Come superare un sistema che sembra ignorare i princìpi del DE&I
E' arrivato il momento in cui la richiesta di brand safety deve andare di pari passo con inclusività ed equità. Dobbiamo porre fine all'era dell'esclusione e passare a quella dell'inclusione
Luca Di Cesare, Country Manager Italia e Spagna di Channel Factory
a cura di Luca Di Cesare, country manager Italia e Spagna di Channel Factory
È molto incoraggiante vedere la continua crescita del numero di inserzionisti che decidono di sostenere creator impegnati nelle cause di Diversity Equity e Inclusion e il loro pubblico. Tuttavia, osservando il panorama dei media digitali, ci rendiamo conto che la capacità di soddisfare questa domanda è limitata soprattutto da due motivi: l’accesso al capitale per le startup che si occupano di tematiche DE&I e quello ai budget pubblicitari; nel primo caso, si è registrato un positivo aumento delle opportunità di investimento e di finanziamento, nel secondo, invece, è necessario uno sforzo aggiuntivo per arrivare a una maggiore formazione e opera di evangelizzazione, nonché a una rivalutazione sistemica del modo in cui l’industria definisce i parametri di “brand safe” e considera accettabile l’inventory dei mezzi pubblicitari. Attualmente, ci muoviamo in un contesto quasi esclusivamente basato su block list che, oggettivamente, bloccano troppo, con il risultato di disporre di liste di inclusione che non sono affatto inclusive. Queste difficoltà sono frutto delle conseguenze indesiderate degli sforzi collettivi del settore che, pur animato da buone intenzioni per aumentare la brand safety degli inserzionisti, ha creato, di fatto, un cortocircuito. Ora che siamo perfettamente consci del problema, dobbiamo correre ai ripari rapidamente e risolvere la situazione. Tuttavia, bisogna riconoscere che la “soluzione” è complessa e sfaccettata e richiede una buona dose di predisposizione alla sfida e l’impegno degli stakeholder nella ricerca di una soluzione.
Le tre fasi del digitale
Come si è arrivati a questo punto? L’espansione e il consolidamento di internet in piattaforme media gigantesche hanno portato non solo alla proliferazione di massa della pubblicità online, ma anche all’emergere di nuove minacce per i brand. Agli inizi le nuove opportunità pubblicitarie erano prive di standard e metriche e, spesso, erano caratterizzate dall’assenza di viewability, accompagnata da episodi di frodi e da posizionamenti sbagliati. Abbiamo vissuto un periodo di caos che ha richiesto sistemi di misurazione e controllo che, a loro volta, hanno preannunciato il passaggio a un approccio più cauto. Alla prima fase sono seguite le best practice, come il quadro di riferimento delle “3Ms” (Making Measurement Make Sense) messo a punto nel 2012 da ANA-Association of National Advertisers con 4A - The American Association of Advertising Agencies e IAB. Nel 2014 sono state introdotte le linee guida per la viewability del Web di MRC - The Media Rating Council; mentre, a partire dal 2019, sono stati presentati una serie di standard GARM di WFA (World Federation of Advertisers). In un simile contesto, l’intensificazione dei controlli e delle esclusioni ha creato un ambiente più sicuro per i marchi facendo ricorso ad approcci incentrati su metodologie di brand safety & suitability basate su parole chiave e su elenchi di parole che potevano essere associate a contenuti non adatti a un brand. Una situazione che ha generato un eccesso di cautela per mantenere i brand al sicuro e ha creato barriere che hanno impedito a molti creator di monetizzare i loro contenuti. In parole povere, gli sforzi legati a una buona intenzione ci hanno catapultato nell’era dell’esclusione. È arrivato il momento in cui la richiesta di brand safety deve andare di pari passo con inclusività ed equità. Dobbiamo porre fine all’era dell’esclusione e passare a quella dell’inclusione. Il viaggio è iniziato con il caos, ha attraversato il periodo della cautela, ora è arrivato il tempo di raggiungere la consapevolezza. Essere conscious significa “essere consapevoli di noi stessi e di ciò che ci circonda”.
L’inclusione consapevole
Essere consapevoli significa notare o rendersi conto di quello che sta accadendo attorno a noi: vuol dire prendere in considerazione, valutare, dimostrare preoccupazione o interesse. È importante perché se non siamo consapevoli, o scegliamo di non agire, diventiamo parte del problema. È fondamentale perché se non facciamo nulla, in pratica accettiamo di convivere con l’esclusione. Essere consapevoli significa prendere posizione, essere illuminati e capaci di condurre a una maggiore equità. Solo se siamo consapevoli possiamo evitare situazioni paradossali e creare piani media veramente inclusivi. L’impegno di Channel Factory è contribuire a correggere l’attuale situazione che evidenzia una chiara mancanza di inclusione e di equità nei media digitali; diffondere nuove metodologie di brand safety & suitability che non siano intrinsecamente discriminatorie; collaborare con le agenzie, i marketer e le organizzazioni del settore sensibili a questi temi, per dimostrare che la diversità e l’inclusione sono il giusto approccio sia dal punto di vista etico sia commerciale. In molti hanno già accettato la sfida che abbiamo davanti e hanno iniziato a reagire. Tutti insieme saremo molto più veloci e andremo più lontano. Let’s be conscious!