Canzoni perdute: Meta cancella il patrimonio SIAE dalle sue piattaforme
Cosa si cela dietro la frattura improvvisamente creatasi sul finire della scorsa settimana? Tra ipotesi e tentativi di ricucitura, ospitiamo un intervento di Guido Dall’Oglio, ex dirigente della Divisione Musica di Mediaset, poi fondatore di AMUSE Advanced Musical Services e oggi in Pirames
Guido Dall'Oglio
Musica improvvisamente stonata, quella andata in onda sul finire della scorsa settimana. Largo alle avanguardie, spazio a strutture dichiaratamente rumorose? No (a meno che non ne abbiate piacere). Più che stonata bisognerebbe parlare di scomparsa, dopo l’improvvisa scissione tra SIAE e Meta: e così, incredibile ma vero, d’ora in poi la musica tutelata dalla Società Italiana degli Autori ed Editori, principale collecting del nostro Paese a tutela dei diritti degli creatori di strofe, ponti, ritornelli e parole, non potrà più essere utilizzata nei contenuti dei social del gruppo di Mark Zuckerberg. Meta ha subito messo le mani avanti: “Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con SIAE”. La risposta della Società Italiana degli Autori ed Editori non si è fatta attendere e le parole di Mogol hanno fatto sobbalzare i woofer: “Le piattaforme social guadagnano i miliardi e poi non pagano quasi mai nulla, disinteressandosi dei diritti degli autori”. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha parlato addirittura di lesa maestà.
Il grande rifiuto di Meta
A un certo punto, qualcuno se l’è chiesto: ma che gli è preso ai tipi di Meta?! Da quel momento è partito il coro. Il primo sospetto è che a spingere Meta potrebbe essere stata l’indagine avviata a Milano per evasione dell’Iva e mancato versamento di tasse, per un totale di circa 870 milioni di euro; una mossa quindi per negoziare con il fisco italiano a condizioni meno gravose. E infatti, dalle parti social si è sottolineata l’intenzione di trovare un nuovo accordo. La Società Italiana degli Autori ed Editori ha parlato dio decisione arbitraria presa da Meta, azienda che starebbe anche tenendo nascoste informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, il tutto in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright. SIAE che ha tenuto a sottolineare la propria disponibilità nel cercare un accordo con Meta, nonostante quest’ultima sia priva di licenza dallo scorso 1 gennaio. E così, le canzoni targate SIAE spariranno dai Reel, dai Feed di Instagram e sulle Stories di entrambe le piattaforme.
Reazioni perlopiù stizzite
La industry è, come si suol dire, caduta dal pero e ha dato seguito a una serie ingarbugliata di dichiarazioni: “La recente direttiva copyright ha stabilito regole molto precise per le licenze di musica online e pertanto ci auguriamo che SIAE e Meta trovino presto un accordo nell’interesse del crescente mercato musicale in Italia e degli aventi diritto”, ha detto il CEO di Fimi, Enzo Mazza. Dal canto suo, il Presidente della Federazioni Editori Musicali, Paolo Franchini, ha ribadito: “Chiediamo che Meta riapra immediatamente in buona fede un tavolo negoziale con SIAE a tutela dei diritti di tutti gli artisti e di tutti gli autori. I contenuti creativi rappresentano la ricchezza culturale di un Paese, ma anche la ricchezza di tutte le piattaforme digitali, nessuna trattativa deve arrivare al punto di impedire alle persone di accedere ai contenuti e ai creatori di essere correttamente remunerati”. Fuori dal coro Anitec-Assinform, associazione di cui Meta è socio, dalle cui parti si sostiene che le ‘Piattaforme digitali sono alleate dell’industria’, esprime preoccupazione ma condivide la scelta di Meta di dare piena attuazione alla Direttiva Copyright, rimuovendo in via cautelativa i brani del repertorio Siae dalla libreria musicale delle proprie piattaforme. “Le piattaforme digitali sono parte integrante del sistema economico del nostro Paese, dove investono e creano valore per cittadini e imprese; hanno ormai da tempo organizzazioni e strutture operative in Italia grazie alle quali generano valore per la nostra economia e sono funzionali alla crescita ed evoluzione di tante industrie del nostro Paese, consentendo alle PMI di ampliare i propri mercati di riferimento, differenziare i servizi, promuovere i prodotti e far emergere i tanti talenti di cui dispone l’Italia. Questo vale anche per chi produce e diffonde contenuti musicali, che oggi guarda sempre di più alle piattaforme come canali privilegiati per diffondere i propri contenuti soggetti a diritti d’autore e coprire un pubblico sempre più vasto e diversificato”, ha commentato Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform. “La definizione di un accordo non può che riconoscere l’impegno delle piattaforme ed essere ispirato a modelli condivisi in Europa, così da garantire uniformità di applicazione e pari tutela di utenti e titolari dei diritti”.
