A me gli occhi: la sfida innovativa di EYE2DRIVE nel campo dell’imaging digitale
L’azienda investirà il recente round di finanziamento di 1,5 milioni in tre direttrici principali: potenziamento del team, sviluppo della ricerca ed espansione delle operazioni commerciali, con l’obiettivo di consolidare collaborazioni strategiche nel settore automotive e industriale. Le parole della fondatrice e CEO Monica Vatteroni
Monica Vatteroni
Non basta guardare, occorre farlo con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono’, pare che abbia detto un bel giorno Galileo Galilei. Della vista e dei suoi obiettivi si discute da secoli, al punto che qualcuno lo ritiene il senso più importante, al punto da utilizzarlo come base di partenza per innovazioni in costante divenire, come accade per le soluzioni avanzate di imaging digitale ispirate proprio alle capacità visive dell’occhio umano, basate su piattaforma silicio e integrate con algoritmi di intelligenza artificiale. A occuparsi del tema è EYE2DRIVE, Pmi innovativa con sede a Carrara, in Toscana, che affonda le sue radici in anni di ricerca nella sensoristica ottica a opera di un gruppo multidisciplinare di ricercatori. La tecnologia brevettata di “High Dynamic Range” consente di adattare dinamicamente la risposta luminosa alle diverse condizioni ambientali e offre un’acquisizione intelligente delle immagini. Un approccio innovativo che risolve i problemi di visione in molteplici contesti applicativi e migliora la qualità e l’affidabilità delle riproduzioni acquisite. Ne parliamo la fondatrice e CEO Monica Vatteroni (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv).
Come nasce l’ispirazione dell’occhio umano nei vostri sensori di visione? Qual è stato il momento decisivo che l’ha spinta a trasformare la ricerca in un progetto imprenditoriale?
«La nostra tecnologia trae origine da un’analisi approfondita delle capacità biologiche dell’occhio umano. Abbiamo studiato come l’occhio umano gestisca dinamicamente le variazioni di illuminazione, elaborando una soluzione proprietaria che replica questa flessibilità. Il nostro sensore offre un’adattabilità in tempo reale che supera le limitazioni dei sistemi tradizionali come Lidar e Radar, per garantire prestazioni ottimali in condizioni di illuminazione estreme. Un’innovazione che risulta particolarmente strategica per applicazioni critiche come la guida autonoma, dove la precisione può fare la differenza tra la sicurezza e il rischio».
Quali esperienze personali e professionali hanno maggiormente influenzato la sua visione dell’innovazione?
«Il mio percorso professionale, arricchito da 20 anni di esperienza nella progettazione di sensori, mi ha insegnato che l’innovazione autentica risiede nella semplicità: individuare problematiche complesse e sviluppare soluzioni intuitive ed efficaci. L’ambiente accademico della Scuola Sant’Anna ha ulteriormente alimentato la filosofia, stimolando una visione della tecnologia come strumento di progresso sociale e miglioramento della qualità della vita».
Quali sono state le principali sfide nel passaggio dal mondo accademico a quello imprenditoriale?
«La transizione dall’ambiente accademico al mondo imprenditoriale è stata determinata dalla chiara consapevolezza del potenziale applicativo della nostra ricerca. Abbiamo identificato un’opportunità concreta nel mercato della mobilità autonoma, supportata dalla crescente maturità dell’intelligenza artificiale. Lo scenario ci ha convinto a trasformare anni di ricerca in una proposta di valore commerciale, con l’obiettivo di portare innovazione tecnologica sul mercato. Il passaggio ha richiesto una profonda rivisitazione della mentalità: dal rigore della ricerca pura alla necessità di comprendere dinamiche di mercato, gestione delle risorse e assunzione del rischio imprenditoriale. L’ingresso in un settore competitivo come quello dei semiconduttori ha inoltre imposto la costruzione di un network strategico e la ricerca di investitori capaci di credere nella nostra visione innovativa».
C’è un momento o un riconoscimento che considera il punto di svolta della sua carriera?
«La selezione da parte del Motor Valley Accelerator, nell’ecosistema Plug and Play, rappresenta un momento cruciale. Un riconoscimento che non solo ha validato il valore del nostro lavoro, ma ci ha aperto importanti canali di collaborazione con player internazionali leader nel settore automotive».
Come vede l’integrazione futura tra hardware e algoritmi di intelligenza artificiale nel settore automotive?
«Vediamo l’integrazione come un’evoluzione simbiotica: i nostri sensori “AI-ready” consentono agli algoritmi di machine learning di ottimizzare costantemente le capacità di adattamento. È un modello che richiama la relazione tra cervello e occhio umano, dove l’intelligenza artificiale guida e perfeziona il sensore, e quest’ultimo restituisce dati di altissima qualità per decisioni più sicure ed efficienti».
In che modo la vostra tecnologia può contribuire al progresso della guida autonoma in termini di sicurezza e affidabilità?
«I nostri sensori sono progettati per garantire prestazioni ottimali nelle condizioni più critiche, riducendo significativamente i margini di errore legati a fenomeni come l’accecamento o la perdita di informazioni. La nostra architettura risolve inoltre i problemi di ridondanza e conflitto tipici dell’integrazione di sensori eterogenei, semplificando i sistemi e incrementando l’affidabilità complessiva».
Quali settori, oltre all’automotive, possono beneficiare delle vostre tecnologie?
«La versatilità della nostra tecnologia consente applicazioni trasversali in settori come logistica, automazione industriale e sicurezza. Pensiamo, per fare un esempio, al miglioramento della visione per droni e robot industriali che garantisce prestazioni elevate in ambienti con condizioni di illuminazione variabili».
Quali sono gli obiettivi concreti nel mercato americano?
«Gli Stati Uniti rappresentano per noi un ecosistema ideale: un mercato ricettivo e dinamico, con investitori aperti da sempre all’innovazione. I nostri obiettivi specifici includono la realizzazione di partnership strategiche con player di primo piano e l’accesso a fondi che accelerino il nostro time-to-market. Parteciperemo alla prossima edizione del CES di Las Vegas per presentare il prototipo che abbiamo finalizzato».
Come saranno utilizzate le risorse del recente round di finanziamento da 1,5 milioni di euro?
«Il round sarà investito in tre direttrici principali: potenziamento del team con figure specialistiche, sviluppo della ricerca per migliorare ulteriormente il sensore, ed espansione delle operazioni commerciali. L’obiettivo è raggiungere la pre-produzione del nuovo sensore entro 18 mesi e consolidare collaborazioni strategiche nel settore automotive e industriale».
Come pensa che la vostra esperienza possa influenzare positivamente il settore tecnologico italiano?
«La nostra esperienza dimostra che l’Italia può essere fucina di innovazione tecnologica, anche in settori complessi come quello dei semiconduttori. Auspichiamo di ispirare altre startup a investire in tecnologie di frontiera, per promuovere una collaborazione virtuosa tra realtà imprenditoriali ed eccellenze accademiche. Rimane tuttavia necessario un intervento sistemico per snellire i processi burocratici e costruire un ecosistema più agile e reattivo».