La rivoluzione glitch de ilGiornale.it, un restyling contro l’omologazione
Non solo la rivisitazione di un sito, ma un’operazione caratterizzata da uno spiccato spirito di innovazione, nel solco della tradizione e ispirata dalla volontà di differenziarsi in un panorama troppo omogeneo. E dove il lettore resta il principale protagonista, in una logica di scambio, identità valoriale e reciproco arricchimento. Con una marcia in più sul fronte della proposta digitale
di Daniele Bologna e Davide Sechi
Una novità importante sta animando da alcune settimane il panorama giornalistico italiano, da più parti, e sempre più spesso, definito come troppo omogeneo, ripetitivo, monocorde nelle scelte, nei toni, nei linguaggi. Un esercizio a volte senza fantasia, fin troppo remissivo, caduto nella tentazione di non voler rischiare mai troppo e finito, quasi senza accorgersi, in un continuo “dejavu” privo di spirito innovativo, di capacità di ingaggio, e alla fine, di carico emozionale. Però, qualcuno ha provato a rimescolare le carte, a trovare la giusta ispirazione per raccontare una nuova storia e aprire un altrettanto nuovo scenario. Così, ilGiornale.it, che da sempre vanta una spiccata e specifica personalità, oltre a un’apprezzata riconoscibilità, ha deciso di rinnovarsi, mantenendo, comunque, ben saldi i propri valori, rafforzandone il significato e, insieme, la pulsione propositiva.
Nuove chiavi interpretative
DailyNet ne ha parlato con Andrea Pontini, Amministratore Delegato de IlGiornale Online, dal 2005 impegnato nell’azienda dopo un’intensa esperienza nel mondo dell’imprenditoria web. «In effetti, il carico di innovazione che si accompagna alla ridefinizione del nostro sito è davvero significativo - spiega Pontini -. Abbiamo lavorato a questo obiettivo producendo veramente un grande sforzo, che ci ha impegnato costantemente per mesi. E devo dire che il risultato finale mi soddisfa pienamente. Innanzitutto, mi piace sottolineare il fatto che in corso d’opera siamo stati davvero ben seguiti dal nostro partner Design Group Italia, uno studio di design con sede a Milano e uffici a New York e in Islanda, a Reykjavik. Lo studio è stato fondato nel 1968 e in origine offriva prevalentemente servizi di branding e industrial design. Poi, negli anni ha ampliato le sue aree di competenza e oggi lavora in molti settori diversi. Solo con noi si è avvicinato all’editoria e forse anche per questo li abbiamo scelti. Hanno fatto insieme a noi un lavoro davvero straordinario, connotato dalla capacità di coltivare un talento speciale nel capire le persone, inquadrare i problemi e interpretare le situazioni. Tutti elementi che ci hanno consentito di rispondere a una sfida molto complessa con soluzioni particolarmente innovative».
Andrea Pontini
Andiamo, allora, più nel dettaglio: quali sono stati i punti di ispirazione che vi hanno spinto a produrre questo cambiamento?
«Dico subito che l’idea iniziale è stata quella di procedere sulla scia della continuità, con l’obiettivo di realizzare qualcosa che ci potesse distinguere con nettezza dalle proposte di tutti gli altri siti di informazione che, a mio avviso, forse solo con qualche piccola eccezione, mi sembrano caratterizzati da elementi comuni e, in ultima analisi, omologanti. Faccio un esempio, solo per farmi capire meglio: per la grandissima parte i siti di news sono contraddistinti dall’utilizzo del colore azzurro. Ecco, noi volevamo affrontare il cambiamento per imporre un tratto distintivo, nella volontà di costruire un’opzione diversa, di rottura, che riuscisse a conquistare una netta riconoscibilità nel mondo online delle notizie, già così densamente popolato. Una scelta che, al contempo, ci desse anche la possibilità di avvicinarci ulteriormente a un pubblico più giovane, sfruttando un impatto quasi da magazine più che da giornale quotidiano. Lo dico ancora meglio: abbiamo scelto di realizzare qualcosa che potesse rappresentare pienamente il nostro manifesto, dove la user experience è l’elemento essenziale. Questa è la nostra aspirazione: ancora una volta “fuori dal coro”, come diceva il Maestro Indro Montanelli, e oggi di rottura rispetto al mainstream. E qui c’è una parola chiave a riassumere questo intento: glitch».
