Carlo Noseda: «IAB più decisionista, è finita l’era del consenso a ogni costo»
Il neo rieletto presidente sottolinea i punti fermi e quelli cangianti del pianeta digital, la necessità di fare sistema e di superare competizioni e gelosie, ma anche e soprattutto di dimostrare che le cose possano e debbano essere fatte subito
Carlo Noseda
Come nasce e si evolve un’attività? Mettendo d’accordo le varie parti, anche perché, giustamente e naturalmente, non siamo tutti uguali, abbiamo interessi ed esigenze diverse. Ed è qui che nasce e prolifera uno degli elementi cardine della politica, da cui dipende il corso della vita sociale: l’arte del compromesso. Una lunga teoria di discussioni, strette di mano, pacche sulle spalle, frasi a mezza voce, promesse, in parte disattese, spesso irrealizzabili, ma chissà… un giorno. E nel mentre, in sottofondo, si ode il rumore dei treni che passano, con banchine d’attesa fin troppo colme da non riuscire neanche ad avvicinarsi. In quei momenti, con puntualità sicuramente svizzera, riapparirà il vecchio proverbio, “chi ha tempo non aspetti tempo”, troppo spesso preso sottogamba, non certo dal neo rieletto Presidente di IAB, ossia Carlo Noseda. Sarà il momento storico, poco propizio per un sacco di cose, sarà per l’orgoglio scaturito dalla standing ovation tributatagli dal consiglio che, a larga maggioranza, l’ha scelto per un nuovo mandato, ma Noseda appare ancora più deciso.
Questo nuovo mandato cosa comporta, cosa cambia?
«Sono molto felice di proseguire nel mio ruolo di Presidente, accetto con entusiasmo questa sfida e ringrazio tutti coloro che mi hanno rinnovato la fiducia. Nei primi due mandati abbiamo portato IAB Italia ad avere un ruolo più strategico nel sistema del digitale in Italia: siamo diventati un interlocutore rilevante per le istituzioni, non solo sui temi del digital marketing ma sulla trasformazione digitale nel suo complesso. Nei prossimi tre anni dovremo sentire ancora più forte la responsabilità di essere centrali per la crescita del Paese, fare un ulteriore salto e lavorare sia sui nostri asset più concreti - la formazione, le competenze su temi come brand safety, privacy, trasparenza, le certificazioni, gli eventi dedicati alla cultura digitale - sia su quelli intangibili come l’etica, fondamentali per la nostra crescita. IAB deve avere un Purpose forte che, nascendo dai suoi associati, venga percepito chiaramente all’esterno. In un momento storico come quello che stiamo vivendo, lavorare sui Valori è chiave per poter ripartire. Le recenti richieste di ingresso in IAB di nomi importantissimi, la crescita del numero dei partner per le nostre iniziative ci fanno capire quanto interesse ci sia intorno all’Associazione, un luogo dove poter lavorare insieme, sul serio».
Quali sono i punti fermi?
«La struttura, prima troppo dipendente dal suo Direttivo, ora è libera di camminare sulle sue gambe e può contare su un Direttore Generale visionario quale è Sergio Amati. Una grande squadra, con le sue dinamiche che dovranno funzionare sempre meglio. E poi IAB Academy, il nostro sistema di certificazione che si rivolge a tutti gli operatori del mercato del digital marketing e advertising, i vari eventi, in particolare la Milano Digital Week e il Forum. IAB Forum prima era una fiera per addetti, ora è un evento dedicato all’innovazione digitale in tutte le sue forme. La Milano Digital Week è oggi fondamentale per la diffusione della cultura digitale ad un grande pubblico ed è stato uno straordinario esempio di capacità di reazione, con un atteso evento fisico che è stato agilmente riorganizzato in forma totalmente online, divenendo di fatto la prima Week in lockdown».
E invece cosa dovrebbe cambiare?
«Io credo che nel mondo in cui viviamo sia fondamentale mettere in discussione ogni giorno quelle che pensiamo siano le nostre certezze. Le rispondo che saremo noi per primi che dovremo cambiare passo e velocità. Purtroppo, qualcuno rimarrà indietro. Dobbiamo essere consapevoli di avere pochissimo tempo: la ripresa godrà di grandi finanziamenti, l’Italia ripartirà dal digitale, e noi siamo il digitale! Per come siamo stati “impostati”, nel tessuto manageriale, tendiamo spesso a cercare un consenso generale per poi distribuire le responsabilità in caso di errore. Invece, evviva lo sbaglio! Agisci, crei, puoi anche sbagliare e quindi correggere, senza perdere tempo. Commetti un errore? Fa parte del processo di innovazione. Dimostriamo di saper agire subito per poi adattare e cambiare l’idea in corso d’opera. La Digital Week in versione totalmente online con oltre 600 eventi è stata messa in piedi in 5 settimane. Se c’è un insegnamento che ci lascerà la pandemia è che non possiamo prevedere nulla: siamo stati “asfaltati” da un virus, siamo quindi consapevoli che non ci siano solo bianco o nero, ma tante sfumature».
Al di là delle storiche manchevolezze burocratiche e dei difficilmente risolvibili problemi di ordine tecnologico, cosa manca all’Italia digitale?
«Dell’Italia si dice spesso che sia incapace di “fare sistema”, che manchi di una cultura più profonda del bene pubblico. Il nostro settore dovrebbe darsi l’obiettivo di ribaltare questa visione, anche perché non si può affrontare un cambiamento così epocale e guidare la ripartenza se si è divisi. Con Netcomm abbiamo dato vita a Federazione del Digitale, per superare la logica particolaristica e lavorare insieme su temi concreti. Mi piacerebbe ci fosse una sorta di “contratto sociale digitale” tra tutti gli attori, dove ognuno rinunci ad una parte della sua autonomia per perseguire un obiettivo più alto. Proprio per questo mi dispiace vedere un contesto dove i grandi OTT dimostrano pochissimo interesse per il resto dell’industry, dove manifestazioni che parlano di cultura del digitale vengono pianificate in contemporanea, dove ci si trova a competere in modo inutile su ambiti come la formazione e la certificazione. La mia proposta, in primis a Vittorio Meloni ed Emanuele Nenna, è di lavorare per costruire un nuovo sistema, dove inclusione sia la parola chiave. Dal confronto si esce sempre arricchiti e non si finisce mai di imparare. E l’invito è esteso a tutti quelli che la pensano così: lavoreremo per creare un tavolo continuo di confronto con tutti quelli che vorranno farlo».
Il prossimo IAB Forum aiuterà a fare un passo avanti in questa direzione?
«Ce lo auguriamo, anche perché quest’anno parleremo proprio di mondi nuovi, l’on e l’offline che si incontrano, compenetrano, alimentano a vicenda. Il claim di questa edizione è “Welcome to Metaverse” e pone subito l’accento sull’evoluzione della customer experience. Parliamo di una terza dimensione molto citata nel mondo dei videogame (in particolare il riferimento è a Fortnite) che rende l’esperienza digitale molto fisica e immersiva. Un concetto che ci aiuta a comprendere l’evoluzione della customer experience, stravolta dal Covid-19, e ci aiuta a capire come affrontare questa nuova realtà. Quello proposto da IAB Forum 2020 vuole essere un racconto in grado di combinare innovazione tecnologica, analisi dei cambiamenti sociali, strategie di marketing e molto altro con l’intento di dare ai partecipanti sia visione del futuro sia strumenti concreti per affrontare il presente. Ogni giornata avrà un focus specifico: partiremo il 10 novembre con una plenaria dedicata all’innovazione e alla trasformazione, interpretata da una molteplicità di punti di vista».