Autore: Redazione
12/11/2018

Frodi pubblicitarie e trasparenza: la parola d’ordine è collaborazione

Il TAG ha pubblicato uno studio in cui afferma che le frodi possono diminuire fino all’84% se c’è chiarezza tra tutti gli attori. E lo scorso maggio la WFA aveva elencato gli otto principi per un’advertising migliore

Frodi pubblicitarie e trasparenza: la parola d’ordine è collaborazione

Il Trustworthy Accountability Group (TAG) ha rilasciato uno studio, la cui evidenza principale indica che le frodi possono diminuire fino all’84% per quelle campagne in cui tutta la catena ha adottato le corrette misure di prevenzione in un’ottica di collaborazione. L’organismo ha esaminato oltre 75 miliardi di impression video e display sui canali deskotp, mobile e in-app, per investigare le nuove forme di frodi. I dati analizzati provengono da più fonti: Annalect, GroupM, Horizon Media, IPG Mediabrands e Publicis Media. “Quello che diciamo ai nostri clienti è: se stai operando all’interno di un ad network, in pratica stai permettendo a qualcuno di acquistare programmaticamente per tuo conto e non sai se quella persona ha a cuore i tuoi interessi”, ha detto Joe Barone, Managing Partner di GroupM per la brand safety in America, parlando giovedì ad un evento a New York City ospitato da 614 Group, che ha collaborato con TAG alla ricerca. Le mosse delle aziende Lato aziende, la multinazionale americana Procter & Gamble, vale a dire il principale spender pubblicitario mondiale, richiede ai suoi partner di ottenere una certificazione anti-frode proprio da parte del TAG. Barone ha detto che i clienti di GroupM cercano sempre più queste forme di trasparenza, soprattutto quando si parla di frodi e brand safety. In Italia, stando ai dati forniti da Nextplora l’anno scorso, le frodi si limitano al 2,5% dell’inventory, un dato più basso rispetto a mercati più sviluppati come Gran Bretagna e Stati Uniti. Altri studi hanno indicato livelli più alti, ma comunque, almeno nel campo delle frodi, per una volta l’Italia sembra stare in una posizione privilegiata. Il documento della WFA Una vera e propria presa di coscienza che a livello associativo ha visto la World Federation of Advertisers pubblicare un documento in cui elenca gli otto principi per una pubblicità migliore. E attraverso cui chiede collaborazione attiva all’offerta, ossia chi vende spazi pubblicitari. Il primo punto della Global Media Charter riguarda proprio le frodi e la politica di tolleranza zero verso questa pratica, che produce danni per miliardi di dollari ogni anno all’industria dell’adv. Al secondo posto la brand safety, seguita dalla viewability e dalla trasparenza. Ma come bisogna agire per combattere le parti meno chiare del settore? Per Joe Barone è una questione di velocità: “Pensate alla pressione che abbiamo messo su Google e Facebook per rimuovere i contenuti sgraditi in breve tempo. Dobbiamo operare il più velocemente possibile per avvertire il cliente del rischio in cui incorre”.