Di cosa si tratta, allora?
«Glitch è un difetto, potremmo dire anche un errore, un elemento del tutto imprevisto, che provoca interruzione in un sistema che funziona. Questa idea ci è piaciuta: essere un po’ un’anomalia all’interno del sistema informativo, troppo spesso allineato e, appunto, omologato. E alla fine di un lungo e accurato percorso operativo penso che il risultato rispecchi i nostri intendimenti iniziali e lo spirito che ci ha accompagnato nel processo di trasformazione del sito. Così, proprio per confermare questa aspirazione, abbiamo voluto aprire da subito uno spazio dedicato dove lettori hanno la possibilità di farsi sentire, di esprimere la loro opinione, di dire cosa a loro piace e cosa no, di interagire con noi nel modo più libero e indipendente. E noi, dall’altra parte, pronti a rispondere, sempre. Anche io stesso mi sono messo in gioco in questo meccanismo di scambio e arricchimento, rispondendo personalmente a richieste di chiarimento, commenti, puntualizzazioni. Tutto questo lo affrontiamo rispettando in pieno la tradizione della testata, rendendola ancora più forte in un momento di sensibile trasformazione. Del resto, internet è questo: un mezzo a due vie, imperniato sull’interazione, sull’ingaggio, sulla partecipazione».
E sempre dal punto di vista editoriale, quali altri plus caratterizzano il restyling?
«Sul fronte contenutistico proseguiamo nel solco della tradizione, proponendo una visione indipendente dei fatti e, lo ribadisco, un dialogo costante con i lettori. Poi, tra gli obiettivi del restyling, come ho già avuto modo di sintetizzare prima, c’è senz’altro il desiderio di ampliare il bacino dei lettori e di uscire dal modello di newspaper tradizionale, andando verso un formato più vicino al magazine e a una visione “digital” di editoria. Abbiamo, così, creato una nuova identità visiva, che mantiene saldo il legame con le proprie origini e ne valorizza il carattere distintivo rispetto al panorama giornalistico italiano. Volevamo, quindi, una grafica che richiamasse sia la vocazione digitale sia la volontà di essere “fuori registro”; e proprio qui torna a imporsi il glitch, questo piccolo disturbo colorato che può apparire in modo non prevedibile, una specie di difetto del sistema, inteso come la volontà di dichiararsi totalmente digitali e, allo stesso tempo, dirompenti rispetto al mercato; un progetto valorizzato in chiave visiva nel nuovo brand che restituisce tutte queste qualità. Abbiamo definito i valori fondamentali da comunicare nel presente e nel futuro, tenendo conto dei dati di traffico dell'attuale sito web, che si avvicinano alla importante quota di due milioni di utenti, e di quelli desiderati. Abbiamo condotto workshop che hanno permesso al team dei designer di individuare tutti gli insight possibili e di sintetizzarli in un unico ecosistema, coerente su tutte le piattaforme e su tutti gli elaborati grafici».
Come ha anticipato in precedenza, avete lavorato con estrema efficacia con il team di DGI. Come si è sviluppata questa importante collaborazione?
