Google chiede di modificare la bozza della riforma europea sul copyright
Kent Walker, capo legale della società statunitense, accoglie positivamente alcuni aggiornamenti, ma chiede di fare di più, soprattutto per quanto riguarda gli articoli 11 e 13
Google sta aumentando le pressioni nei confronti di Bruxelles per rivedere la bozza della nuova normativa europea sul copyright, la cui approvazione è prevista per la fine di marzo nell’ambito di una seduta plenaria al parlamento. Dopo l’ok in commissione, ottenuto a pochi giorni di distanza dall’accordo tra i principali organi del vecchio continente, il destino della riforma sembra oggi più “sicuro” e a vantaggio di artisti, musicisti e creators di contenuti. Per questo Kent Walker, SVP of Global Affairs della società statunitense, ha chiesto di rivedere il testo della legge per non provocare "un arretramento del settore digitale".
Walker ha riconosciuto come l’ultima versione del testo contenga diversi miglioramenti rispetto a quelle passate. Nonostante ciò, ha spiegato, esiste il rischio di arrivare a conseguenze inattese per i settori creativi, i giornalisti e l’editoria, riporta il Financial Times. In particolare, al centro dei reclami di Big G ci sono gli articoli 11 e 13 della normativa: il primo è connesso alla “link tax”, cioè a una piccola remunerazione che piattaforme come Google dovranno versare agli autori per riprenderne le produzioni; il secondo è legato ai filtri automatici che sempre questi attori dovranno implementare per non pubblicare contenuti protetti da copyright. Secondo Walker l’articolo 13 porterà i servizi a bloccare più contenuti del necessario per limitare i pericoli di natura legale. Non solo, servizi come YouTube potrebbero pagare il conto al posto di autori le cui informazioni sul copyright sono incomplete.
Al centro delle preoccupazioni di Google, come noto, anche Google News, il servizio già sospeso in Spagna. Stando al blogpost di Walker i pericoli maggiori in questo caso spettano agli editori più piccoli mentre gli utenti vedranno ridursi l’accesso all’informazione. In questo caso Google contesta la definizione di “publisher”, ritenuta troppo larga.