Autore: Redazione
29/09/2016

Censis, il Rapporto sulla comunicazione, il dominio della rete conduce al populismo

Negli ultimi dieci anni caduta continua della stampa, un tv sempre forte ma diversa

Censis, il Rapporto sulla comunicazione, il dominio della rete conduce al populismo

La tv non va in pensione, ma deve spartirsi il trono, un tempo detenuto in solitario, con smartphone e piattaforme social. È questo il primo elemento che viene evidenziato dal 13esimo Rapporto del Censis sulla comunicazione, “I media tra élite e popolo”. E negli ultimi dieci anni di osservazione del sistema dell’informazione italiana, il Censis ha certificato la caduta continua della stampa come punto di riferimento: certo, resta il media da cui informarsi per il 40,5 per cento degli italiani (il 29,7 per cento tra gli under 30), ma ha perso l’1,4 per cento dei lettori nell’ultimo anno, il 26,5% nel periodo 2007-2016. Un discorso che vale sia per i giornali a pagamento sia per la cosiddetta free-press. In contraltare, cresce l’utenza dei quotidiani online (+1,9 per cento nell’ultimo anno) e degli altri siti web di informazione (+1,3 per cento).   La tv? Non è più lei, anzi sì La rivoluzione del digitale ha ridato forza alla televisione come schermo togliendo, però, alla stessa la sua identità di emittenza. “La tv continua ad avere un pubblico sostanzialmente coincidente con la totalità della popolazione”, si legge nel Rapporto: la vede il 97,5% degli italiani. I suoi telespettatori complessivi aumentano ancora (+0,8 per cento in un anno), in particolare quelli della tv digitale terrestre (+1,5 per cento) e satellitare (+1 per cento), ma soprattutto cresce la tv via internet (14,4% tra il 2007 e il 2016). Si nota come digitale e satellitare tornino a crescere dopo un 2015 di stagnazione. Ancora nel 2011 i telegiornali rappresentavano un punto di riferimento fondamentale per l’acquisizione delle informazioni per l’80,9 per cento degli italiani. Nel 2016 il dato è sceso al 63 per cento mentre il 35,5 per cento usa regolarmente Facebook come fonte delle news. Tra i giovani, Fb è la prima fonte con il 58,5%, Google è al 24,8%, YouTube al 23,1%. Tengono gli ascolti della radio, l’utenza complessiva è pari all’83,9 per cento degli italiani. Aumentano i radioascoltatori che utilizzano gli apparecchi tradizionali (+4,8 per cento nell'ultima stagione): in dieci anni chi ascolta la radio da smartphone è cresciuto del 13,7 per cento e chi la ascolta attraverso un computer del 6,9%.   Il telefono, che mezzo intelligente Mentre si registrano piccole oscillazioni al rialzo per la diffusione di e-reader (+0,7%) e tablet (+1,7%), e diminuiscono gli utenti dei telefoni cellulari in grado solo di telefonare e inviare sms (-5,1%), continua la crescita impetuosa degli utilizzatori di smartphone: +12 per cento in un anno. E' una crescita superiore a quella di qualsiasi altro mezzo. Oggi il telefono intelligente è nelle mani del 64,8 per cento degli italiani e dell’89,4 per cento dei giovani tra i 14 e i 29 anni. La penetrazione di internet, d'altro canto, aumenta di 2,8 punti percentuali nell’ultimo anno e l’utenza della rete tocca un nuovo record, attestandosi al 73,7 per cento degli italiani raggiunti (e al 95,9 per cento, cioè praticamente la totalità, dei giovani under 30). La crescita complessiva dell’utenza del web nel periodo 2007-2016 è stata pari a 28,4%: nel corso degli ultimi dieci anni gli utenti di internet sono passati da meno della metà (45,3 per cento) a quasi tre quarti degli italiani.   