Non c’è multa che tenga: il secondo trimestre di Google è sopra le attese. E il titolo vola
Alphabet, la holding che controlla Big G, continua a macinare dollari. Il traino arriva dalla pubblicità che cresce a quota 28 miliardi ed è sostenuta da mobile, programmatic adv e machine learning
Nonostante le preoccupazioni connesse al business europeo, leggi la maxi-multa da 4,3 miliardi di euro comminata ad Android per abuso di posizione dominante, e i dubbi legati al GDPR, Wall Street ha premiato la trimestrale al 30 giugno di Alphabet, la holding finanziaria che controlla Google. Il titolo di Alphabet, infatti, ha guadagnato diversi punti percentuali dopo il rilascio dei dati finanziari del periodo aprile-giugno con risultati al di sopra delle attese sia sul fronte degli utili, sia del fatturato. A trainare il business di Google è sempre la pubblicità, con diversi aggiornamenti all’offerta nell’ultimo periodo nel nome del machine learning. La capitalizzazione dell’azienda è sopra gli 875 miliardi di dollari, il che ne fa, insieme ad Amazon e ad Apple, una delle compagnie che può verosimilmente arrivare a raggiungere un valore di mercato superiore al trilione di dollari.
I risultati
L’utile netto è stato di 8,2 miliardi di dollari, ma il dato scende per via della sanzione ricevuta da Android la scorsa settimana e si attesta a 3,5 miliardi. L’utile per azione è stato di 11,75 dollari (5 dollari se si considera la multa della Commissione europea). I ricavi, nel trimestre, hanno raggiunto 32,6 miliardi, leggermente sopra le scommesse degli analisti di Thomson Reuters. Quest’ultimo dato dimostra come le nuove regole sulla privacy nel vecchio continente non stiano danneggiando il business della società. Nei tre mesi, il giro d’affari da advertising è lievitato del 23,9% a quota 28 miliardi. La voce “Altri Ricavi”, che include il cloud e le vendite hardware, è cresciuta del 36,5% a 4,4 miliardi.
Il ceo Sundar PichaiI costi
Al centro delle osservazioni di investitori e analisti il tema dei costi, e in particolare di quelli connessi all’acquisizione traffico, noti come TAC e versati ai partner internet e mobile per la search. Nel trimestre terminato il 30 giugno, i TAC sono stati pari al 23% delle entrate pubblicitarie, a 6,4 miliardi. In discesa dal 24% dal quarter precedente. Un dato in qualche modo previsto dalla CFO, Ruth Porat, e in controtendenza con la smisurata crescita dei TAC negli ultimi anni, dovuta alla migrazione delle ricerche su dispositivi mobile. Anche i TAC versati ai membri del network sono scesi, sempre su base consequenziale, dal 72 al 71% dei ricavi. La stessa Porat aveva però sottolineato di guardare con più attenzione ai confronti annuali, un paragone in base a cui i TAC aumentano.
La raccolta pubblicitaria
Porat ha detto che a spingere gli incassi pubblicitari sono stati il mobile e il programmatic, segmenti che ormai da tempo alimentano il business di Big G. Stando ai dati di Merkle, ripresi da Bloomberg, nel secondo trimestre la spesa per gli annunci su Google Shopping è lievitata del 31%. Prosegue il buon andamento di YouTube. Complessivamente gran parte del fatturato pubblicitario di Google proviene dalle sue properties, circa 23,3 miliardi (+26%). La strategia di Mountain View è riassunta da una dichiarazione a Bloomberg di Marco Rimini, chief development officer di Mindshare: “Stanno usando una strategia per pacchetti, con tutti i loro asset”. Una proposizione che chiaramente va a rafforzare la posizione di Big G. Secondo eMarketer, Google dovrebbe controllare il 31% del mercato pubblicitario mondiale quest’anno, in lieve calo rispetto al 31,7% del 2017.