«Abbiamo lavorato davvero bene insieme. A partire dalla definizione di momenti di progettazione e di confronto, pianificando sperimentazioni di design e confrontandoci attraverso meeting intermedi, mantenendo un costante allineamento che ci ha permesso di raggiungere i risultati desiderati e condivisi. Il logo di oggi mantiene saldo il legame con la storicità della sua identità grafica, ma allo stesso tempo si mostra come quello di un brand che guarda al futuro. Grazie all'introduzione di un device grafico ad apice, riesce a trasmettere con chiarezza il concetto di glitch che esprimevo poco fa, inteso come modernità, per conferire nuovi punti di vista. La declinazione del brand su tutti i dispositivi digitali è avvenuta seguendo la logica mobile first. Con la creazione di un design system e una serie di varianti abbiamo reso l'interfaccia immediatamente riconoscibile e adattabile a tutti i dispositivi. E ancora, un’altra sfida impegnativa è stata quella di conferire un carattere “magazine” al quotidiano. Abbiamo, quindi, lavorato sfruttando l’ampiezza degli spazi, lo studio della fotografia e della tipografia, creando un layout dinamico che riuscisse a far convivere contenuti editoriali e banner pubblicitari in modo fluido e responsive. In particolare, le scelte sono state guidate dal concetto di leggibilità. Per i titoli avevamo bisogno di un font facilmente leggibile su sfondi light e dark, così ne abbiamo scelto uno progettato proprio con questo scopo. Mentre per il corpo degli articoli abbiamo preferito il fascino del design classico, da intersecare con quello pulito del modernismo. Inoltre, tutti i flussi sono stati pensati per valorizzare la singolarità degli autori e, soprattutto, il ruolo dei lettori, insistendo sul valore dello scambio di pareri della community, tramite una sezione commenti riprogettata che mette in contatto autori e lettori, premiando quelli che interagiscono di più».
Davvero un progetto accurato e di particolare qualità. E sull’identità: cosa si sente di aggiungere a riguardo?
«Dico che IlGiornale.it rafforza con questa novità il rapporto tra il brand e l'esperienza digitale che offre ai lettori, con un impegno continuo verso il miglioramento della qualità e verso la creazione di un ecosistema sempre più fluido e coerente, anche nelle sue applicazioni future. IlGiornale.it ha raggiunto, così, una sua identità specifica, dove il lettore è protagonista assoluto. Ma il progetto non si ferma certo qui. Siamo di fronte a un cantiere aperto e continueremo ad aggiungere contributi proprio per rendere il ruolo del lettore ancora più importante. Questo aspetto, mi permetto di ricordarlo un’ultima volta, lo teniamo davvero in estrema considerazione».
Linea verso giovani e donne
Ma come si “vende” un sito come IlGiornale.it che cambia abito, all’interno di un panorama in fermento come quello che viviamo e a cui abbiamo assistito nel corso dell’ultimo anno? Emanuela Capone, Responsabile Commerciale della testata, racconta la strategia legata al restyling del sito: focus sul native adv, in una visone più integrata e con maggiore spazio per i brand. «Quella che abbiamo lanciato da qualche settimana - spiega - è una trasformazione legata allo scorso anno: l’emergenza ha creato un “boom” che ha fatto da acceleratore digitale nella popolazione e da stimolo per noi. La crescita nel numero degli utenti è stata subito chiara. E da più di un mese assistiamo a un altro forte incremento».
Cosa cambia dal punto di vista commerciale?
«Abbiamo una concessionaria come Mediamond che si occupa di tabellare, progetti speciali, programmatic. E anche un nuovo partner tecnologico: Evolution Adv. Noi siamo focalizzati sul native adv, che sta acquisendo una dimensione più integrata, con un maggiore spazio per i brand, che si rendono conto dell’aumento degli utenti e della conseguenti performance particolarmente migliorate. L’ultima novità riguarda la “Pagina azienda”, una vetrina virtuale, dove accanto ai contenuti prodotti dalla redazione, i nostri partner possono pubblicare articoli sponsored. In questo modo riusciamo a fornire ai nostri partner un nuovo e più efficace modo di comunicare con i nostri lettori».
E quali sono i focus del cambiamento?
