Dal Digital Italy Summit si alza il coro: investire sull’innovazione e sulle regole
Roberto Masiero, presidente di TIG - The Innovation Group, fa il punto della situazione all’indomani della chiusura della nona edizione dell’evento che ha messo in risalto tutte le possibilità offerte dall’AI generativa, in attesa dell’affermazione di quella trasformativa e dell’imporsi definitivo dell’informatica spaziale
Roberto Masiero
La scorsa settimana si è tenuta a Roma la tre giorni del Digital Italy Summit 2024, giunto alla sua nona edizione, evento in cui i protagonisti dell’economia, le autorità di governo e del mondo accademico e della ricerca, esperti italiani e internazionali si sono confrontati sui più recenti trend tecnologici e sul loro impatto sui processi di innovazione digitale del nostro Paese, tra l’AI, le sfide da superare per digitalizzare il Paese, geopolitica, cybersecurity, dilemmi etici. Un’occasione per i leader delle imprese del mondo digitale per condividere le loro visioni, anticipare le loro strategie di impresa e presentare le loro tecnologie innovative al nostro mercato. Ne parliamo con Roberto Masiero, presidente di TIG - The Innovation Group (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv).
Digital Summit Forum: quali sono stati i temi principali affrontati?
«È stato un momento di confronto tra i migliori esperti italiani e internazionali rispetto al futuro del Paese, tra imprese, pubblica amministrazione e terzo settore. Si è discusso di come proceda il processo di digitalizzazione del Paese sotto la spinta dell’artificial intelligence, che non è solo una tecnologia, ma una meta tecnologia trasversale che: amplifica lo sviluppo di piattaforme e sistemi; è un vero e proprio acceleratore, un doppio motore di crescita per il mercato digitale e per i modelli di business delle imprese che vengono trasformati; è un acceleratore di produttività del Paese, anche se, in realtà, la produttività non è stata particolarmente brillante e il processo di digitalizzazione ha segnato il passo, e non solo in Italia; ecco perché ci attendiamo che l’AI faccia fare il grande salto di qualità, grazie alla sua accessibilità; infine, AI come trasformatore del mercato del lavoro, di ridisegno dei ruoli e delle professionalità e dei processi di formazione. La digitalizzazione che, ricordiamolo, dopo una progressiva ascesa dal 1987 al 2008, dopo la grande crisi finanziaria ha rallentato. Motivi? Forse l’abbiamo sopravvalutata, ma oggi puntiamo molto sull’AI».
L’onda lunga dell’AI: come sta? E sul fronte italiano, a che punto siamo?
«Alla fine dei conti, la discriminante è data dal volume degli investimenti: in 10 anni, gli USA hanno spesso 330 miliardi in AI, la Cina 100, l’Europa 20. In Italia c’è un’ipotesi di investire un miliardo nei prossimi cinque anni, a cui vanno aggiunti due miliardi da privati; dobbiamo però spendere bene le risorse, il che significa stare con i piedi per terra, sperimentare modelli più limitati e magari rafforzare aree dominanti come il made in Italy».
Come si può trovare un equilibrio tra AI e sicurezza?
«Gli strumenti di intelligenza artificiale rendono più penetrante la minaccia, come la costante diffusione del phishing dimostra, l’inganno è sempre dietro l’angolo. È necessario intervenire sulla cultura dei cittadini e delle imprese, sul fattore umano; poi c’è un diritto costituzionale alla privacy e il Governo deve farlo rispettare e non sempre accade».
Quanto incide l’AI in termini di geopolitica?
«L’AI agisce in profondità rispetto ai rapporti di forza internazionale, favorisce convergenze di interessi tra governi e grandi gestori delle reti internazionali, ossia i gli oligopoli che dominano oggi, una questione concreta soprattutto in USA e Cina, una situazione che determina un gioco di stati oscillanti. In mezzo c’è l’Europa e qui si ricade nel dilemma tra regolazione e innovazione cui si deve rispondere con una serie di investimenti che sostengano una ripresa di attività realmente innovative, come indicato bene dall’agenda Draghi».
Quali saranno i prossimi focus sul fronte AI?
«Siamo passati dall’AI predittiva a quella generativa che crea sulla base di milioni di dati; la prossima fase parlerà la lingua dell’AI trasformativa, con l’intelligenza artificiale che non risponderà alle sole domande ma intraprenderà autonomamente delle azioni, seppure a livello settoriale. E poi c’è l’informatica spaziale, con l’evoluzione della computer vision, che significa trasportare dati e testi da una dimensione bidimensionale a una tridimensionale».