CeRTA: la total audience tv nuovo veicolo pubblicitario, attesi fino a 2 miliardi di stream a settembre
Il consumo televisivo attraverso device diversi dalla tv tradizionale è esploso durante il lockdown; Massimo Scaglioni, responsabile del Centro di Ricerca dell’Università Cattolica, spiega le ricadute sul mercato editoriale e adv
Massimo Scaglioni, responsabile CeRTA – Unicatt
Quando si parla di “nuova normalità”, anche sul fronte dei consumi televisivi è indispensabile tenere conto dell’impatto che l’utilizzo massivo del digitale ha esercitato anche in questo ambito. Durante il lockdown, e non solo, la fruizione di contenuti televisivi attraverso device diversi dalla tv tradizionale e attraverso la rete internet ha avuto una forte crescita, come emerge dalle misurazioni Auditel relative alla total audience. Ascolti che si aggiungono a quelli tradizionali, per la felicità dei broadcaster e delle concessionarie che vedono nuove opportunità di business pubblicitario.
«C’è un grande potenziale in questo ambito – commenta Massimo Scaglioni, professore di Economia dei media presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e responsabile CeRTA – Unicatt –; osservando gli andamenti della total audience si nota che fino all’inizio di quest’anno il consumo di stream di contenuto tra editoriale e advertising è piuttosto equilibrato. A marzo, invece, si vede un’impennata dei contenuti esclusivamente editoriali al 72%, contro un 28% di stream adv».
Segno che a molti contenuti non era associata alcuna pubblicità. «Ovviamente il motivo principale è da ricercare nel calo degli investimenti in quel periodo, ma a nostro avviso gli editori sono ancora piuttosto timidi nello sfruttare questo veicolo pubblicitario; a fronte di un forte consumo ci sono ancora tanti spazi non usati. Anche perché si tratta di contenuti che l’utente ha volutamente cercato. Perciò dal nostro punto di vista il dato total audience è più efficace di quello della tv tradizionale».
Crescita costante degli stream da gennaio 2020
Secondo le ricerche condotte dal CeRTA (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell'Università Cattolica di Milano), attraverso elaborazioni iPort Nielsen e Sensemakers su dati Auditel, l’incremento del consumo tv – tradizionale e non – non è “figlio” del lockdown ma si è verificato anche prima: «Dal 21 febbraio (scoperta del paziente 1, ndr) in avanti la tv è stata riconosciuta come mezzo di riferimento per l’informazione da parte degli italiani. Se si sovrappongono le curve degli ascolti tradizionali e del virus, si scopre che hanno lo stesso andamento. E così accade con la total audience».
Il picco del consumo medio giornaliero si è avuto nella settimana del 22 marzo, quella con i dati peggiori sul contagio, con 400 minuti medi sulla media degli individui. Rispetto al 2019 la curva torna simile a maggio inoltrato. Per quanto riguarda la total audience si riscontra una crescita costante del 6% del numero degli stream erogati (legitimate stream) mese su mese a partire da dicembre 2019, a quota 1 miliardo, fino a marzo 2020, a quota 1,3 miliardi.
«Anche in questo caso si assiste a un calo ad aprile e maggio, ma si rimane sopra al miliardo. Stimiamo che dopo il naturale rallentamento estivo il consumo riprenda e a settembre si possa raggiungere quota 1,8-2 miliardi di stream; significherebbe almeno uno stream medio al giorno consumato dai 60 milioni di italiani. Questa è una tendenza che supera il momento contingente del lockdown e segnala un progressivo aumento del consumo della tv fuori dal televisore».
Lockdown acceleratore delle total audience
Scaglioni sottolinea il ruolo del lockdown come acceleratore di una tendenza già in atto: «In quel periodo abbiamo imparato a consumare di più on demand usando nuove modalità di fruizione e superando una soglia da cui non si torna indietro».
Oltre al consumo da pc, tablet, telefono, app, si nota un crescente utilizzo delle tv connesse. Attenzione quindi a non sottovalutare la total audience, nonostante dati complessivi di piccole dimensioni: «Sarebbe una visione miope. Il tempo speso in totale sui device digitali è in grande crescita: +34% a gennaio 2020 su dicembre 2019, +16% a febbraio su gennaio, +10% a marzo di febbraio».
Come cambia il lavoro dell’editore tv
Tutto questo ha una ricaduta sui contenuti e sul lavoro dell’editore televisivo. A fianco del contenuto per un consumo lineare, che in digitale si trasforma in un consumo “full content”, lo streaming offre la possibilità di arricchire l’offerta con clip, parte di contenuto rieditato che genera molto traffico in termini di stream, ed extra content. «I broadcaster dovranno lavorare sulla sinergia tra tutti i contenuti in una logica multipiattaforma, capace di creare total audience» e in questo senso si aprono spazi per lo sviluppo di nuove professionalità specifiche.
Anche se a giudizio di Scaglioni il mercato televisivo italiano sembra in ritardo nell’intraprendere questa strada, non mancano esempi virtuosi. Per esempio “Il collegio” di Rai2 in ottobre ha generato con il full content ascolti total audience aggiuntivi nell’ordine di 100mila amr-d (dato molto vicino agli amr della tv tradizionale, ndr) a ottobre 2019 e degli 80mila a novembre. Per contro, “Uomini e donne” su Canale 5 mediamente ne genera 170mila. «Gli editori italiani si sono specializzati, se Mediaset è sempre andata molto forte sull’intrattenimento in termini di total audience, Rai ha guadagnato terreno durante il lockdown sulle fiction mentre La7 punta sull’approfondimento. Guardando al futuro della tv, questi sono gli aspetti su cui si deve concentrare il lavoro degli editori».