Autore: Redazione
11/03/2024

Per Havas Media Network Italy ricavi 2023 a +10,9%; Spadini: “Per il mercato buone prospettive nel 2024, con la tv in equilibrio dinamico”

In un’intervista rilasciata a TiVU’, di cui riportiamo ampi stralci, il CEO spiega i trend del Gruppo e delle strategie di comunicazione

Per Havas Media Network Italy ricavi 2023 a +10,9%; Spadini: “Per il mercato buone prospettive nel 2024, con la tv in equilibrio dinamico”

Stefano Spadini

Tivù - il mensile di Duesse Communication distribuito attraverso mailing selezionata (3.000 nominativi) a manager di tutte le emittenti televisive nazionali, locali, satellitari, centri media, agenzie di pubblicità e p.r., manager delle principali aziende “big spender” nel mezzo televisivo, concessionarie di pubblicità, aziende di produzione e broadcast, uffici stampa e autori tv – ha realizzato per il numero di aprile un’intervista a Stefano Spadini, CEO di Havas Media Network Italy e della quale, su gentile concessione dell’editore, riportiamo alcuni stralci.

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Pubblicitariamente parlando, che anno è stato il 2023 per la tv, e che 2024 si profila?

“Il trend è stato senz’altro positivo per il terzo anno consecutivo, Nielsen ha riportato una crescita per il mercato pari al 2,6%, il che non era affatto scontato. Con la televisione a + 2,I%, e per la quale - in virtù dei due eventi sportivi della stagione, Europei di Calcio in Germania e Olimpiadi in Francia - nei prossimi mesi dovrebbe registrarsi un’accelerazione significativa, agevolata dal fatto che la programmazione oraria delle gare sarà favorevole al nostro emisfero. Certo, siamo ancora lontani dai record di raccolta del 2008, ma - se si esclude la stampa quotidiana - tutti i mezzi mostrano un estremo dinamismo con livelli di crescita più o meno sensibili. La tv in particolare ha beneficiato dello spostamento di alcune figure come Fabio Fazio da Rai3 a Nove, così come di altri “traslochi” eccellenti, come quelli di Myrta Merlino, Bianca Berlinguer, Corrado Augias, solo per citarne alcuni”. 

Sta dicendo che i cambiamenti di casacca dei conduttori hanno fatto bene alla pubblicità? 

“Certamente. Al di là dell’aspetto quantitativo, sicuramente sotto il profilo dell’attenzione hanno prodotto un innalzamento della soglia di interesse da parte degli inserzionisti: i clienti sono tornati ad appassionarsi alle dinamiche competitive innescate anche da queste novità. Si sono confrontati con noi per capire come avrebbero reagito i singoli editori e come si sarebbero riorganizzati. Se a questo si aggiungono i record di share dell’ultimo Festival di Sanremo, si ha la conferma che la tv è stata e rimane un medium estremamente dinamico, che ha la capacità di rendere la pubblicità un tema caldo su cui le persone possono conversare. E questo ha prodotto una ricaduta positiva su tutto il settore. Oggi non se ne dibatte più come un tempo: in passato il Maurizio Costanzo Show ospitava e faceva conoscere personaggi come Gavino Sanna e Oliviero Toscani, dimostrando come la pubblicità contribuisse a formare l’immaginario culturale del nostro Paese. Invece, con l’avvento della super-addressability, della super-personalizzazione, rischiamo di cadere nell’illusione che, in pubblicità, tutto quello che esula dalla performance non sia rilevante. Eppure, non di sola performance vivono i brand. Si tratta di un punto estremamente importante per tutta la filiera, per le agenzie creative, per chi si occupa di media, per chi investe. Viviamo in un’epoca in cui tutto è media, ma - aggiungo io - il media non è tutto: “Everything is media, but media is not everything”. E questo vale per qualsiasi settore merceologico. Dopo di che, va riconosciuto che tutti gli editori televisivi hanno saputo organizzarsi per fare fronte all’evoluzione in atto”. 

Vuol dire che ha avuto ragione chi ha pronosticato che nella fase post-pandemica nulla nel mercato tv e pubblicitario sarebbe più stato come prima? 

