglio d’Amministrazione è composto da Alessio Pisa CEO e Founder, Ennio Esposito Presidente, Riccardo Biffi CTO. Paolo Meola mantiene il ruolo di partner. Sono 43 i professionisti che ogni giorno affiancano con passione le aziende clienti di Instilla nel loro percorso di digitalizzazione del business: 10 di essi assunti nel corso del 2020, mentre sono state già 3 le assunzioni effettuate nel primo mese del 2021. Proprio al CEO Alessio Pisa abbiamo chiesto lumi, sulla sua società e su quella più grande che si chiama Italia.

Quindi siamo sulla buona strada: il digitale è ormai diventato di casa, o no?

«Non proprio. Lo vediamo e lo sudiamo ogni santo giorno, ecco perché siamo consapevoli che ci siano non pochi segmenti in difficoltà, come per esempio l’ambito manifatturiero. Che ora i bisogni abbiano spinto verso un’accelerazione dei processi digitali non vi è dubbio, ma non basta, è solo il primo passo».

Chi si è dato più da fare?

«Healthcare, commodity, giochi, editoria, cambi di prosettiva, accelerazioni orizzontali. Il problema però è legato alla figura dell’imprenditore medio, magari non piùgiovanissimo, con una conoscenza  non ampia dell’argomento, quasi diffidente. E allora il tema portante diviene quello dell’alfabetizzazione, del prendersi il tempo necessario per capire, imparare. Manca però il capitale umano. Questo è il vero scoglio».

Cosa offre in questo senso Instilla?

«Illustriamo le metriche, i canali da studiare e percorrere, analizziamo i profit and loss, spieghiamo il digitale, con l’obiettivo di aiutare l’imprenditore in un vero percorso di formazione. Senza dimenticare il settore di riferimento, le peculiarità della singola società. Percorsi personalizzati e approfonditi per avviare poi un digital business quanto più appropriato».

Cosa succede fuori dall’Italia?

«C’è una maggiore consapevolezza, all’estero sono più legati alla performance perché sono maggiormente organizzati. Quindi si affidano a team consulenziali per conoscere non l’ABC ma ulteriori possibilità, e poi chiamano l’agenzia per scovare inediti strumenti di performance. In Italia si parla spesso di cambiare i modelli di business, ma prima occorre avere la giusta consulenza per arrivarci. E spesso bisogna procedere con i cosiddetti piedi di piombo, per non spaventare, per accompagnare, senza far capire che alcune cose sono effettivamente troppo distanti per essere raggiunte. Ci sono realtà confindustriali che possono faticare anche alle prese con riunioni svolte su Teams».

Instilla si è ridisegnata nell’ultima stagione?

«Sì, abbiamo affrontato dei cambiamenti, non solo a livello manageriale. Abbiamo una nostra piattaforma che raccoglie le varie opportunità e ci permette di gestire in maniera più efficiente le attività di business. Abbiamo aperto 5 posizioni. Attendiamo una crescita, ma con moderata fiducia. Il 2021 non si è aperto in generale sotto il segno della spinta. Le certezza continuano a mancare e il mercato rimane in attesa. Quello che auspichiamo è uno sblocco, non solo delle attività, ma anche della mentalità legata alle opportunità offerte dal digitale. Ci sono ancora molti pregiudizi. Ecco perché ci piacerebbe allestire un Hub per la digital transformation, un modello consulenziale e partecipativo, nel quale anche noi ci metteremmo in discussione».

Ci sono eccellenze italiane che non si sono ancora debitamente attrezzate?

«Sì. Il fashion, il manifatturiero, la robotica, l’aereospaziale. Non sembri strano leggere anche di ambiti che “giocano” molto sulla tecnologia; sono talmente focalizzati sul prodotto che si sono dimenticati di raccontarlo».