Google respinge le accuse dell’Ue su Shopping e AdSense
Big G ha risposto agli statement of objection di Bruxelles sulle due cause mentre su quella che riguarda Android sono in arrivo novità nei prossimi giorni
“Non siamo d'accordo con la tesi della Commissione europea per cui i nostri migliorati servizi Google Shopping stanno danneggiando la concorrenza”. Google respinge così le accuse della Commissione relative al caso Shopping, definendole “errate in termini fattuali, di legge ed economici” e bollandole come “l’interesse di un ristretto gruppo di siti”.
È questa la risposta del colosso californiano - secondo cui il servizio Shopping è solo il risultato del tentativo di offrire agli utenti informazioni utili e risposte dirette alle loro domande - alla causa infinita cominciata sette anni fa. La risposta, inviata attraverso un documento di 100 pagine, è stata sintetizzata da un blogpost a firma Kent Walker, senior vice president & general counsel dell’azienda di Mountain View. Secondo Google, poi, l’esclusione di retailer come Amazon ed eBay è sbagliata, in quanto anch’essi competono con i siti di comparazione prezzi. L’Ue è convinta che Big G privilegi i propri servizi di shopping a quelli di siti terzi nei risultati di ricerca all’interno dell’apposita barra.
La commissione, a luglio, aveva inviato un ulteriore statement of objection, affermando di avere una serie di nuove evidenze sul sistematico favoreggiamento da parte di Google del proprio servizio Shopping nei risultati restituiti dal motore di ricerca. Comportamenti scorretti che avrebbero un impatto sul traffico dei siti concorrenti, in quanto favoriscono il servizio di confronto-prezzi proprietario, facendo apparire più in basso i siti più piccoli. "Semplicemente non c'è alcuna correlazione significativa tra l'evoluzione dei nostri servizi di ricerca e le prestazioni dei siti di confronto dei prezzi”, ha specificato Walker.
Walker ha poi aggiunto che lo statement of objection aggiuntivo non offre alcuna nuova teoria ma sostiene che siccome siti come Amazon a volte pagano gli aggregatori prezzi per il referral traffic, allora non possono essere considerati rivali. "I dati mostrano che la manciata di siti di confronto prezzi che hanno presentato reclami sul tema della concorrenza sleale non riflettono il più ampio mercato di riferimento", ha detto Walker. Negli ultimi 10 anni "un rapido aumento della quantità di traffico scorreva dalle nostre pagine di ricerca a siti popolari come Amazon ed eBay, quasi un segno del favoreggiamento dei nostri annunci”, ha provocato ancora Walker.
Kent Walker