“Per certi versi, sì. Quello con cui abbiamo a che fare è un mercato tv in equilibrio dinamico, perché intelligentemente non si è asserragliato nella comfort zone dell’offerta lineare, spostando il campo d’azione nell’on demand, nello streaming su tutti i device, investendo in tecnologia, in prodotto, in nuove alleanze. Tutto questo fa ben sperare che la raccolta del 2023 si potrà confermare anche quest’anno, tenendo presente che quel 25% di consumo tv on demand rende ancora più centrale il ruolo delle agenzie media che, grazie a investimenti in talenti e strumenti, riescono a lavorare in ottica total video, senza ridursi a una mera competizione muscolare. Oggi le professionalità del settore hanno - e devono avere - una capacità di analisi su tutto il panorama media”. 

Il ruolo delle agenzie media diventa sempre più essenziale, quindi?

“In effetti si pensava che il ruolo delle agenzie media potesse diventare marginale. In realtà sfido chiunque a trovare, all’interno del comparto comunicazione, settori altrettanto in salute. Le agenzie media sono strutture finanziariamente sane, con percentuali di crescita annua di tutto rispetto: i ricavi di Havas Media Network in Italia nel 2023 sono aumentati del I0,9%. La strategia è chiara: sviluppo del nostro business in orizzontale e in verticale, ovvero professionalità più elevate nei nuovi servizi e capacità di orchestrazione di un panorama sempre più esaltante. Siamo stati bravi a sviluppare servizi a valore aggiunto, investendo nel mondo dei dati, nell’e-commerce, nel content. In Havas abbiamo il vantaggio di poter agire con estrema rapidità e autonomia, come abbiamo fatto prima con Havas Play nello sport, poi con il content, adesso con la musica, e così con altre novità che verranno ufficializzate a breve. È la stessa libertà decisionale che abbiamo applicato nel lanciare CSA (Consumer Science & Analytics, l’unità dedicata all’analytics e alle soluzioni di machine learning, ndr) e nel fare investimenti nel mondo dei dati, SmatTech, Analytics ed e-commerce. Questo fa sì che agli occhi del cliente l’agenzia non sia diventata una sorta di tuttologo, bensì un centro di eccellenza che si avvale di tecnologie, professionalità e skill sempre più complesse e inedite per fornire consulenze ancora più aggiornate e personalizzate”.  

Ma tanta complessità tecnica va messa al servizio della creatività, e viceversa. Una efficiente pianificazione non richiede una elevata componente creativa? 

“Non sbaglia. Mai come oggi la pianificazione deve tenere conto delle potenzialità dell’uso creativo di ogni mezzo, e la tecnologia ha portato questa componente ai massimi livelli. Oggi la pubblicità non può essere un momento fugace: i brand riescono a raggiungere in modo più ampio e meglio i loro consumatori perché hanno enormi opportunità di mantenersi in relazione con loro: attraverso ad esempio una storia su lnstagram, un video su TikTok, un post su Facebook, attraverso un podcast, le radio e i loro tour; e l’audio-video in tutte le sue forme di evoluzione possibile. Mai come oggi i brand hanno le opportunità di creare delle vere relazioni coi consumatori, mai come oggi i brand devono essere forti e distintivi. Per questo le agenzie media sempre di più si dotano di competenze capaci di dare una visuale d’insieme ai propri clienti, una sorta di effetto surround al cui centro sta proprio l’agenzia media intenta a orchestrare questa crescente complessità”.

Con l’avvento delle Smart Tv si è giunti nell’era in cui la pubblicità televisiva fa diretta concorrenza al web. Le concessionarie sostengono che sempre più inserzionisti pianificano “anche” la Connected Tv, mentre alcuni investono “solo” su di essa. Quanto è destinata a incidere? 