Donne al comando L’89,4 per cento dei giovani usa telefoni smartphone mentre lo fa solo il 16,2 per cento di chi è nella Terza età. Analfabetismo funzionale, scrive il Censis. Solo il 16,3 per cento degli anziani è iscritto a Facebook, l’11,2 per cento usa Twitter. E sono le donne le nuove protagoniste di questa fase di diffusione profonda di internet. Se le rilevazioni precedenti mostravano una loro predilezione per la televisione e i libri, accompagnata da una certa diffidenza per le nuove tecnologie, nel 2016 si è realizzata la rottura: c’è predominio femminile, oggi, nel campo dei telefoni cellulari (l’87,9 per cento lo possiede) e nell’uso di internet si è registrato il sorpasso delle donne sugli uomini: il 74,1 per cento (le donne erano il 43,2 per cento nel 2011) contro il 73,2 per cento.   Facebook, una finestra aperta su tutti I social network sono la prepotente novità degli ultimi anni: già nel 2013 quasi la metà della popolazione aveva dimestichezza con un social, nel 2016 si è arrivati a due italiani su tre. Facebook è il social largamente più utilizzato e raggiunge l’89,4 per cento di utenti tra i giovani under 30. Molto alta l’utenza Fb tra le persone diplomate e laureate. L’unico social network che può reggere il confronto è YouTube, passato dal 38,7 per cento di utenza nel 2013 al 46,8 per cento nel 2016. Instagram dal 4,3 per cento del 2013 è arrivato quest'anno al 16,8. WhatsApp a partire dal 2014, dopo l’acquisizione da parte di Facebook, ha conosciuto un boom: nel 2016 è stato usato dal 61,3 per cento degli italiani (l’89,4 dei giovani, l’82,5 di diplomati e laureati).   Connessione perenne Lo scorso anno era solo il 6,5% degli italiani internauti a dichiarare di essere sempre connesso alla rete, quest’anno la cifra è raddoppiata, attestandosi al 12,9 per cento. I giovani sempre connessi sono quasi triplicati, passando dal 6,3 per cento al 17 per cento. Applicazioni e startup stanno rimodellando abitudini e comportamenti quotidiani. Non solo perché ormai il 40,6 per cento degli internauti italiani controlla i movimenti del conto corrente bancario via internet (il 3,8 per cento in più in un anno), ma anche perché il 36 per cento si dedica senza interposta persona all’e-commerce (+5,3 per cento), il 14,9 per cento sbriga online le pratiche burocratiche con gli uffici pubblici, il 14,8 per cento organizza i viaggi sul web e l’8,3 per cento prenota le visite mediche via internet. Sostiene il Censis: “Usare internet per informarsi, prenotare viaggi e vacanze, acquistare beni e servizi, guardare film o seguire partite di calcio, entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche o svolgere operazioni bancarie, ha significato spendere meno soldi e sprecare meno tempo: in ogni caso, guadagnare qualcosa”.   La nuova cultura web fa rima con l’antico populismo E intanto, in maniera progressiva ma pare irreversibile, si sta radicando un nuovo mito fondativo della cultura web”: la convinzione che il "lifelogging", i dispositivi di "self-tracking" e i servizi di "social networking" potranno fornire ai bisogni delle comunità risposte più efficaci, veloci ed economiche di quanto finora sia stato fatto". Questo servirà, tra l’altro, a raggiungere "la piena trasparenza nelle decisioni pubbliche dando soddisfazione ai movimenti antipartitici, sostenitori della democrazia diretta favorita dalle reti aperte, per sbarazzarsi infine dei politici presuntamene corrotti e incapaci". Servirà anche "a consentire un uso finalmente intelligente degli spazi urbani e un accesso a transazioni finanziarie per mezzo di circuiti alternativi alle screditate banche tradizionali (da PayPal ai Bitcoin)". In conclusione, “gli strumenti della disintermediazione digitale si stanno infilando come cunei nel solco di divaricazione scavato tra élite e popolo, prestandosi all’opera di decostruzione delle diverse forme di autorità costituite, fino a sfociare nelle mutevoli forme del populismo, antisistema e radicale, che si stanno diffondendo rapidamente in Europa e in Occidente. Si tratta di una sfiducia nelle classi dirigenti al potere e di un rigetto di istituzioni di lunga durata”.