Guido Dall’Oglio: «Serve una super collecting»
Cosa c’è dietro? Da più parti si è sottolineata la situazione di crisi in cui verserebbe Meta, fresca di 10.000 licenziamenti, sotto la già citata indagine dalla Procura di Milano per non aver versato l’IVA; un’azienda che ha dichiarato il 2023 anno dell’efficienza, ossia la stagione in cui non si guadagna di più, ma almeno si spende di meno. La stessa Meta sostiene di avere licenze in 150 Paesi. La cosa certa è che SIAE ha accordi con altre 11-12 piattaforme, tra le quali TikTok e YouTube. Zuckerberg assisterà alla fuga in massa dei suoi utenti italiani verso altri lidi? Chi ci rimette di più? Quali potrebbero essere le prime soluzioni? Lo abbiamo chiesto a Guido Dall’Oglio, ex dirigente, fino al 2014, della Divisione Musica di Mediaset, poi fondatore di AMUSE Advanced Musical Services, società specializzata in servizi per la gestione della musica negli audiovisivi, creatore di Protones, piattaforma professionale per streaming, database e rendicontazione e primo servizio di delivery di musica rivolto al mondo dell'audiovisivo e del pubblico esercizio sviluppato insieme a LaCosa, da poco entrato in Pirames, aggregatore digitale di contenuti musicali audio e video che, dal 2005, offre servizi avanzati e performanti, dove si occupa non solo della ricerca di nuovi repertori, ma anche delle attività di sviluppo della redditività degli stessi in ambito digitale, sia attraverso i Digital Service Providers sia tramite la ricerca di nuove forme di ricavo e gestione dei diritti.
Scattiamo una prima istantanea di quello che somiglia a un vero e proprio terremoto
«Innanzitutto, mi sento di esprimere la massima solidarietà alla SIAE che, nella sua perfettibilità, resta la “casa” del 90% della creatività italiana e, a mio giudizio, sta conducendo una battaglia giusta, che va sostenuta. Secondo la Direttiva Copyright, qualora un soggetto si renda protagonista di un’attività di comunicazione rivolta al pubblico, deve dotarsi di un’autorizzazione da parte delle varie collecting. Quindi, Meta è obbligata a farlo e, per valorizzare questa licenza, dovrebbe mettere sul tavolo i dati di utilizzo, gli unici che possono determinare il valore delle opere trasmesse e condivise».
Meta è obbligata ma non ha mostrato questi famigerati dati…
«La piattaforma di Zuckerberg non l’ha fatto e ha deciso di procedere in maniera forzata e unilaterale, assegnando un suo valore complessivo a tutta l’offerta SIAE: una cifra che, per l’ampiezza territoriale prevista, è stata ritenuta inadeguata dalla Società degli Autori ed Editori».
E ora cosa accadrà?
«Per comprendere cosa succede nel momento in cui non si chiude l’accordo con SIAE dobbiamo guardare l’intera filiera. La canzone che ascoltiamo si può rappresentare come una barca al cui interno opera un equipaggio formato dall’autore, dall’interprete/artista e da colui che fissa il tutto in una registrazione: tre soggetti che si muovono dentro lo stesso ambiente e dovrebbero collaborare, cosa che fino a oggi non è sempre avvenuta. Attorno a un unico oggetto, ossia la canzone, gli accordi vengono siglati dai tre elementi separatamente; così può capitare che, se uno di loro non trova l’accordo (in questo caso SIAE), salta tutto per aria. L’errore principale è, dunque, negoziare in forma indipendente dalle altre parti in causa. Se dobbiamo trarre un insegnamento da questa vicenda è la consapevolezza di quanto sia opportuno restare uniti nelle negoziazioni con le grandi piattaforme. La barca vince grazie a tutti e per tutti e, allo stesso modo, se perde, il danno è collettivo, causando una perdita non solo agli autori, ma anche agli artisti-interpreti e ai produttori, quasi senza rendersene conto, Meta sta compattando tutta la filiera musicale italiana».
Dal giorno alla notte è sparito quasi tutto, la soluzione è quindi unire le forze?
«L’azione di rimozione conseguente alla mancata licenza si sta rivelando disordinata, considerato che stanno sparendo anche opere italiane non legate a SIAE. Un fulmine a ciel sereno che fa crescere la coscienza comune che per discutere con gli OTT, con i grandi gruppi come Meta, serva coesione. In Italia la situazione è ancora disordinata, con sforzi per unirsi troppo spesso falliti. Auspico ciò di cui si parla da tempo, cioè formare una “super collecting” che tenga insieme le varie parti (Siae, SCF e Nuova Imaie sono le tre più grandi e rappresentano gli autori, i produttori fonografici e gli artisti/interpreti».