“Secondo UNA, nel 2023 la tv non lineare (addressable e on demand) è vicina ai 400 milioni di investimento, quasi quanto la radio o l’affissione. E continua a crescere a tassi interessanti: i dati Auditel sui legitimate stream adv danno un +100% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Il mezzo offre ovviamente numerose opportunità legate alla precisione del dato, quindi alla segmentazione, al raggiungimento di nicchie, all’ingresso in zone geografiche specifiche, alla possibilità di creare delle aree test per certi prodotti. Per quanto riguarda l’agenzia, ci siamo assolutamente allineati a questo cambio di paradigma, investendo in formazione a livello locale per cogliere ogni sfumatura che questa opportunità di business offre ai nostri clienti. Il nostro approccio è stato da subito di coglierla non come un’occasione passeggera, bensì come una componente strutturale della tv non lineare, su cui peraltro si sta spostando una parte importante del consumo video”.

Un’altra novità è l’ingresso degli OTT nell’agone della raccolta pubblicitaria. Che tipo di scenario si profila? Che futuro hanno se continueranno a respingere l’idea di un monitoraggio terzo dei loro dati?  

“Ogni mercato - per quanto liberista si professi - non può derogare all’idea di darsi delle regole condivise e uguali per tutti: è un imperativo che non può essere ignorato. Lo dimostra quanto è già successo col digitale, dove abbiamo sperimentato come, se non ci si basa su metriche comuni, i rischi si concretizzino facilmente. I primi dati sul fenomeno dicono che i consumatori preferiscono vedere gli spot e pagare un prezzo più basso: vale quello che funziona da sempre per la tv commerciale, come per la radio. C’è poi qualche ricaduta interessante. Per esempio, Amazon potrebbe rivelarsi un game changer. Stiamo parlando di un operatore che vanta oltre vent’anni di expertise nei rapporti di distribuzione con le aziende, quindi potrebbe agire con una leva commerciale per concludere accordi al fine di posizionare in modo strategico i loro prodotti sul proprio motore di ricerca e - in aggiunta - di pubblicizzarli anche su Prime”.

Pensa che l’intelligenza artificiale imprimerà in qualche modo un’accelerazione alla rincorsa delle vostre agenzie? 

“L’IA impatterà in maniera diversa su tutta la filiera: ideazione, produzione e veicolazione. Da un punto di vista dell’agenzia media, faciliterà il nostro lavoro. Dovremo però imparare a usarla bene, ovvero automatizzando solo l’automatizzabile. Ma questo abbiamo già imparato a farlo da anni: per esempio, col Programmatic sul digitale le agenzie si sono già abituate a reinventare il loro business model.  L’IA sarà sempre più rilevante in tutta la parte di analisi dei dati, dopo di che l’elaborazione strategica sarà assolta dalla persona che dovrà interpretarli, il che presuppone che questi ruoli siano ricoperti sempre più da senior, mentre la parte più operativa sarà più di competenza dell’IA. Vogliamo che queste persone dedichino il loro tempo a co-struire relazioni e fiducia con il cliente, un asset portante del successo di Havas. Per questo penso che nell’evoluzione verso l’intelligenza artificiale non avrà la meglio chi la userà di più, bensì chi saprà usarla al meglio”.  

I prossimi saranno i mesi in cui broadcaster e Ott metteranno a punto le release di contenuti per la seconda metà dell’anno. Quali sono gli aspetti che chi li sceglierà dovrà tenere conto per poter essere - pubblicitariamente parlando - competitivo? Anche perché, al netto delle varie strategie, la rilevanza dei programmi rimane indiscussa e indiscutibile.  

“Di una cosa sono convinto: che ora, ancor più che in passato, ogni editore, ogni broadcaster, ogni piattaforma, ogni radio, deve dotarsi di programmi totem, di programmi di riferimento intorno ai quali costruire la sua identità e, quindi, il proprio successo. I programmi totem hanno bisogno di risorse e investimenti superiori alla media, ma hanno un effetto enorme agli occhi degli investitori, perché sono un chiaro segnale di vitalità. E il mercato, mai come nel post-Covid, ha bisogno di segnali che vadano in questa direzione. Perché la vitalità genera l’attenzione, ovvero crea aspettative verso un contenuto che vale la pena seguire e, di conseguenza, su cui vale la pena investire; altrimenti di-venta solo rumore di sottofondo”.