«Lavorare sui target, soprattutto la fascia tra 25 e 35 anni, per poi intercettare nuovi sponsor. Discorso analogo per l’utenza femminile. Vorremo anche puntare ancora di più sui social per far conoscere i nostri partner su tutte le piattaforme e aumentare l'engagement dei contenuti».
Un luogo unico
Un ulteriore commento sul profondo rinnovamento dello spazio web de Il Giornale arriva da Simone Procopio, Chief Technology Officer, che analizza la decisa virata tecnologica di una già ricca proposta che semplifica, ma al tempo stesso completa, la propria offerta. Un’operazione altamente innovativa, che sintetizza e raggruppa in un ambito perfettamente ottimizzato tutte le istanze della testata online, nonché le possibilità offerte dalla rete.
Quale sono gli elementi distintivi della release?
«Prima il nostro sito web era pubblicato in una versione desktop/tablet e in una versione mobile ad hoc. Ora le due identità si sono unite per dare vita a un unico sito web responsive che si adatta al device con il quale viene fruito. Inoltre, abbiamo creato una serie di servizi (API) che ci hanno permesso di suddividere il motore e la gestione dei contenuti (CMS) dalla parte di presentazione delle pagine, ottenendo una maggiore elasticità per future evoluzioni del prodotto e integrazioni di servizi di terze parti. Le pagine del nostro nuovo sito web contengono tutti gli elementi Seo, ivi compresi dati strutturati, metadati social e un markup moderno e leggero».
Su cosa vi siete focalizzati in modo particolare?
«Abbiamo lavorato molto sulle performance, sulla security e su un alto grado di accessibilità del sito. Oggi è fondamentale rispettare standard precisi riguardo la leggibilità e la fruizione delle pagine indipendentemente dal device in uso dall'utente».
A quando risaliva l’ultimo restyling? E quanto tempo è stato speso per la nuova revisione?
«La precedente revisione risale al 2012 e abbiamo realizzato la nuova release in un orizzonte temporale di circa sei/nove mesi».
Un Giornale, la casa di tutti
Una ridefinizione tecnica, quindi, che dimostra la voglia di confrontarsi e di dialogare con l’utente per arrivare a una condivisione delle scelte e dei risultati. Piacerà, non piacerà? Una sorta di “m’ama non m’ama”, ma al posto della canonica, classica, beneaugurante margherita, si impone un sito ampiamente rinnovato. Un restyling, un cambio d’abito - come ben descritto in precedenza - che svela un desiderio, quello di una maggiore condivisione, da tutti e da tempo anelata, ma in rete molto più raggiungibile. Come sottolinea anche Francesco Fabietti, Responsabile Marketing de IlGiornale.
A proposito di reti, qual è il goal più importante del nuovo ilGiornale.it?
«Il goal non è tanto il risultato di un sito rigenerato, bensì la consapevolezza di aver avviato un percorso di crescita comune. Un preambolo è d’obbligo: avevamo la necessità di terminare il reset entro il mese di marzo e così è stata sacrificata la messa online contemporanea di alcune funzioni, le stesse che andranno progressivamente online nei prossimi mesi e avranno come spettatori proprio gli utenti. Un upgrade che, insomma, sarà totalmente condiviso, commentato, vissuto in un dialogo continuo. L’obiettivo primario è consolidare il rapporto tra lettori e testata».
C’è un cambiamento di obiettivi, magari sul fronte target?
«Parlerei piuttosto di estensione dell’offerta verso un pubblico che era già presente, ma ancora non fortissimo. Ecco perché la fascia 24-35 anni diventa sempre più presente. Ma attenzione, la risposta arriva forte e chiara anche dagli over 65, anche perché, quasi non ci facciamo caso, sono stati i primi a muoversi in rete».
Ci saranno iniziative promozionali?
«Al momento no, occorre prima stabilizzare la novità. Realizzeremo campagne di background per raccontare un laboratorio in corso d’opera, ma che cresce, che muta, si evolve. In seguito agiremo nel modo classico, sia con una tabellare digital sia con attività social».