Autore: Redazione
16/11/2016

Marketing attribution: perché i comuni sistemi di analytics sono ormai superati

L’attribuzione al centro delle riflessioni di Paolo Serra nel nuovo episodio della sua rubrica su DailyNet Paolommatic

Marketing attribution: perché i comuni sistemi di analytics sono ormai superati

Nuovo appuntamento con la rubrica di Paolo Serra per DailyNet dedicata al programmatic: Paolommatic. In questa puntata Serra parla della marketing attribution.

Per leggere l'appuntamento della settimana scorsa, argomento Machine Learning: clicca qui

Paolo Serra

Appassionato di nuove sfide per far crescere le imprese, con l’obiettivo di contribuire ad aumentarne i ricavi. Si dedica al search engine marketing dal 1999, lavorando con le principali agenzie internazionali. In seguito, allarga le conoscenze al mondo del Programmatic Advertising, diventandone uno dei maggiori esperti italiani, tanto da aver aperto il sito Programmatic RTB, punto di riferimento per gli addetti ai lavori.
paolo-serra-300x230-15
Paolo Serra

Marketing attribution: perché i comuni sistemi di analytics sono ormai superati

Articolo a cura di Paolo Serra

Riuscire a trasformare i contatti in oro è la sfida del marketing. Per secoli ci hanno provato in tanti, maghi e faccendieri, presentando dei semplici sassi come la pietra filosofale, ma non ci sono riusciti per una ragione molto semplice: il loro approccio era basato su ipotesi e convinzioni personali non sui fatti. Vale a dire come quando si valuta l’efficacia di una campagna su ipotesi e modelli lineari utilizzati dai sistemi di analytics che sono basati sul “last cookie win”. Nei modelli standardizzati la marketing attribution assegna le conversioni per parametri come la frequenza di utilizzo e l’ordine dei touchpoint. Ma questa correlazione non considera la probabilità di un determinato tipo di cliente che converte indipendentemente dal canale di marketing e mancherà di stimare con precisione i risultati di tali canali. Questo è dovuto al fatto che spesso le strategie di marketing semplicemente non tengono conto del 100% delle vendite o di chi siano gli interpreti nel processo di acquisizione. Per esempio, nelle pmi è il proprietario che conclude l’acquisto, ma a fare la precedente selezione e a suggerire da chi comprare è la segretaria, quindi le campagne devono essere fatte per le segretarie e non per il proprietario della pmi.

Il multichannel customer journey

Innanzitutto sono due i passi che vanno fatti per migliorare l’attribuzione. Infatti, attirare un cliente per la prima volta non è lo stesso processo utilizzato per chi è già cliente e spingerlo a ripetere l’acquisto. Quindi, prima di iniziare un modello di attribuzione, si dovrebbe valutare:

  1. La loro probabilità di acquistare in modo indipendente dei vostri sforzi di marketing.

  2. L’effetto incrementale del marketing.

Questo significa che si dovrà attuare un approccio in due fasi, perché per quasi tutti i clienti la somma del vostro sforzo di marketing non rappresenterà il 100% del valore di acquisto. Purtroppo, le piattaforme di web analytics non saranno in grado di dirvi la probabilità di acquisto di uno specifico gruppo di clienti, o come si dovrebbe segmentarli prima di avviare una campagna. Ma un’analisi effettuata con sistemi di Multichannel Customer Journey permette di attribuire un valore a ogni touchpoint, in funzione dell’impatto che ha nel percorso di conversione. Questo tipo di analisi permette anche di evidenziare qual è il ruolo dei differenti canali nel percorso, quindi di evidenziare quali siano i canali che si comportano come attivatori del percorso, quali abbiano un impatto importante in termini di riattivazione del cliente, e quali siano gli effettivi finalizzatori che spingono verso l’acquisto (online o sul punto vendita).

Il multichannel customer journey nel programmatic

L’avvento del programmatic advertising ha generato una spinta nell’integrazione e tracciamento dei diversi canali (per esempio, desktop, mobile, social, video, tv) e l’incredibile aumento dei consumatori sempre collegati e multi-device, hanno spinto i marketer a creare campagne omnichannel. Con i consumatori che utilizzano numerosi dispositivi prima di prendere una decisione su cosa acquistare, è imperativo che i brand siano in grado di coinvolgere i clienti in tutti i touchpoint coinvolti nel processo decisionale. Purtroppo l’enorme mole di dati sugli utenti a disposizione delle aziende, da un lato ha aperto la strada alla possibilità di individuare i canali più performanti all’interno di una campagna integrata, dall’altro risulta spesso troppo difficile da gestire all’interno dell’azienda. Questi consigli sono solo il punto di partenza per mettere a punto una strategia marketing globale: il successo dell’operazione dipenderà dalla capacità di pianificare in base alla propria audience e dalla reale comprensione e gestione dei dati. La conoscenza è potere, ma solo se si sa che cosa fare con i risultati.